Spezia, cambiare rotta con urgenza per evitare di far la fine di Crotone, Spal e Benevento.
Sembra facile a dirsi, ma nei fatti sarà un'impresa, per una serie di contraddizioni e anomalie che contraddistinguono la recente storia della società bianca.
Spiace dirlo, ma tutto iniziò con lo switch tecnico operato tra l'ex Ds Riccardo Pecini e l'attuale Responsabile dell'Area Tecnica Eduardo Macia, lasciando al momento fuori Stefano Melissano, finora apparso subordinato al manager spagnolo.
Quest'ultimo se avesse un minimo di autocritica tirerebbe da sé le conclusioni, invece di continuare a lanciare proclami smentiti clamorosamente dai fatti: nella prima conferenza di mercato, a gennaio 2023, parlò di inserire giocatori pronti per la A, "Basta promesse", oltre a puntare su atleti di proprietà da valorizzare. Risultato: prestito in entrata di Shomurodov smaltito da Mourinho a 3,5 milioni di euro, ingressi di Moutinho, Krollis e Cipot visti poco in serie A, panchinari fissi in B.
Dopo lo spareggio perso a Reggio Emilia contro il Verona, altro proclama: "Da domani saremo al lavoro per ricostruire la squadra per risalire alla svelta in serie A".
Nessun azzeramento della rosa, nessun serio e realistico piano biennale o triennale per programmare la risalita.
Squadra smembrata solo in logica plusvalenze, venduti dopo Kiwior andato via a Gennaio tra gli altri Agudelo, Holm, Nzola, Mraz, Podgoreanu e Strelec, nessuna motivazione tra i giocatori rimasti con ingaggi ribassati, da Verde a Dragowski, da Zurkowski a Salvatore Esposito, indicato come il giocatore chiave di questo Spezia, ad oggi cocente delusione sul piano del gioco e dell'empatia.
Valore e qualità del mercato fatto per risalire in serie A? Da quanto visto in campo fino ad oggi quasi una Waterloo, da salvare fino a questo momento solo Cassata, Kouda, Elia e Bandinelli, tutto da decifrare il valore dell'impalpabile Antonucci, del fragile caratterialmente Moro oltre che dei vari Cugnata, Muhl, Gelashvili, Corradini eccetera.
In particolare preoccupano i numeri e i valori del reparto offensivo: solo Francesco Pio Esposito, prestito secco dall'Inter classe 2005, sembra avere stoffa là davanti, ma è ovviamente penalizzato dall'età e dall'inesperienza non avendo mai giocato prima di ora tra i prof ma solo nella Primavera nerazzurra.
Possibile fondare il reparto d'attacco su questi giocatori? I numeri dicono di no, con 11 gol fatti in 14 partite lo Spezia ha il peggior attacco della serie B dopo il Brescia che però deve recuperare una partita. Degli 11 gol, solo 5 quelli messi a segno dagli avanti aquilotti, un vero disastro.
Riuscirà Luca D'Angelo a raddrizzare la situazione? Di solito il cambio del mister in panchina genera una reazione adrenalinica nella squadra, che si tramuta in energie positive sul campo, vedi l'esordio di Mazzarri vittorioso a Bergamo contro la Dea di Gasperini, solo per fare un esempio, con i dovuti distinguo.
D'Angelo gode della stima degli addetti ai lavori, ed ha un carattere forte, necessario a stemperare alcuni atteggiamenti istrionici nello spogliatoio, è anche capace tecnicamente ma siamo sempre lì: non era un dilettante Gotti, non lo era neppure Semplici, nemmeno Alvini lo era. Ma qualsiasi tecnico alle prese con una squadra demotivata e tecnicamente inadeguata, almeno in alcuni reparti, farebbe fatica.
Il problema è che restando Macia al comando delle operazioni di mercato, a gennaio si rischia un altro passaggio a vuoto al netto dei limiti al budget imposti dalla proprietà, superabili da uomini di calcio in grado di attirare prestiti meno onerosi di Shomurodov verso giocatori poco valorizzati specie in serie A.
Anzi, peggio: si profilano cessioni eccellenti, da Verde a Dragowski, da Amian a Reca, senza intravedere adeguate contropartite tecniche.
Le contraddizioni e le anomalie non riguardano solo l'area tecnica, ma la società nel suo complesso.
Si può considerare una cosa normale per una società in zona retrocessione, ad oggi, avere in organigramma due amministratori delegati (Gazzoli e Peri), due Direttori sportivi (Macia e Melissano) tre mister a libro paga (Gotti, Alvini e D'Angelo) ed essere terzultimi in serie B?
E si può considerare normale avere una strategia di marketing che da anni non ne azzecca una, facendo di fatto disinnamorare tanti tifosi? Ecco un breve elenco: l'anno scorso in serie A alzati a dismisura i prezzi degli abbonamenti, eliminando le facility per donne e nuclei familiari, risultato: affluenza al Picco scesa ai minimi termini, malgrado lo Spezia giocasse in serie A e malgrado tanti tifosi non avessero DAZN; quest'anno in serie B la decisione di cambiare il logo ASC, che dalla promozione in A in tanti si erano addirittura tatuati, imponendo senza sentire il parere di nessuno un nuovo logo avvicinato a torto o a ragione anche da fuori Spezia, a tetre grafiche nostalgiche.
Sempre quest'anno, nell'ambito del restyling dello Stadio Picco, la decisione di installare display per gli sponsor alti 1 metro e 20 al posto di quelli alti 90 centimetri. Risultato: dai distinti non si vede più il gioco sulla linea laterale neppure dalle file più alte, in curva Ferrovia oscurati gli storici striscioni.
A proposito di lavori al Picco: premesso che è stata una scelta coraggiosa e giusta quella operata dalla proprietà dello Spezia, non è comprensibile come possano essere stati sballati in modo così abnorme i tempi di realizzazione.
Nell'evento ad hoc dell'estate scorsa a Villa Marigola, sempre dall'Area Marketing, venne detto che lo stadio sarebbe stato concluso in tempo per il derby con il Pisa, ventilando pubblicamente addirittura la possibilità di bonus in caso di fine anticipata rispetto al termine, indicato categoricamente entro e non oltre il 30 di settembre.
Ma come è stato possibile sforare di mesi (ormai siamo prossimi al Natale con la tribuna ancora in corso di edificazione)?
La risposta è di una semplicità imbarazzante: il cantiere non è stato interamente seguito né da un project manager né da un planner, due figure indispensabili laddove lavori di una certa complessità si diano una deadline precisa, come nel caso del termine fissato prima della sfida contro il Pisa dei primi di ottobre.
Senza questi professionisti, pagati per far rimanere dentro i tempi stabiliti la realizzazione dell'opera, i lavori sono avanzati con supervisori troppo tradizionali, come direttori e coordinatori dei lavori, ottimi professionisti non attrezzati però culturalmente ad esigere il rispetto delle scadenze contrattuali.
È vero anche che nei lavori edili di una certa rilevanza gli imprevisti ci possono stare, ma arrivati ormai al secondo mese di ritardo rispetto ai termini fissati è evidente che anche in questo caso si è agito con buona dose di approssimazione, al netto della buona volontà e dell'impegno quotidiano del nuovo Ceo Andrea Gazzoli e del responsabile infrastrutture Lazzini.
In definitiva, le cause della estrema crisi che sta attanagliando la squadra aquilotta vanno ricercate ai piani alti del club, perché il mister e la squadra sono solo l'ultimo anche se fondamentale anello di una catena fatta di errori, lacune e incompetenza che dal vertice si ripercuotono fino alla base e rimbalzano su una piazza del tifo sempre più preoccupata e amareggiata.