La parola pellegrino deriva dal latino peregrinus, straniero. Il 12 settembre scorso ho iniziato il mio cammino di Santiago proprio come pellegrino - novecento chilometri per ben quarantacinque giorni - ma non mi sono sentito straniero nemmeno per un istante. Più che un viaggio, è stata un’esperienza: è difficile dunque racchiudere in breve le emozioni, i sentimenti e le storie che ho vissuto. Posso però dire che il quotidiano affidarsi a Gesù è stata la cosa che più mi ha riservato sorprese. Ho provato come abbandonarsi alle sue braccia o continuare a camminare al suo fianco fosse il vero significato dell’avere fede. La provvidenza ogni giorno mi ha donato esperienze ed emozioni inaspettate, non solo per me ma anche per le persone che camminavano con me, anche se non mosse da uno spirito religioso. Anche loro hanno percepito spiritualità ad ogni passo. Rimanere al fianco di Cristo aiutava ad affrontare le fatiche quotidiane, sia quelle fisiche, come il peso dello zaino da portare sulle spalle o le vesciche nei piedi, sia quelle psicologiche, come mantenere la forza e la perseveranza per centinaia di chilometri.
Inaspettatamente accadevano sorprese, come la volta che, arrivati in un paesino e scoprendo che tutti gli alberghi erano completi, abbiamo dormito in un fiabesco mulino del Seicento, con cena e torta di compleanno offerte. Durante il cammino si incontrano centinaia di storie e persone e tutte, anche se non proprio a te congeniali, ti aiutano e ti fanno crescere: “da soli si va più veloci, ma in gruppo si va più lontani”. Sono partito come pellegrino solitario e di sicuro sarei andato più veloce. Poi mi sono reso conto che, saltando le tappe o correndo fino a Santiago, le giornate sarebbero state solo più faticose. Invece, proseguendo il cammino in compagnia di altri, il passo è fatto più lento, ma la fatica più lieve, perché condivisa, e la gioia moltiplicata.
Sono giunto alla conclusione che, nel cammino come nella vita, ci vuole pazienza. Non si deve scappare né correre, bensì proseguire poco per volta, con perseveranza, ogni giorno. È infatti stando in gruppo che ho capito quanto sia importante “take your time”: nel quotidiano ci scordiamo di “prendere il nostro tempo” per assaporare le piccole cose e viverle appieno.
Santiago non è una meta, ma un punto di partenza per cominciare a vivere la vita con più consapevolezza, con più fede.
Marco Caccavale