Ieri sera, durante il consiglio comunale, è andata in scena un’altra puntata del caso della lista “Per la nostra città con Giulio Guerri” con il consigliere Massimo Caratozzolo che, nonostante gli annunci della sua uscita dalla maggioranza, siede ancora tra quei banchi e qualcuno se n’è accorto.
“Ma cosa sta succedendo? – ha esclamato perplesso il consigliere Fabio Cenerini – Lei a suo modo si applica e rappresenta delle persone (rivolgendosi al consigliere Caratozzolo) come fa poi a tornare indietro? Non è possibile che l’ufficio di presidenza scappi, se c’è un’incompatibilità del presidente ci sono gli altri! Le istituzioni sono una cosa seria e se non ne abbiamo rispetto la democrazia è finita!”.
“Ma lei si rende conto che il vulnus della questione è lei? – ha dichiarato la consigliera Federica Pecunia rivolgendosi direttamente al presidente del consiglio comunale Giulio Guerri – Lei deve prendere una decisione, se non è in grado di prenderla deve prendere atto che non può rivestire quel ruolo. Entro la prossima settimana risolva questa vicenda perché è vergognosa!”.
Insomma si è delineata una vera e propria richiesta di chiarimenti con il dito puntato in primis sul presidente del consiglio comunale Giulio Guerri.
A prendere la parola è stato uno dei protagonisti di questa vicenda, ovvero il consigliere Massimo Caratozzolo che ha deciso di ricostruire la vicenda, partendo da quel famoso accordo con l'allora candidato sindaco Pierluigi Peracchini sul quale solleva diversi dubbi: “Il mio gruppo (Per la nostra città con Giulio Guerri) ha fatto l’opposizione in maggioranza. Ho chiesto di spostare il gruppo al segretario generale, ho tentato anche di convocare più volte una riunione degli attivisti di Per la nostra città".
"Quando ho staccato la spina sono usciti tutti i problemi del mondo - ha proseguito il consigliere Massimo Caratozzolo - Sono stato disconosciuto da un consigliere (Giulio Guerri), ma può un capogruppo in un gruppo di due persone essere disconosciuto dall’altro? Va bene, allora vada nel Gruppo Misto. Il problema non è il logo, ma la dignità politica. Qualcosa non quadra: c’era un accordo con il sindaco o no? Se questo accordo non c’era e l’unico accordo era una poltrona è evidente che su questo io non mi ci voglio sporcare”.