L’iniziativa, promossa da alcune reti attive sul territorio provinciale impegnate su vari temi tra cui ambiente, turismo di massa e grandi navi, biodigestore e sanità, ha visto protagonista l’autore del libro “La rivoluzione della cura” Marco Bersani, introdotto ed intervistato dall’avvocato Rino Tortorelli.
Marco Bersani, referente principale di Attac Italia, laureato in Filosofia, è dirigente comunale dei servizi sociali e consulente psicopedagogico per cooperative sociali. Il suo ultimo libro prende in esame la pandemia globale da Covid-19 di cui il mondo è stato vittima negli ultimi due anni, che secondo l’autore ha permesso di ricavare significati profondi, in relazione all’economia di mercato e alle logiche della cultura capitalista.
“La pandemia ha dimostrato che una società regolata dal mercato non è in grado di proteggere le persone” - spiega Bersani – “il mercato non ci può proteggere. Ma perché?”
La dimensione dello spazio e del tempo in cui avviene la vita delle persone è completamente differente dallo spazio e il tempo in cui si organizza il mercato. Il che significa che lo spazio della vita delle persone è uno spazio limitato, una comunità, dentro un tempo lungo, fatto di fasi e progettualità. Il mercato è esattamente il contrario, il suo spazio è potenzialmente infinito, il tempo delle scelte del mercato è l’indice di borsa del giorno successivo, senza guardare mai nel lungo tempo. Il che, secondo il ragionamento di Bersani, significa che la pandemia, per il mercato, non era prevedibile, e quindi ha svelato tutte le sue debolezze.
Nonostante gli scienziati dicessero già dal 2006 che una pandemia prima o poi sarebbe arrivata, per il mercato, che si organizza intorno ad oggetti che producono immediatamente il profitto, la prevenzione di questa probabilità non era sostenibile, perché riguarda dei costi da sostenere per una possibilità incerta futura. “Anzi, -spiega Bersani – “la pandemia è la benvenuta per il mercato, basti pensare al gioco perfetto che hanno fatto le multinazionali di big Pharma, scoppia la pandemia e prendono migliaia di migliaia di fondi pubblici, per produrre farmaci e vaccini, ma grazie alla legislazione sui brevetti detengono l’esclusiva su questi farmaci, determinandone sia il prezzo, che chi può produrli”.
Rimarca inoltre l’importanza del tema ricordando che all’inizio della pandemia “eravamo ricchi di produzione di armi ma non di produzione di mascherine o caschi per l’ossigeno. Questo perché lo stato si è ritirato sia dalla produzione diretta ma anche dalla programmazione e dalla pianificazione di che cosa produrre. Se tutto è lasciato al mercato, perché questo dovrebbe produrre cose che forse serviranno se arriva una pandemia?”.
“Ci siamo persino resi conto che un sistema sanitario come il nostro, che fino a qualche decennio fa era uno dei migliori al mondo, è stato definanziato di 37 miliardi”, non a caso secondo Bersani, la regione più disastrata fu la Lombardia, quella che "aveva più privatizzato il sistema sanitario ed eliminando la medicina preventiva".
“Ci raccontano le crisi come fotografie a sé stanti e nessuno ci racconta il film”, negli ultimi dieci anni il mondo ha attraversato una crisi finanziaria globale, alla crisi sanitaria, all’emergenza sociale, il tutto immersi in una crisi eco climatica che rischia di mettere a rischio la stessa vita umana sul pianeta. Le crisi vengono raccontate come episodi distinti “le crisi ci vengono narrate come qualcosa di esterno che mette in pericolo ma che non prevede la messa in discussione del modello economico”.
È possibile un altro orizzonte?
A non funzionare, in questo modello, è secondo l’autore, innanzitutto l’idea che i diritti delle persone vengono dopo i profitti del mercato “noi viviamo nell’economia del profitto, il che provoca un immenso potere dell’economia”. Secondo l’autore un altro orizzonte è possibile, ma è necessario decostruire il sistema capitanato dal mercato e ridimensionarne l’importanza. “La natura è l’universo attraverso cui tutto avviene, poi c’è un altro cerchio che è rappresentato dalla società dove gli esseri umani si organizzano, e dopo deve esserci l’economia”.
“Il numero di persone che fa delle cose che suggeriscono un’alternativa di società non è mai stato così ampio come negli ultimi dieci anni – afferma Bersani – e allo stesso tempo, quel numero di persone non ha mai contato così poco”. Il modello capitalistico è un modello antropologico nella parole di Bersani, che ha fabbricato la società liberista e ha costruito un orizzonte che l’autore chiama “la solitudine competitiva”, per cui ciascuno è da solo sul mercato in diretta competizione con l’altro e deve provare a vendere sé stesso nel miglior modo possibile.
“Ci hanno costruito un orizzonte collettivo che si chiama uno su mille ce la fa, e l’orizzonte individuale diventa io speriamo che me la cavo”, afferma spiegando lo scenario attuale che impedisce la partecipazione e la sostituisce con la competizione, dentro un sistema che vede l’azzerarsi dell’empatia e l’accentuarsi dello scontro.
In conclusione, attraverso l’analisi delle dinamiche sociali in relazione al mercato capitalistico, Bersani con il suo libro propone un’alternativa, la stessa che porta avanti anche come attivista in attac Italia, con la proposta di una campagna per l’approvazione di due leggi d’iniziativa popolare per la riforma della finanza locale e per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti.