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Covid, campagna vaccinale e medici di famiglia: ora l'ostacolo è anche la burocrazia In evidenza

di Elena Voltolini - Dalla privacy che impedisce ai medici di sapere chi tra i loro pazienti è vaccinato e chi no, ai timori di dover diventare essi stessi burocrati e rilasciare il green pass

La medicina generale non si è mai tirata indietro ed ha fornito il proprio supporto durante tutta l'emergenza Covid - esordisce durante l'audizione in IV Commissione consiliare del Comune della Spezia Maria Pia Ferrara, Segretaria provinciale FIMMG (Federazione italiana medici di medicina generale) - abbiamo sempre continuato a tenere aperti gli studi e quando ci è stato chiesto di dare una mano per la campagna di vaccinazione abbiamo subito risposto presente”.

La gran parte dei medici spezzini si è fatta avanti, sia in modo volontario, sia con l'accordo con la Regione.

“Le difficoltà – spiega il Segretario FIMMG - non sono state poche, anche perchè ci hanno affidato il vaccino più “controverso”, ovvero Astrazeneca. Abbiamo iniziato a vaccinare e dopo sole 8 ore siamo stati fermati, poi tutti sappiamo le varie vicissitudini che hanno coinvolto questo vaccino. Anche ora siamo in una fase molto delicata, quella dello shift, cioè del passaggio, dal vaccino Astrazeneca a quello Pfizer per gli under 60. Il compito non è semplice perchè le persone arrivano con timori e domande e tutto quello che circola, anche sui social, non è certo di aiuto”.

Su questo arriva un “rimprovero” anche per il premier Draghi: “Anche lui ha fatto un errore di comunicazione dicendo che avrebbe fatto la seconda dose non con Astrazeneca ma con un altro vaccino. Lui però ha superato i 60 anni e quindi nel suo caso lo shift non è previsto”.

Attualmente, considerando le raccomandazioni sulla fascia di età cui destinare Astrazeneca, i medici di medicina generale sono impegnati nelle vaccinazioni con: Astrazeneca per le persone tra i 60 ed i 79 anni e per il richiamo con la seconda dose agli under 60 che dichiarino di voler continuare con quel tipo di vaccino; Pfizer o Moderna per gli under 60. Le iniezioni vengono fatte negli hub vaccinali, anche in conseguenza delle regole imposte da Alisa: “Il fatto, ad esempio, che si debba vaccinare in luoghi in cui sia presente anche un defibrillatore – spiega Maria Pia Ferrara – non ha consentito scelte diverse da quelle fatte, ovvero opzioni diverse rispetto agli hub, come è stato fatte in altre regioni dove ci sono regole diverse. Anche volendo, optare per atre possibilità qui non sarebbe stato possibile”.

Al di là delle molte difficoltà, comunque, il giudizio complessivo sulla campagna vaccinale è positivo: “L'apparato ha funzionato e dobbiamo ringraziare tutto il personale che ha lavorato anche al di sopra delle proprie possibilità”.

Buona anche l'adesione dei cittadini, seppure non manchi qualche criticità in una delle fasce d'età a maggior rischio: “La percentuale di adesione alla vaccinazione è molto alta. Dobbiamo però recuperare 3 punti percentuali sulla media nazionale nella fascia 60-70 anni, quella che ora ha il maggior numero di ospedalizzazioni. Si deve cercare di convincere queste persone a vaccinarsi e su questo i medici di famiglia potrebbero e dovrebbero avere un ruolo centrale, invece abbiamo le mani legate”.

Contro di noi – spiega il Segretario – abbiamo la burocrazia. Noi, infatti, per la privacy, non possiamo sapere quali dei nostri pazienti sono vaccinati e quali no. Impossibile, quindi, provare a convincere chi per ora ha scelto di dire no al vaccino”.

C'è poi, ed è un'altra grave criticità: chi vaccinato non lo è ancora non per sua scelta, nonostante avrebbe dovuto essere tra i primi a ricevere le dosi: “Il Covid ha sconvolto il nostro modo di lavorare – aggiunge Francesco Pardini, Segretario Provinciale SNAMI - siamo stati subissati di richieste da persone che hanno trovato in noi l'unico riferimento per avere certezze, ma in qualche caso non le avevamo neanche noi. E' stata dura. Personalmente, in 30 anni di professione ho avuto il mese peggiore quando ci è stato chiesto di prenotare le vaccinazioni ai nostri assistiti più vulnerabili. In 2 ore ho avuto 50 telefonate di persone che volevano essere vaccinate. Abbiamo chiesto prenotazioni per i pazienti ultravulnerabili, ormai diversi mesi fa, ma ancora c'è qualcuno che aspetta. Qualcosa non ha funzionato”.

Con la campagna vaccinale e le alte adesioni che sta avendo la speranza è quella di uscire presto dall'emergenza, ma ci sono diverse questioni che preoccupano non poco.

La prima, legata a doppio filo proprio con la luce che si comincia a vedere in fondo al tunnel e con la speranza di tornare ad una certa normalità, è il green pass ed il compito che sarebbe affidato ai medici di famiglia.

“I nostri politici hanno deciso che il green pass deve passare attraverso i medici di famiglia. Noi non siamo burocrati. Rilasciare un certificato deve essere compito di altre figure professionali, non nostro”, sottolinea Maria Pia Ferrara.

Anche perchè c'è tutto un “ordinario” da recuperare. “Non possiamo dimenticare le malattie croniche e neanche la prevenzione, che in molti casi è stata in questi mesi tralasciata o ritardata. C'è tutto un pregreso da recuperare”, spiega Pardini.

Ed è già anche tempo di pensare alla vaccinazione antinfluenzale per evitare le criticità (che ci sono state solo nella nostra ASL e non nelle altre, specifica la Dottoressa Ferrara) che si sono avute lo scorso anno. “Due campagne vaccinali contemporaneamente sono al di sopra delle nostre forze”.

All'orizzonte, infatti, c'è anche la terza dose del vaccino anti-Covid, che potrebbe essere affidata a medici di famiglia, anche se Pardini lo definisce “impensabile”: “Come potremo nei nostri studi conservare i vaccini Pfizer e Moderna che richiedono temperature bassissime?”

I medici di medicina generale intravedono, allargando lo sguardo, molte nuvole all'orizzonte anche per una questione partita da ben più lontano, antecedente al Covid: “Presto ci dovrebbe essere un ricambio generazionale, ma non stiamo formando i nuovi medici di medicina generale. Problemi ci sono già per la continuità assistenziale e si sono acutizzati con il Covid. In Liguria ci sono migliaia di pazienti che non hanno il medico di medicina generale, soprattutto nell'entroterra. Il problema sono le specializzazioni, si forma un numero troppo basso di medici di medicina generale e al momento non si vede un cambiamento di rotta. Quest'anno c'è stato un lieve aumento delle borse per il prossimo anno, ma i numeri sono ancora troppo bassi. Serviranno a breve 35mila medici di famigia e non li stiamo formando. Ci sono state promesse nuove assunzioni, aspettiamo fiduciosi perchè c'è carenza soprattutto in alcuni settori e siamo costretti a volte a mandare i pazienti altrove. Siamo in attesa anche delle nomine dei direttori dei distretti, che per noi sono fondamentali”.

 

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