L’allerta gialla di oggi pomeriggio non ha fermato i manifestanti che si sono ritrovati in Piazza Mentana, sotto la pioggia, per dire basta alle atroci violenze tra Palestina e Israele. Negli ultimi giorni le piazze delle città italiane si sono riempite di manifestanti per protestare a gran voce contro la guerra che sta coinvolgendo la popolazione civile palestinese, che ha già visto migliaia di morti, tra cui bambini e neonati.
La sezione palestinese di “Defense for Children International” ha affermato che le forze di occupazione israeliane hanno ucciso almeno 1.661 bambini, solo dallo scorso 7 ottobre. L’agenzia palestinese Wafa afferma che la media dei bambini uccisi è di 120 al giorno. Oggi alla Spezia si è scesi in piazza per schierarsi contro le atroci violenze che stanno interessando la popolazione civile, prima assoluta vittima di una guerra che qualcuno definisce genocidio, frutto di un processo storico sanguinoso che prosegue da 75 anni.
Il presidio del lunedì in Piazza Mentana va avanti da più di un anno, nato inizialmente dopo l’aggressione russa in Ucraina, si è svolto nel corso dei mesi con costanza per ricordare ogni giorno che la guerra non è mai una soluzione. In seguito all’inizio di questa iniziativa è nata la Rete Pace e Disarmo alla Spezia, che ha messo insieme una serie di voci di persone che hanno sentito la necessità di fare qualcosa per schierarsi fermamente contro violenze e soprusi. “Nessuno può giustificare la guerra – afferma Rosaria Lombardi di Rete Pace e Disarmo - questa continua violenza da entrambe le parti è sconvolgente, dobbiamo dire basta. La parola d’ordine in questo caso è proprio ‘cessate il fuoco’”. Tra le altre iniziative, la rete associativa è impegnata nel cercare di creare un collegamento concreto sul territorio tra palestinesi e israeliani, per dimostrare che “è possibile vivere in pace”.
Tra le voci ascoltate in piazza oggi c’è quella di Jacopo Montefiori che afferma “una condanna ferma ai vili attacchi terroristici del 7 ottobre, la richiesta di oggi è quella di liberare immediatamente i 200 ostaggi civili israeliani detenuti da Hamas, ma al contempo siamo per una ferma condanna della reazione militare indiscriminata e a tappeto che sta interessando la Striscia di Gaza. Siamo convinti che le armi debbano tacere e che questo tipo di soluzione voluta dal governo Netanyahu accrescerà le file della radicalizzazione del pensiero di matrice religiosa e quindi rinforzare le fila di chi la pace non la vuole, prima tutto proprio i terroristi”.
“Un conflitto che si svolge in terre molto vicine perché il rischio di gesti estremi è sicuramente presente – afferma Luca Comiti, Segretario generale CGIL La Spezia - così come la crisi che sta creando sempre più disuguaglianze sui beni energetici e di prima necessità, può mettere a rischio anche la tenuta di paesi che non sono fisicamente coinvolti nella guerra. È necessario che la diplomazia prenda in mano le redini e cerchi di creare una conferenza di pace immediata che possa veramente dare sussidio e aiuto alla popolazione e creare le condizioni per una pace duratura. Auspichiamo soprattutto che ci sia la possibilità di creare finalmente due stati autonomi, e che la Palestina possa avere una sua autonomia e confini certi. La pace deve essere centrale in tutto il pianeta”.
In piazza anche Massimo Lombardi membro del Partito Rifondazione Comunista, per portare il proprio contributo presenziando al presidio della rete pace spezzina “con iniziative come questa costruiamo insieme la pace – afferma – sembra che ci sia un attacco all’umanità. Per scongiurare una terza guerra mondiale e per portare un minimo di tregua, chiediamo un intervento delle Nazioni Unite per mettere fine a questa situazione, le ragioni politiche dell’una e dell’altra si determineranno in un secondo momento”.
Nelle ultime settimane le proteste in tutto il mondo, non hanno riempito le strade delle città solo appoggiando una filosofia della non violenza, ma in alcuni casi urlando e schierandosi violentemente contro l’una o l’altra parte, spesso inneggiando al nazismo o all’antisemitismo. Un clima generale di incertezza e paura ha da sempre creato degli apparti ideologici di rigida impostazione, che come insegna la storia, portano solo alla radicalizzazione e all’odio.
L’inneggio alla religione è inoltre una costante che coinvolge la narrazione unica nei confronti della radicalizzazione islamica, una comunicazione che non produce altro che odio nei confronti di qualcosa che non è reale, perché il terrorismo, forgiandosi sulla paura degli innocenti, non è l’Islam, ma una rilettura violenta e malata di esso, determinata da una serie di processi storici a cui si è risposto alla violenza, con altra violenza. La religione, che troppo spesso viene attribuita soltanto al terrorismo islamico, è anche la base fondante su cui lo stato di Israele, ha costruito le fondamenta di uno stato, nel nome di un Dio unico e onnipotente. La divisione tra buoni e cattivi non è altro che un vortice di odio alimentato solo da altro odio, in cui a pagarne le conseguenze saranno ancora i dimenticati, “i dannati della terra” (Franz Fanon).