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L'Intelligenza Artificiale può favorire la parità di genere? In evidenza

Secondo EWMD La Spezia può essere "una valida alleata che va però addestrata per non cadere nella trappola dei pregiudizi".

EWMD La Spezia, network internazionale che ha come obiettivo la valorizzazione professionale e personale delle donne per raggiungere una vera parità di genere, ha partecipato nei giorni scorsi al convegno, "Intelligenza Artificiale: può favorire la Parità di Genere?", organizzato nella Sala Multimediale del Comune dal Comitato Pari Opportunità e dall'Ordine degli Avvocati della Spezia e moderato da Tiziana Pianadei, Presidente CPO-COA La Spezia.

Tra i relatori, introdotti da Daniele Caprara, presidente COA La Spezia, Ornella Poli, presidente di European Women's Management Development (EWMD) sezione della Spezia, Deborah Di Donna, Health Coach – Esperta Tecnica HR per la Parità di Genere, nonché socia di EWMD Torino, e Marco Martorana, avvocato del Foro di Lucca oltre che professore a contratto Diritto della Privacy – Università Mercatorum.

La tematica trattata, vale a dire la presenza sempre più evidente dell'Intelligenza Artificiale in vari ambiti, è complicata e richiede continui aggiornamenti per comprendere i nuovi risvolti.

Dopo una breve presentazione del Network EWMD ed una panoramica sull'IA, vale a dire su origini, utilizzi e tecnologie, la presidente di EWMD La Spezia ha ribadito l'importanza di vigilare sulla bontà dei dati che vengono inseriti, utilizzati e consolidati dall'IA.
"I sistemi di intelligenza artificiale se addestrati su dati contenenti pregiudizi potrebbero consolidare ed amplificare i pregiudizi portando a risultati discriminatori – ha sottolineato Ornella Poli - Si rende necessaria una regolamentazione per quanto riguarda la bontà dei dati in ingresso ed un insegnamento sull'utilizzo degli output. Non dobbiamo affidarci per scelte ed azioni esclusivamente all'IA. E' importante mantenere il nostro giudizio critico e la nostra capacità ad uscire dagli schemi per trovare soluzioni innovative".

L'intelligenza artificiale potenzialmente può essere un valido alleato anche per l'ambiente lavorativo. Abbiamo, da un lato,  la possibilità di promuovere la parità di genere e di monitorare il processo per essere certi che nulla sfugga in tempi più rapidi ma dall'altro rischiamo, se gli algoritmi non sono formati adeguatamente, di alimentare stereotipi e discriminazioni.

"Occorre pertanto addestrare l'IA a non cadere nella trappola dei bias – ha aggiunto Deborah Di Donna - Ritengo che l'analisi e l'uso consapevole del linguaggio di genere, specialmente nel contesto della comunicazione e nella formazione di chi scrive gli algoritmi di programmazione  siano cruciali. Occorre non solo un uso consapevole delle parole da parte di chi programma ma anche da parte di chi ricerca l'informazione. Ogni parola immessa in rete si tramuta in un dato che la macchina poi acquisisce e diventa un valore che si aggiunge al dato estrapolato e può contribuire al cambiamento degli scenari".

L'IA deve essere programmata per  incarnare i valori di giustizia, equità e dignità umana.

"Credo che sia necessario  umanizzare il dato  e depurarlo da tutti i bias culturali che il web raccoglie e dalla visione viziata dagli stereotipi di genere – ha continuato Di Donna -

Oggi, se cerchiamo un'immagine riferita ad una posizione di comando, la rete propone un'immagine maschile. Questo perché le informazioni su strutture dei cda, le retribuzioni propendono in quella direzione. Ecco che allora, lavorare sull'epurazione del dato, sull'aggiornamento dei modelli culturali, sull'uso corretto delle parole riferite alla parità di genere, potrà fare la differenza ed aiutarci davvero nel farla riconoscere ed accettare a qualsiasi livello. Mancano ancora molte informazioni sul  principio di eguaglianza e trasparenza del dato ma sono certa che, con i giusti accorgimenti, l'evoluzione dell'intelligenza artificiale potrà rispondere sempre di più ai nostri bisogni e essere un valido alleato del quale oggi non dobbiamo aver paura".

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