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Lucia Annibali racconta la sua storia agli studenti del Capellini-Sauro In evidenza

di Anna Mori – Dall’aggressione con l’acido da parte di “quella persona” che avrebbe dovuto amarla, ad una rinascita affrontata con forza granitica.

In un’aula magna gremita, Lucia Annibali è stata ospite presso l’istituto Cappellini-Sauro. Ha parlato agli studenti delle classi quarte, affrontato il tema della violenza di genere e dell’educazione al rispetto dell’altra persona. Titolo dell’incontro “Dire no, rispettare i no. Non c’è nessun motivo per subire la violenza”.

Ad accoglierla il preside Antonio Fini: “Lucia attraverso la sua storia parla della violenza di genere. Il tema dei rapporti tra generi mi sta molto a cuore, sento una forte la responsabilità. Riguarda noi uomini, tutti, giovani, meno giovani, vecchi, di tutte le estrazioni sociali. Ce ne dobbiamo far carico. Ognuno di noi deve guardare dentro di sé e ben vengano le occasioni come quelle di oggi”.

Ha preso poi la parola Lucia Annibali, che davanti ad una platea totalmente rapita dal suo racconto, ha ripercorso la sua storia.

“Proverò a condividere la mia storia, anche se sono passati ormai 11 anni. Da tanti anni vado nelle scuole, è un po' faticoso, perché immaginate dover ricordare ogni volta un momento molto difficile e traumatico della mia vita. Questo è un impegno civile, per aprire momenti di condivisione e ascolto e provare a riflettere sulla propria quotidianità, per capire quali sono le scelte giuste e sbagliate, rispetto alla nostra vita e a quella di chi abbiamo intorno. Si può tornare indietro da comportamenti sbagliati, o si può prendere consapevolezza che alcune situazioni sono sbagliate”.

La mia storia inizia quasi 11 anni fa, ad aprile 2013 – prosegue Lucia Annibali - Avevo 35 anni. Una sera entrando nel mio appartamento, mi sono accorta che i mobili erano spostati: immaginate lo stato di paura. Ad un certo punto è sbucata una persona tutta vestita di nero, teneva in mano un barattolo con un liquido che mi ha lanciato in volto, era acido, una sostanza che corrode qualsiasi cosa incontri, fino a che non ha finito o qualcuno non ferma la sua capacità corrosiva. L’uomo è poi fuggito e io ho sentito il rumore della mia pelle, ho capito subito subito cosa stava succedendo, ovvero che il mio volto se ne stava andando. Ho perso da subito la vista in entrambi gli occhi, mi sono ferita anche alla mano per tentare di difendermi, ho riportato un’ustione di terzo grado profonda. Per fortuna i vicini mi hanno soccorsa, abbiamo chiamato i Carabinieri ed è iniziato il viaggio verso il Centro Grandi Ustionati di Parma.

Questa aggressione è stato l’apice, la conclusione, di questo rapporto, di un incontro con una persona che avevo incontrato quattro anni prima. Anche lui era avvocato, una relazione fatta di violenza. Una relazione in cui non c’era verità, né tenerezza, neanche una forma di cura e rispetto, fondamentalmente per me e per i miei sentimenti. Un incontro che non si è mai evoluto verso qualcosa di più profondo, di intenso. Questo in parte perché questa persona aveva in realtà un’altra relazione, ma soprattutto perché era una persona incapace di sentire l’altro: le relazioni si costruiscono sulla base di lasciare all’altro il suo spazio, la sua libertà, rispettando i suoi sentimenti, la sua realizzazione.

La violenza, invece, è tutto il contrario, è una dinamica che ti isola profondamente, ti genera grande insicurezza, frustrazione, anche grande dolore e solitudine. Le ragazze che vivono questo tipo di storia, si sentono molto insicure, in colpa, e responsabili rispetto a quello che sta accadendo loro. Avere a che fare con la violenza in una relazione, è qualcosa che ti crea uno shock mentale, perché le dinamiche della violenza sono subdole, ma allo stesso tempo hanno questa drammaticità, questo male che si esprime attraverso comportamenti che negano il tuo essere persona.

Quindi sono stati anni per me molto dolorosi e faticosi, in cui mi interrogavo sul senso della vita, vivevo molto forte questa incapacità di gestire le mie emozioni, la mia quotidianità e anche il rapporto con me stessa è andato sgretolandosi sempre di più. Nel momento in cui cercavo di ritrovare i miei spazi, ecco che la violenza si faceva sempre più pressante. Stalking, comportamenti persecutori, io venivo a volte seguita dalla mattina alla sera, giornate intere, anche la sera tardi, mi ritrovavo questa persona che sbucava dalle scale, correvo per riuscire ad entrare in casa e salvarmi. Nello stesso tempo tanta fatica per riuscire a ritrovare i miei spazi.

Ad un certo punto mi sono messa in discussione, ho cercato di rafforzare e recuperare l’autostima, il valore di me stessa. Un passo alla volta sono riuscita a maturare la decisione di abbandonare quel luogo fatto di molta solitudine. Ecco perché ad un certo punto si sono verificati episodi di violenza fisica, una serie di schiaffi, ne ricordo uno in particolare, quello che mi ha fatto maturare il “basta”, un “basta” che le donne dicono tanto dentro di loro e che ad un certo punto matura e diventa definitivo. Avevo accumulato tutta una serie di soprusi e quello era per me il momento definitivo, perché da lì in poi poteva solo peggiorare la qualità della mia vita. Quindi mi sono definitivamente allontanata da questa persona.

Ma cosa succede nelle storie di violenza? Proprio perché alla base c’è una totale mancanza di rispetto, questo mia basta non è stato anche il basta dell’altra persona. Sentirete tante storie di donne che finalmente scelgono di darsi un’altra possibilità, e questa viene loro negata. Dopo questo basta ci sono stati altri inseguimenti e tantissimi fatti veramente assurdi.

Prima dell’aggressione ci sono stati due eventi significativi. Una sera rientrando a casa ho sentito un forte odore di gas, ho pensato ci fosse una fuoriuscita, fortunatamente sono riuscita a chiudere il rubinetto. A distanza di qualche giorno, stavo cucinando e i pomelli della cucina hanno preso fuoco. Anche li ho rischiato. Il progetto era proprio quello di annientare me che avevo tentato di sfidare quella persona che ora esercitava il suo bisogno di controllo. Siccome questa prima parte del progetto non era riuscita, allora a distanza di un mese c’è stata l’aggressione con l’acido.

La sera stessa in cui sono stata aggredita ho fatto il nome di questa persona, sono arrivati i Carabinieri, ero molto lucida, ho dato il mio contributo e poi il viaggio in ambulanza verso il Centro Grandi Ustionati di Parma, dove è iniziato un lungo percorso clinico.

I Grandi Ustionati devono superare prove importanti, faticose, dolorose. Provate ad immaginare per un attimo di non avere più il vostro viso, la vostra pelle, l’aspetto che avevate fino a qualche minuto prima. Provate a immaginare lo shock di una famiglia che si trova improvvisamente dentro una situazione tanto enorme.

Però devo dire che questo mio ‘viaggio’ in ospedale è stato per me il momento più importante della vita, l’attimo in cui mi sono veramente incontrata. Quindi tutte quelle insicurezze, i sensi di colpa, la sfiducia nelle mie capacità e l’incapacità di riconoscere me stessa, il mio valore e quello che potevo fare e raggiungere nella mia vita, lì si sono tutti risolti. Questa esperienza è stata la mia grande terapia, in quella stanza in cui ero spesso sola con me stessa.

Ancora oggi quando ho bisogno di recuperare una certa forza e serenità, ritorno un po' a quel mio luogo che rappresenta il posto che mi dice che ce la posso fare. Qualunque cosa mi possa accadere, io so che ho le risorse, perché in quel luogo io le ho trovate e mi si sono manifestate.

E’ stato un percorso medico faticoso e doloroso, con tanti interventi chirurgici fatti per rimettere in piedi un volto, è come ritornare bambini, ricominciare tutto da capo, al di là di avere un aspetto. E’ riuscire a mangiare da soli piano piano, ma anche recuperare le funzioni del proprio corpo. Ad esempio all’inizio non riuscivo a chiudere la mano destra, quindi ho fatto tanta fisioterapia, mi sono molto impegnata per riconquistare la mia vita, una vita dignitosa. Ho anche riacquistato la vista, è stato il mio progetto, il mio punto di ripartenza, mi ha dato una forza granitica che conservo ancora dentro di me.

Sono passati tanti anni, dove ho fatto molte cose, è nato tutto da un’esperienza così brutta che ti lascia dentro un senso di vulnerabilità, perché qualcuno ha rotto il mio spazio di sicurezza. La sicurezza va ricostruita nel tempo. Questa esperienza che è stata molto importante, di rottura, dove c’è veramente un prima e un dopo, mi ha dato la possibilità di fare tante cose belle, importanti, soprattutto di sentirmi partecipe innanzitutto della mia vita e poi di provare ad essere partecipe della vita di tante altre persone, di incontrare molte storie e provare a lasciare un po' di me e cercare di seminare.

La parola chiave è ‘riconquista’, anche dalle esperienze più brutte della vita, può nascere cambiamento e miglioramento. Il mio racconto vuole darvi una spinta di positività e speranza: affrontate i momenti difficili della vita, contando su voi stessi, rispettando e apprezzando l’altro e indirizzando la vostra vita in modo positivo”.

Sotto all'articolo è possibile scaricare la biografia di Lucia Annibali.

 

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