Più che le celebrazioni per i 150 anni della fondazione, forse sarebbe il caso di organizzare un degno funerale per l’Arsenale così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi. Non è un’affermazione avventata, ma la logica conseguenza del quadro a tinte fosche tracciato oggi in commissione comunale dall’Ammiraglio Giorgio Lazio, Comandante Marittimo Nord.
I numeri sulla carenza della forza lavoro e le proiezioni dei prossimi anni non sono nuovi, ma i dettagli aggiunti oggi da Lazio, compreso il rischio di “un punto di non ritorno”, suonano come una pietra tombale su un pezzo di storia della città.
All’origine della situazione attuale c’è il blocco del turn over che in questi anni ha impedito nuove assunzioni nel personale civile della Difesa, compreso quello della base spezzina, e i mancati investimenti in impianti e infrastrutture. Una situazione di grave difficoltà che non investe solo Spezia, ma anche le basi di Taranto e Augusta.
“La riduzione del personale – ha spiegato Lazio – che ha interessato maggiormente le figure tecniche legate alle attività di manutenzione, inibisce già all’origine la possibilità di efficientare il sistema. Oggi siamo orientati sempre di più verso l’esternalizzazione, come forma emergenziale a fronte di una progressiva erosione delle risorse interne”.
A completare il quadro va aggiunta anche la serie di pensionamenti ormai dietro l’angolo: la buona pratica del trasferimento del know how dai vecchi ai nuovi lavoratori non ci sarà, per il semplice motivo che di nuove assunzioni non c’è alcuna traccia, né oggi né domani.
Rimane solo qualche briciola: 10 assunzioni in tutto, infatti, sono programmate nel piano triennale 2019/21 nell’Arsenale spezzino (1 funzionario tecnico e 9 assistenti, più 2 funzionari tecnici al Centro di supporto e sperimentazione navale).
Una goccia nel mare. Soprattutto se si considera che oggi il personale civile è pari a 581 unità, in carenza del 30 per cento rispetto alla forza lavoro di cui l’Arsenale avrebbe bisogno per lavorare a pieno regime, cioè circa 830 unità. Il “punto di non ritorno” è fissato al 2024, quando, se la tendenza non verrà bloccata, si raggiungerà un deficit dell’organico pari al 51 per cento.
“A quel punto l’attuale modello dell’Arsenale non sarebbe più sostenibile – ha detto chiaramente Lazio – Sia chiaro, l’Arsenale non chiuderà, ma il modello andrà completamente rivisto. In che modo? Francamente oggi non so dirvelo. Ma mi sento di assicurarvi che verrà salvaguardato il collegamento con il territorio, come la formazione di maestranze, che già oggi è una buona pratica in atto”.
La commissione economia e occupazione, guidata da Maria Grazia Frijia, si propone di fare pressione sui parlamentari del territorio perché a loro volta si attivino in Parlamento e lancino l’allarme al nuovo ministro della Difesa del Partito Democratico, Lorenzo Guerini.
“I tempi cominciano a stringere – ha riassunto oggi l’Ammiraglio Lazio – Abbiamo bisogno di certezze”.