Il 16 luglio 1944 la squadra dei Vigili del Fuoco del Comando della Spezia vince per 2-1 il match contro il favorito Grande Torino di Valentino Mazzola, dopo un pareggio con il Venezia il 9 luglio. Il 20 dello stesso mese il Torino sconfigge il Venezia 5-2, risultato che decreta la vittoria del Campionato della squadra “bianca”.
La formazione è allenata da Ottavio Barbieri, ex giocatore del Genoa e della Nazionale, che introduce il rivoluzionario “mezzo-sistema” prevedendo anche il ruolo del “libero". La squadra aquilotta è così composta: in porta Bani, Persia è il libero, in difesa Amenta, Borrini e Gramaglia. I due mediani sono Scarpato, che a livello tattico si deve occupare di costruzione e inserimento, mentre a Mario Tommaseo è affidato il compito più difficile: marcare a uomo a tutto campo Valentino Mazzola del Grande Torino. Tori è il regista dietro le due punte Angelini e Costa, mentre la fascia destra è di Rostagno.
Ma torniamo al 16 luglio, quando lo Spezia batte i Granata con due gol di Angelini, intervallati dalla rete di Piola. La partita viene disputata presso l’Arena di Milano, quel giorno semideserta per la paura di rastrellamenti tedeschi.
Il giorno successivo, il 17 luglio, dopo la vittoria dello Spezia che esclude il Torino dalla corsa per il titolo, la Federazione emana un comunicato in cui dichiara, contraddicendo quanto previsto all’avvio del torneo, che la squadra prima classificata avrebbe vinto la “Coppa Federale del campionato di guerra” e non il regolare scudetto.
L'8 agosto, una volta terminato il campionato, un secondo comunicato dichiara che il titolo di campione d'Italia sarebbe rimasto al Torino e al 42° Vigili del Fuoco della Spezia sarebbe stata assegnata la Coppa Federale.
Ma le ricerche di giornalisti e autorità spezzine hanno permesso di riabilitare la grande impresa del 1944. Il 22 gennaio 2002, la FIGC decide di assegnare allo Spezia un titolo onorifico (non equiparabile allo Scudetto) e la possibilità di apporre sulle proprie maglie un distintivo speciale in ricordo di quell'impresa. Al Comando Provinciale dei VV.F. della Spezia viene assegnata una medaglia d'oro di benemerenza, custodita con la Coppa del 1944 in una teca presso la caserma. Alla città viene donata una targa ricordo.
Abbiamo incontrato i nipoti di Wando Persia e Mario Tommaseo, per ascoltare da loro quanto nonno e zio hanno raccontato loro sulla grande impresa.
Gabriella Persia: sono la nipote di Wando Persia e la figlia di Sergio Persia. Mio papà ha giocato tutte le partite per la qualificazione, ma si è infortunato prima delle finali, altrimenti il 16 luglio 1944 avrebbero giocato entrambi i fratelli Persia, Sergio e Wando. Mio zio Wando ha giocato in Serie A. In famiglia quando ero bambina, mi hanno sempre raccontato questa impresa come una favola “C’erano una volta tanti baldi giovanotti che hanno fatto una grande impresa…”, infatti l’ho sempre percepita come una favola.
Assessore Manuela Gagliardi: Mario Tommaseo è lo zio di mio papà, sposato con la sorella di mia nonna, la mamma di mio papà. La storia della vittoria del campionato l’abbiamo sempre sentita raccontare in casa. Per un lungo periodo i componenti della squadra hanno sofferto tanto per non vedersi riconosciuto lo scudetto, è vero che avevano trovato una soluzione un pò fantasiosa, ma a tutti gli effetti avevano vinto un Campionato che era stato riconosciuto. Quando finalmente si è arrivati al riconoscimento è stata una grande soddisfazione per lo zio. Per noi in casa questa parte di storia è stata vissuta con grande emozione, per noi erano “quelli che avevano vinto lo scudetto” ma che purtroppo non volevano riconoscerglielo. Oggi penso all’emozione che avrebbe provato lo zio Mario a vedersi coinvolto in questa celebrazione (di venerdi 12 luglio ndr), per lui sarebbe stata davvero una grandissima soddisfazione, visto che allora non avevano potuto festeggiare la vittoria completamente. Erano veramente eroi, facevano cose “eroiche”, come percorrere la Cisa con l’autobotte, seduti all’aperto sotto la pioggia o il sole.
Andrea Tommaseo: Sono il nipote di Mario Tommaseo, figlio di Bruno, suo figlio. Sono cresciuto con nonno Mario e nonna Elsa, che mi venivano a prendere a scuola un paio di volte a settimana. Il nonno mi portava a casa sua e in tutti i tragitti mi raccontava tante storie, perché lui era un grande narratore. Una delle storie più ricorrenti era proprio quella della vittoria del campionato, che rivivo ogni volta che c’è una manifestazione ed è sempre un’emozione enorme. So quanto mio nonno teneva a questo, raccontava le storie dei viaggi in autobotte, quelle delle partite con le maglie bruciate perché le avevano messe ad asciugare sulle caldaie della Caserma, l’acqua che prendevano sulla Cisa viaggiando su una tavola all’aperto, e poi le partite che avevano fatto contro il Grande Torino di Valentino Mazzola e il Venezia. Sono storie che è sempre bello rivivere. Un giorno mi disse che il giorno della vittoria del campionato, il 16 luglio, per lui era davvero uno dei giorni più belli, se non il più bello, della sua vita. Quindi è sempre una grandissima emozione per me ogni volta che si ricorda quella grande impresa.