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Nella ricorrenza del primo ricovero di un italiano per Covid, si celebra la Giornata nazionale del personale sanitario In evidenza

di Francesco Falli - Deve essere occasione per una ampia riflessione su carenza di personale, mansioni e retribuzione.

 

Il 20 febbraio 2020, con il primo paziente nazionale entrato in ospedale per Covid19 a Codogno, iniziava ufficialmente anche in Italia un periodo molto impegnativo per le strutture, l'organizzazione e soprattutto per una gran parte del personale sanitario.

Il Ministero, le istituzioni hanno voluto ricordare più volte in questi due anni l'azione dei sanitari che si sono trovati in prima linea nel far fronte a questa crisi sanitaria che, come accaduto in molti altri settori del nostro Paese, ha visto tante difficoltà che sono andate a sovrapporrsi alle precedenti criticità.

Una di queste riguarda lo scarso numero di infermieri in Italia.

Ne mancano, secondo i dati della FNOPI (la Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche nazionale) oltre 65mila.

Forse, sarebbe il caso di domandarci seriamente come mai si è arrivati a numeri così elevati: per onorare davvero gli operatori sanitari, la Giornata deve segnare il rilancio di una più generale attenzione a questo settore strategico, valorizzando quelle professioni che ne fanno parte: se, come recita il "profilo" ( DM 739/1994) è ..." l'infermiere il responsabile della assistenza generale infermieristica...", abbiamo già detto molto, se non tutto.

Devono essere rivisti gli aspetti retributivi attuali (come le indennità su festivi, turni notturni, rischio infettivo e pronte disponibilità, che sono ferme ad anni lontanissimi) e di carriera, e la formazione, adeguando tutto a veri criteri di merito e impegno.

Rispetto ad un tempo ormai lontano si è scelto, progressivamente, di livellare tutto, in un generale appiattimento che crea principalmente malcontento e demotivazione: ad esempio, nei contratti nazionali di 40 anni fa esisteva l'infermiere specializzato in anestesia e rianimazione, oggi una figura scomparsa: eppure, proprio l'aumento dei posti letto delle rianimazioni ha dimostrato quanto sia indispensabile contare (concetto che vale in ogni settore, ovviamente!) su personale esperto e formato.

Ma alcune professioni sanitarie, rispetto ad altre- e lo ha dimostrato proprio il periodo iniziale della pandemia, quando molti ambulatori sono stati chiusi, mentre altri operavano in smart working- non possono, semplicemente, restare a casa.

Non per caso, fra il personale sanitario oggi giustamente ricordato nel suo insieme, vi sono alcune categorie che hanno avuto numerose vittime, compresi gli oltre 90 infermieri deceduti per avere contratto il Covid in servizio: lavorare seriamente per superare le esistenti anomalie, nel rispetto delle reali responsabilità e delle reali attività professionali, sembra oggi la sola strada per invertire una rotta pericolosa.

giornata

Senza infermieri non può - semplicemente- esistere una assistenza di qualità.

 

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