Nella mia addolorata testimonianza non dò rilievo alla pittura, seppure Francesco Vaccarone attraverso di essa abbia parlato di umanità, di ambiente, di pace, di amore, di emblematici calvari e di altro ancora. Ci saranno occasioni per ripercorrere la sua febbrile, aggettivo del tutto pertinente, ricerca articolata su più versanti e giustamente accreditata dal largo consenso della migliore critica. Penso, ad esempio, ai suoi “clochards”, capaci di muovere diffusa commozione, stimolando nel contempo, domande sul disagio sociale e sulle imperdonabili disuguaglianze sociali.
In questa circostanza mi piace richiamare la persona che ho conosciuto sessant’anni fa e con cui è nata un’amicizia che nel tempo è stata caratterizzata da reciproco affetto. Era un piacere, e lo è stato ancor di più durante questi ultimi mesi, conversare con Francesco di vari argomenti e cogliere l’invidiabile chiarezza dei suoi ragionamenti, che facevano leva su una profonda cultura artistica e politica, che gli consentiva di evitare banalità e settarismi di ogni tipo.
L’ironia sapida e spontanea era il valore aggiunto che dava colore al suo pensiero. Ne ho fatto cenno nel libro editato per i suoi ottant’anni, ricordando quando Vaccarone, che vantava già buona fama di pittore e di intellettuale, raggiungeva in bicicletta in tarda mattinata piazza Brin, luogo per me abituale, su cui confluivano miei coetanei ai quali, diversamente dal sottoscritto legato all’area del cattolicesimo democratico, non erano estranee la simpatia o la militanza nel Pci. Vaccarone mi trascinava nella discussione, quasi sempre di contenuto politico, riconducendola, pur con sottili canzonature, su basi tutt’altro che conflittuali.
Sono rimasto stupito dall’atteggiamento positivo manifestato sin dai primi accertamenti sulla gravità dell’impietosa malattia. Soltanto pochi giorni prima, era il 21 dicembre, ho condiviso con lui nella sede dell’Associazione Startè l’incontro sulla pittura di Lorenzo Ludi, un giovane che ha tratto dalla disabilità la vocazione per la creatività concretizzata in dipinti informali particolarmente appaganti. Vaccarone, con altri colleghi, si è messo al suo fianco e proprio quel pomeriggio ha espresso senza enfasi umanissime considerazioni su quel rapporto, utile anche per il suo lavoro.
Qualche giorno dopo, non lo nascondo, mi è crollato il mondo addosso a sentire dalla voce di Francesco la terribile notizia, da lui accolta con atteggiamento tutt’altro che sfiduciato. Ci siamo telefonati ripetutamente ed era piacevole ascoltare dalla sua voce parole bellissime nei confronti di Gabriella, dei figli Alessandra e Leonardo e dei nipoti Giovanni e Silvia. Inoltre, soltanto elogi rivolti al personale infermieristico e ai medici, tutti alleati per vincere la sua battaglia. Così mi diceva trascinandomi in un clima di surreale ottimismo.
Prima di Pasqua in una conversazione telefonica incrociammo vari argomenti, avvalorati da alcune appropriate citazioni filosofiche e religiose. Sì, anche sulla fede, mai assurta a tema divisivo. Gli dissi che avremmo dovuto registrare quanto ci eravamo detti. Ricordo parola per parola e le porto con me pensando al mio caro amico Franz. Così lo chiamavo da quando lui ha coniato per me un inusuale Valery.
Valerio P. Cremolini