Un consiglio comunale straordinario quello tenutosi stamattina nella sala Dante di via Ugo Bassi di fronte a numerose scolaresche. Nelle prime file si contano i membri della giunta, del consiglio comunale e i membri delle associazioni degli esuli. L’occasione è di quelle importanti: ricordare il dramma degli esuli e delle foibe, per non dimenticare una tragedia per troppo tempo sottaciuta. Vengono quindi premiati gli studenti vincitori del concorso indetto dalla Regione Liguria dal Presidente dell’Associazione Nazionale Giulia Dalmazia Andrea Manco che, durante il su discorso, si rivolge direttamente al sindaco Pierluigi Peracchini: “A nome delle associazioni che rappresento, esprimo stima e gratitudine verso il sindaco Pierluigi Peracchini e il presidente del consiglio comunale Giulio Guerri per la solidarietà espressa. Desidero chiedere la sua disponibilità, signor sindaco, per l’intitolazione di una strada, una piazza, di una rotatoria o di un largo a Norma Cossetto, studentessa istriana uccisa dai partigiani comunisti slavi nel 1943. Fu arrestata, trasportata assieme ad altri detenuti in carcere dove venne sottoposta a stupri e sevizie di ogni tipo, abusarono di lei tutta la notte mentre veniva legata nuda su un tavolo di legno. Non contenti, i sui carcerieri, prima di condurla nella foiba, le tagliarono i seni in segno di sfregio. Le propongo un gemellaggio tra la nostra città e quella di Pola, città toccate da questa storia”
Un silenzio assordante quello che per tanti anni ha circondato la vicenda degli esuli e delle foibe, come tiene a sottolineare il sindaco Pierluigi Peracchini: “Dal punto di vista istituzionale, rimangono aperte ancora gravi questioni, quali il recupero delle vittime rimaste tutt’ora senza una degna sepoltura, sulle cui tombe vuote i familiari non trovano consolazioni. Ciascun paese ha il dovere di coltivare le proprie memorie e studiare la propria storia”.
Sul palco, dopo le esibizioni musicali dei ragazzi dell’Istituto Cardarelli, è il turno dell’ospite d’eccezione che rapisce da subito l’attenzione di tutti, si tratta del dott. Lino Vivoda, scrittore ed esule istriano che porta la sua sentita testimonianza al pubblico con un roboante “Buongiorno” d’apertura. L’uomo ha vissuto sulla sua pelle momenti drammatici e difficili, ma traspare dal suo viso un sorriso incoraggiante, tipico degli uomini che non hanno paura dei ricordi, anche di quelli più brutti: “Mi siedo perché andavo all’asilo l’altro secolo. Voglio innanzitutto ringraziare i presenti, non perché sono venuti ad ascoltarmi, ma perché la vostra presenza dà un significato di ricordo morale, patriottico per i nostri morti nelle foibe e per il sacrificio che hanno fatto 350 mila italiani dell’Adriatico per non rinunciare all’Italia, per sfuggire anche al comunismo titino particolarmente accanito contro gli italiani. Sono un testimone di questa tragedia che si è verificata al confine orientale e che oggi non capisco perché viene contestata in tante parti d’Italia come se continuassero la guerra contro il nemico. Ci dettero subito l’etichetta di fascisti in quanto non accettavamo il paradiso comunista in terra che era quello proclamato dalle sinistre. Fummo accolti male anche perché il corrispondente dell’Unità milanese da Pola andava a prendere le sue informazioni nelle sedi pro-jugoslavia e quindi le sue corrispondenze erano particolarmente faziose. La storia viene falsificata o misconosciuta e non è giusto, perché è sempre storia italiana, andrebbe rimarcata. Se abbiamo perso la guerra l’hanno pagata più di tutti gli italiani dell’Adriatico orientale. Oggi mi fa male leggere di persone che scrivono “Viva le foibe, Viva Tito”, questa è ignoranza perché non sanno cosa sono realmente le foibe".