E’ stata un’esperienza davvero unica quella della 37esima Giornata Mondiale della Gioventù. In questa intensa settimana abbiamo veramente respirato fraternità. Un milione di giovani provenienti da tutte le parti del mondo si riconoscono come fratelli e condividono insieme la gioia dell’incontro, accompagnati dalle parole di papa Francesco. Lisbona si è colorata di speranza, di storie da condividere, di volti luminosi testimoni della fede nel mondo.
Da un punto di vista storico, questa Gmg è stata di sicuro importante, in quanto successiva ad una pandemia globale. Per noi giovani questo momento ha così significato un primo contatto dopo il periodo di isolamento, una ripartenza. Durante le giornate a Lisbona, il desiderio è stato quello di ricominciare, di ritrovare la dimensione della comunità. L’incontro con tanti ragazzi e ragazze di paesi diversi ha offerto l’opportunità di respirare realmente la dimensione universale della fede e c’è stata l’occasione di stabilire nuove relazioni di amicizia con giovani provenienti da tutto il mondo che condividono le nostre stesse paure e speranze, e il desiderio di una vita autentica. Relazioni vere e sincere, perché nate guardandosi negli occhi, con lo sguardo rivolto verso i propri compagni di cammino piuttosto che allo schermo di uno smartphone. È un messaggio molto forte, dopo l’abuso di connessioni e di tecnologie che ha caratterizzato il periodo pandemico. Amicizie che speriamo possano essere coltivate e custodite anche da adesso in avanti. La nostra generazione molto spesso si sente impotente nei confronti di un mondo ancora afflitto da guerre, da odio, da sofferenza. Tanti giovani provano solitudine e abbandono in un contesto che sembra essere dominato dall’egoismo.
La Gmg è un’esperienza che ti cambia, mettendoti in contatto con una realtà globale, dove non sei da solo ma parte di una Chiesa che accoglie, di una Chiesa giovane in cammino sulla via della fede. La moltitudine di bandiere che hanno sventolato insieme ha ben rappresentato il messaggio di una generazione che vuole essere segno di pace e che chiede un mondo senza guerra, senza armi, senza conflitti. Nel trascorrere quelle giornate insieme, abbiamo avuto la possibilità di condividere i valori cristiani, valori che guidano la nostra vita quotidiana. Per questo, come ci ha detto il papa, non dobbiamo temere, noi che siamo presente e che siamo futuro, bensì avere il coraggio di essere rivoluzionari e di cambiare il mondo. Perciò, come Maria, dobbiamo alzarci ed andare in fretta, amare e nello stesso tempo sentirci amati. Tante sono le emozioni, gli incontri, gli sguardi, le parole che portiamo nel cuore a seguito di questa esperienza: in particolare l’invito del Santo Padre ad essere radici di gioia, una gioia missionaria non per sé stessi ma da portare agli altri.
Questo allora l’augurio che ne deriva: che i giovani non smettano mai di essere radici di gioia nel mondo e che possano portare quella luce che brilla e che illumina anche nelle zone più oscure del nostro tempo.
E forse non è un caso che appena cinque giorni dopo il ritorno alla Spezia, don Luca Palei, che ha guidato la Pastorale giovanile a Lisbona, sia stato coinvolto ad accogliere come direttore della Caritas, quasi non provando l’inevitabile stanchezza, ben trentacinque giovani migranti, tra i quattordici e i diciassette anni, sbarcati dalla motonave Geo Barents insieme ad una dozzina di adulti. Giovani che faranno parte anche loro del futuro dell’Italia e dell’Europa.
(Laura Torri)