Nel 2018 le nuove diagnosi di HIV, in Italia, sono state 2847, pari a 4,7 nuovi casi per 100 mila abitanti.
In Liguria le persone che hanno scoperto di essere sieropositive sono state 91, un numero che pone la regione al terzo posto in Italia, dopo Lazio e Toscana (tra le regioni con popolazione superiore ai 100 mila abitanti), per incidenza.
Restringendo ancora in campo e guardando alla provincia spezzina, i nuovi casi sono stati 9, contro ai 12 dell'anno precedente. I dati sono stati evidenziati questa mattina dalla Dottoressa Stefania Artioli, Direttore S.C. Malattie Infettive dell'ASL5, nell'ambito della presentazione dello screening per HIV, epatite e sifilide organizzato dalla Croce Rossa della Spezia per domenica 1 dicembre.
Numeri in calo, quindi, sia a livello locale che globale, ma per i quali c'è poco da esultare, non solo perchè i casi restano tanti, ma ancor più perchè si tratta spesso di sieropositività scoperte quando già sono in stato avanzato, con tutte le conseguenze che ciò comporta, sia per la persona direttamente interessata che per la società.
Il fatto che non ci sia molto per cui esultare è sottolineato anche da un altro dato: in Liguria 20,8 persone su 100 mila abitanti sono inconsapevoli di essere sieropositive.
Il quadro, inomma, è confortante solo all'apparenza: sembra infatti che al di là dei numeri ufficiali vi sia un limbo di incapevolezza che ne nasconde ben altri. E sono ovviamente i più pericolosi.
Se la malattia viene scoperta nelle fasi iniziali, infatti, oggi, con i progressi fatti dalla ricerca, può essere tenuta sotto controllo, garantendo ai pazienti una aspettativa di vita non molto dissimile dalle persone non sieropositive, ma non solo: è infatti possibile in questi casi fare in modo che si “blocchi” il contagio, rendendo il virus praticamente non nocivo per i partner.
È fondamentale, quindi, come ribadito a gran voce dalla Dottoressa Stefania Artioli, eseguire il test: “Ci troviamo di fronte a persone che scoprono tardi di essere malate e ciò che colpisce è che si sorprendono di essere state contagiate. Solo dopo ci parlano di partner occasionali e di rapport non protetti con persone sconosciute o quasi. Oggi uno dei rischi di fondo è questo: molti si sentono come se fossero immuni dal contagio, pensano che a loro non possa succedere, e questo purtroppo anche quando hanno comportamenti a rischio. Il test non lo fanno perchè non percepiscono proprio la possibilità di essere stati contagiati. Così si dà un vantaggio notevole alla malattia e anche alla sua diffusione”.
I dati supportano queste affermazioni, tracciando il ritratto di una malattia che colpisce nell'80% dei casi persone eterosessuali ed è causata proprio da rapporti sessuali non protetti.
Le nuove diagnosi di contagio riguardano soprattutto persone tra i 25 e i 29 anni.
Vietato, quindi, abbassare la guardia, anzi, come ha tenuto a sottolineare la Dottoressa Artioli, “bisogna che di HIV si torni a parlare in modo più diffuso e approfondito e bisogna passare il messaggio che nessuno deve considerarsi immune. E' giusto informare che oggi con questa malattia si può convivere e avere una aspettativa di vita normale, ma bisogna anche dire che bisogna prenderla in tempo e quindi i controlli devono essere fatti".