Lo studio, su un campione di oltre 400 malati, è stato presentato negli Stati uniti.
Esito clinico migliore, e a costi inferiori. E’ destinato a fare scuola lo studio economico sulla valutazione invasiva della malattia coronarica realizzato dai medici della struttura di Emodinamica dell’Ospedale Sant’Andrea della Spezia, presentato al Transcatheter Cardiovascular Therapeutics (TCT), il più importante congresso a livello mondiale di medicina cardiovascolare interventistica che si è tenuto a Denver, negli Stati Uniti.
Lo studio prende le mosse dall’esame di cateterismo cardiaco, effettuato con una strumentazione tecnologicamente avanzata per la valutazione della malattia coronarica nei pazienti, e si basa sul calcolo di un indice, il ‘Fractional Flow Reserve’ (FFR), che stabilisce la gravità funzionale dei restringimenti delle arterie coronarie e permette di capire se una coronaria ammalata, visualizzata attraverso angiografia, può determinare un’ischemia al cuore, aiutando in questo modo il cardiologo a definire l’intervento coronarico migliore per il paziente.
“In caso di FFR negativa, si possono evitare procedure di rivascolarizzazione che, sulla base delle sole immagini angiografiche, spesso si sarebbe portati a eseguire. Trial clinici hanno già dimostrato l’impatto clinico favorevole dell’uso di questo indice” spiega il primario della S.C. Cardiologia dell’Ospedale Sant’Andrea, Gianfranco Mazzotta.
L’analisi eseguita alla Spezia, accettata al congresso e destinata a essere oggetto di una pubblicazione scientifica, ha mostrato che l’indice FFR ha anche ripercussioni vantaggiose in termini economici sul sistema sanitario, poiché permette al medico di evitare l’esecuzione di interventi di rivascolarizzazione coronarica che, oltre a non essere necessari, hanno costi onerosi.
Lo studio spezzino si è basato su un campione di 403 malati sottoposti per motivi clinici a valutazione con FFR: la valutazione attraverso il ‘Fractional Flow Reserve’ ha comportato, a fronte di un assai verosimile migliore esito clinico, un risparmio medio di 549000 euro per quanto riguarda le angioplastiche non effettuate, e di 440000 euro per i bypass aortocoronarici non eseguiti.
“Includendo la valutazione delle spese iniziali del follow-up, il risparmio totale è di 1.040.000 euro – aggiunge Mazzotta –. Lo studio vuol mostrare che investire oculatamente in tecnologie di alto livello, che migliorano l’appropriatezza diagnostica, può avere impatti enormi sulla sanità e sulla sua sostenibilità dal punto di vista economico: ovvero, raggiungere un esito clinico migliore ma con costi inferiori”.