Il responsabile di quanto accaduto all’istituto Arzelà di Sarzana si è consegnato ai Carabinieri con il capo cosparso di cenere.
Accompagnato dal padre e dalla Preside, Vilma Petricone, il maggiorenne della classe V° B, responsabile del fatto, ha ceduto e si è presentato all’Arma della Compagnia di Sarzana, confessando la propria colpa: “Chiedo scusa a tutti quelli a cui ho causato un problema” – sembra siano state le sue prime parole di ammissione.
In realtà un atto atteso per provare a moderare le responsabilità del giovane ormai individuato, la cui spontanea confessione era ormai un atto dovuto.
Il quadro generale dei fatti era ben chiaro sin dall’inizio alle Forze dell’Ordine, e gli indizi che portavano al ragazzo erano numerosi: la classe incriminata dove era stato spruzzato lo spray, le 19 persone della stessa che avevano subito l’effetto del gas urticante e le relative conseguenze, le testimonianze rese e qualche filmato, oltre all’impegno del padre del ragazzo e della Scuola che hanno supportato e stimolato la facile conclusione.
“Una bravata di cui non sono state valutate le conseguenze in un gesto irresponsabile ampiamente sfuggito di mano – spiega il Tenente Colonnello dell’Arma, Andrea Fabi – queste sono state le impressioni raccolte. Abbiamo lavorato, appena intuita la realtà del gesto, cercando un approccio umano ed una collaborazione spontanea. Ovviamente non possiamo anticipare le decisioni dell’Autorità Giudiziaria ma la sua collaborazione e contrizione potrebbe sminuire l’accusa di dolo e la conseguente denuncia per “Interruzione di pubblico servizio, un alleggerimento probabile quindi, della valutazione sotto il profilo penale”.
Rimane in piedi sicuramente l’accusa di procurato allarme e, se perseguita, anche quella per lesioni personali.
La bomboletta di spray urticante sottratta alla sorella e “testata” contro il muro della classe (e non contro chicchessia) al cambio di lezione ha causato un caos probabilmente non valutato e inaspettato, come dichiarato dal fautore stesso, e causato malesseri e paura nell’Istituto. Il gas spruzzato nella classe e spinto dalla corrente d’aria si è propagato subito nel corridoio del primo piano e ha causato un vero e proprio scompiglio.
Carabinieri, Polizia di Stato, Digos, due camion dei Vigili del Fuoco, numerose ambulanze della zona, medici per controllare i malesseri, tecnici per rassicurare su eventuali fughe di gas e anche l’Asl per consentire la fruizione della mensa di Istituto: una vera e propria task force quella intervenuta.
Il tutto per una bomboletta di gas urticante al peperoncino vuotata in un ambiente chiuso.
Parrebbe quasi riduttivo così spiegato ma la realtà è che nell’immediato sorge la necessità di valutare qualsiasi possibile causa e, in ogni caso, molte e pesanti sono state le conseguenze: una ventina di studenti ed un professore portati al Pronto Soccorso per malesseri e conseguenti controlli, e molti di più ancora quelli controllati e rassicurati nelle ambulanze e nel cortile dell’Istituto dai medici presenti. Molti anche i genitori che si sono precipitati nell’Istituto a rassicurare e controllare i propri figli, anche perché il panico si è propagato velocemente, come i vapori della bomboletta in questione, la cui azione è studiata per inibire drasticamente due/tre persone in ambiente aperto mentre nel chiuso ben superiori sembrano essere le sue potenzialità.
Le lezioni sono state bloccate e la scuola sgomberata momentaneamente e, chi era presente, ha ben chiara la drastica situazione apparsa ai propri occhi: circa 1500 persone fuori dalle aule, barelle avanti e indietro di corsa, svenimenti, pianti e occhi gonfi, difficoltà di respirazione per i più soggetti ad allergie e sirene di ambulanze.
Conseguenze pesanti per uno sciocco “scherzo sfuggito di mano”, conseguenze che sembrano tutte rientrate senza ulteriori danni, conseguenze di un fatto che ora passeranno sotto al vaglio della Giustizia