Sabato 11 novembre, La Spezia ha ospitato una grande manifestazione che ha visto la partecipazione di oltre 700 persone in sostegno della causa palestinese. L'evento, organizzato dal collettivo Spezia per la Palestina, ha raccolto l'adesione di diverse realtà e associazioni, tra cui Arci, Partito Comunista Italiano, RAOT - Rete Anti Omofibia e Transfobia Rifondazione Comunista e UDS - Unione Degli Studenti.
Il movimento ha espresso una ferma condanna "al genocidio perpetrato da Israele nei confronti del popolo palestinese, verso ogni forma di terrorismo e violenza contro i civili, verso gli attacchi del 7 ottobre e le politiche di apartheid".
L'evento ha richiamato attenzione sulle responsabilità internazionali, criticando l'astensione dell'Italia in importanti votazioni ONU e sottolineando la differenza tra antisemitismo e antisionismo. Ha altresì invitato a una maggiore coerenza nelle cause sostenute a livello globale, collegando la lotta palestinese a temi di uguaglianza di genere, diritti LGBTQAI+, crisi climatica e capitalismo.
"Spezia per la Palestina - spiegano gli appartenenti - nasce dalla necessità di creare uno spazio di condivisione e controinformazione, dove ogni forma di violenza è condannata e dove la neutralità non è un'opzione di fronte al massacro in corso. Questa realtà cerca di unire persone di varie identità e orientamenti in uno spazio antifascista, antirazzista e contro ogni forma di discriminazione. Il movimento enfatizza il bisogno di giustizia e dignità in una realtà dove un milione di sfollati non ha più una casa, critica la neutralità della diplomazia internazionale e sollecita una risposta più forte e unita dai governi mondiali".
Il messaggio dell'evento è stato chiaro: "Non c'è pace sotto occupazione" con l'invito ad unirsi nella resistenza pacifica a fianco del popolo palestinese.
L'ultimo intervento è stato quello di Donia Raafat, attivista italo palestinese e referente di Spezia per la Palestina; ha condiviso diverse storie dolorose che illustrano la tragica realtà di vita a Gaza e nei territori palestinesi occupati. Ha raccontato di Lama, una donna in Cisgiordania, arrestata senza motivo e minacciata di violenza insieme alla sua bambina di sette anni, un atto intimidatorio eseguito da un gruppo di soldati israeliani. Questo evento, ha sottolineato Donia, non è un'eccezione, ma una rappresentazione della dura realtà quotidiana in queste regioni.
Poi, ha narrato la straziante storia di Hasan da Gaza, che ha vissuto l'orrore di un attacco quando ha dovuto portare i suoi due figli feriti in ospedale a causa di un bombardamento. Pochissimo tempo dopo, Hasan ha dovuto lasciare l'ospedale con i corpi senza vita dei suoi figli messi in dei sacchetti, poiché anche l'ospedale era stato bombardato.
Donia ha anche parlato di Motaz, un giovane di 24 anni, neolaureato, che ha scelto di documentare gli orrori del massacro di Gaza non potendo cercare lavoro e costruirsi un futuro. Ha descritto in modo vivido come la violenza e il terrore abbiano distrutto non solo le vite, ma anche i sogni e le aspirazioni dei giovani come lui.
Infine, ha fatto un accorato appello affinché non si guardi a queste storie solo come numeri nelle statistiche, ma si ricordino i nomi e le storie di queste persone. Ogni storia rappresenta una vita spezzata, un potenziale non realizzato, una famiglia distrutta. Donia ha chiesto di tenere a mente queste narrazioni per ricordarci che dietro ogni numero ci sono esseri umani con le loro storie, sogni e speranze.