Oggi ho perso un amico, un maestro, una parte di me. Quando uscì il mio primo libro, “Tirreno” nel 1988, fu proprio Arrigo Petacco a presentarlo nella Sala della Provincia della Spezia. Da allora mi ha seguito con pazienza e arguzia, senza mai un filo di interesse personale. Quando ha rallentato la scrittura Arrigo Petacco mi ha chiesto un favore: dargli una mano a raggiungere la quota di cento libri pubblicati. Così le sue ultima fatiche le abbiamo compiute insieme, “Come eravamo negli anni di guerra”, “Ho sparato a Garibaldi” e “Caporetto”. Il canovaccio lo tracciava lui e poi girava la sedie verso la biblioteca e indicava posti dove trovare libri, documenti e scritti. Aveva tutto in testa, nomi, date, risvolti poco noti, aneddoti.
Si era divertito a scrivere “Ho sparato a Garibaldi”, le vicende di un nostro comune antenato, Luigi Ferrari, colui che viene indicato come l’autore del ferimento del nizzardo all’Aspromonte. Negli ultimi tempi aveva diradato le sue uscite a Portovenere. Si era trasferito in una casa vicino all’uscita del borgo e se poteva lo accompagnavo a prendere un aperitivo. Era un effluvio di aneddoti. Ora mi pento di non averlo registrato in tante occasioni, specialmente quando parlava dei suo esordi giornalistici alla Spezia, ai tempi di Gino Patroni, Giancarlo Fusco, Lucio Tonelli, Lamberto Furno, Bruno Della Rosa.
“C’era più giornali a Spezia che a New York” usava dire. In quel contesto aveva appreso il mestiere che lo ho portato ai vertici della Rai e dei giornali, partendo dalla natia Castelnuovo Magra. Un uomo semplice, che si era fatto da solo e che è rimasto sino alla fine schietto, autentico, divertente.
Ciao Arrigo.
Marco Ferrari