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Geo Barents: quarto sbarco alla Spezia, quasi tutti minori non accompagnati In evidenza

di Marina Lombardi - Dopo 9 giorni di viaggio via mare sbarcano i sopravvissuti della Geo Barents, quasi tutti minori non accompagnati. 

Sono le 8.42 del mattino e al molo Garibaldi la Geo Barents ha appena attraccato le sue cime pronta a sbarcare i 49 sopravvissuti di cui 38 minori, principalmente adolescenti tra i 14 e i 17 anni, provenienti da Senegal, Gambia, e Nuova Guinea.

La nave di Medici senza Frontiere, per la quarta volta nel porto spezzino, ha effettuato il soccorso nel Mediterraneo lunedì 7 agosto, salvando 49 persone che erano bloccate da 6 giorni su un’imbarcazione in difficoltà. Tre persone risultavano disperse, due delle quali sono state ritrovate dopo lunghe ore di ricerca, mentre l’ultima risulta tutt’ora dispersa, si tratta di un minore che viaggiava assieme ad un altro, quest’ultimo in stato di shock.  

I primi migranti a sbarcare, tutti minori tra i 14 e i 16 anni, sono stati scortati dalla Croce Rossa all'ospedale Sant’Andrea per accertamenti medici. “Hanno riportato alcune ustioni e ci sono casi di deperimento, ma niente di grave – ha affermato il delegato all’emergenza della Croce Rossa Giuseppe Giampietri – la prima a sbarcare è stata una ragazza minorenne in stato di gravidanza, ricoverata immediatamente in una struttura medica regionale”. La Croce Rossa si occuperà inoltre, tramite il gruppo RFL dei ricongiungimenti familiari, nel caso in cui fossero sbarcate in altri porti persone dello stesso nucleo familiare.  

Sul posto come sempre anche la Caritas Diocesana, che si è fin dalle prime luci dell’alba adoperata a predisporre tutto il necessario per le operazioni di accoglienza. Non appena sbarcati i migranti, già sottoposti ad un primo controllo medico a bordo come prevede il regolamento, affrontano varie fasi all’interno delle tende predisposte dalla Croce Rossa. Inizialmente vengono sottoposti all’identificazione da parte della polizia di stato, in seguito ad un ulteriore controllo sanitario e infine tutto ciò che riguarda l’aspetto sociale e l’accoglienza vera e propria. “Tutti quanti resteranno in Liguria – afferma Don Luca Palei – alla Spezia le strutture sono piuttosto piene quindi dovremmo attendere ancora le disposizioni ufficiali”.

È proprio dopo l’ennesima tragedia di due giorni fa che ha visto la morte di 41 migranti nel canale di Sicilia, dove l’imbarcazione partita dalla Tunisia si è ribaltata, che la Geo Barents ha dovuto percorrere tre giorni di viaggio, sommati ai già sei giorni in mare trascorsi dai migranti soccorsi, per raggiungere il porto della Spezia “nonostante i disastri di cui il Mediterraneo sempre più di frequente è protagonista continuiamo a sbarcare al nord Italia con una traversata lunga e faticosa, con un impatto significativo per i sopravvissuti – afferma il capomissione di MSF Juan Matias Gil -  vediamo inoltre che in questi giorni sono sbarcati gli altri 20 sopravvissuti soccorsi dalla nave mercantile in Sicilia, si nota chiaramente una distinzione tra i porti di assegnazione in base a chi è l’attore che soccorre”.

Uno sbarco così lontano, assegnato dal Ministero dell’Interno, non solo implica costi enormi che toccano i 60 mila euro solo per il rifornimento di carburante, ma anche la mancata presenza nelle acque del Mediterraneo, e quindi possibilità in meno di salvare vite umane, già in gravi difficoltà. Solo tra i migranti sbarcati oggi, molti erano in viaggio da mesi, altri da anni, percorrendo rotte migratorie impensabili, attraversando confini e tentando la fortuna giorno dopo giorno, perché quella di mettersi in viaggio via mare non è una scelta, è un obbligo, l’alternativa è la morte.

Nel continente africano, infatti, le rotte migratorie che portano alla Libia o alla Tunisia e in seguito all’Europa sono molteplici e gli IDPs ossia gli sfollati interni, quelle persone che hanno dovuto lasciare le loro case e si sono spostate senza ancora attraversare i confini nazionali contavano già nel 2019 circa 48 milioni.

È quindi necessario riflettere davvero su quali strumenti concreti mettere in atto per far si che queste situazioni non si verifichino più, come dice Don Luca Palei “mi chiedo cosa possiamo fare perché questo non accada più?” Stiamo facendo davvero abbastanza?

La gestione delle dinamiche legate alla mobilità in Europa, infatti, vedono forti contraddizioni che coesistendo tra loro generano un sistema di accoglienza e soccorso che ha limiti sempre più stretti, e che vede quindi costanti stragi umane che si susseguono da anni, sempre lungo le stesse coste. Solo negli ultimi sei mesi i migranti morti in mare, nel tentativo di raggiungere le coste italiane sono 903.

Da cosa può essere provocata una tale situazione se non da un sistema che dispone un ordine ben preciso, esercita un potere ed una forma specifica di supremazia producendo esso stesso forme di violenza istituzionale e strutturale?

 

Le strade sicure le fanno le persone che le attraversano. Le case sicure le fanno le luci accese dentro. I paesi sicuri li fanno i popoli che rispettano i diritti degli ultimi e un mare diventa sicuro non quando un confine lo divide, ma quando una nave lo attraversa” – Michela Murgia.

 

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