"I primi passi che Coldiretti vuole fare con la Regione - spiega l'imprenditrice spezzina - sono dedicati appunto agli anziani e all'infanzia. Parliamo, per questo secondo punto, di proposte quali agrinido, agriasilo e soprattutto agritata, soluzione più semplice a livello gestionale e che vede il bambino, debitamente seguito grazie a un'accurata formazione, inserito nel contesto agricolo, stando a contatto con gli animali e raccogliendo frutta e ortaggi, per esempio".
Agriasilo e agrinido sono invece realtà più complesse, perché necessitano della presenza di una figura professionale, un educatore a tutti gli effetti, un ruolo complesso che non si può chiedere di svolgere ai titolari dell'azienda agricola. L'intenzione di Coldiretti, ad ogni modo, è sedersi al tavolo con la Regione per favorire, attraverso finanziamenti e formazione, anche la diffusione di questi due aspetti dell'agricoltura sociale. Il tutto muovendosi all'interno della cornice tracciata dalla legge quadro che prevede che, pur percorrendo la strada del sociale - una finalità che deve essere ben chiara, in sede di presentazione dei progetti - l'azienda agricola debba continuare a dedicare la maggior parte delle giornate lavorative alla produzione e all'attività originaria.
Il primo step per indirizzarsi verso l'agricoltura sociale è la richiesta di accreditamento da parte delle aziende interessate. In questa particolare graduatoria, ad oggi, in Liguria ci sono sei realtà. Nello spezzino c'è l'esempio della Società Cimabue (Varese Ligure), fattoria didattica e comunità per soggetti psichiatricamente fragili. "E' significativo il nome scelto da questa realtà - conclude la Di Franco, che in tasca ha una laurea in storia dell'arte - Cimabue, pittore del '200, è l'anello di congiunzione tra le figure ieratiche di tradizione bizantina e le rappresentazioni successive, di più completa umanità. Un'umanità che le persone svantaggiate possono recuperare attraverso l'agricoltura, come dimostra la Società Cimabue".