I recenti referendum in Veneto e Lombardia hanno riacceso, nella nostra regione, il dibattito sull'autonomia dei porti. Una discussione molto interessante, che però va affrontata con serietà e in senso inclusivo.
Prima di tutto occorre fare un po' di storia. Il tentativo più concreto e recente di autonomia portuale, in Italia, riguarda proprio la Liguria: è stato avviato dal centrosinistra (a livello nazionale e locale) ed è stato affossato dal centrodestra e in particolar modo dalla Lega Nord. Nel 2006-2008, infatti, all'epoca del secondo Governo Prodi e della prima Giunta Burlando, venne messa in atto una prima applicazione di autonomia fiscale sperimentale per lo scalo di Vado, visto che si decise che il nuovo terminal contenitori sarebbe stato finanziato con l’extragettito Iva prodotto proprio in quel porto. Quando era tutto pronto per partire però il Governo Prodi cadde e appena la Giunta ligure andò a Roma per confrontarsi con il nuovo Esecutivo guidato da Berlusconi, il ministro Tremonti (molto vicino alla Lega Nord) bloccò tutto e preferì stanziare 300 milioni di euro pubblici, per non far passare il principio di autonomia. Di quella compagine di Governo, tra l’altro, faceva parte anche l’attuale assessore ligure Viale, prima proprio come sottosegretario al Tesoro con Tremonti e poi agli Interni con Maroni. Diciamo questo solo per rinfrescare la memoria a chi oggi parla di federalismo.
Ma, al di là delle questioni politiche, l'unico modo per realizzare una vera e proficua autonomia finanziaria dei porti è avviare un'autonomia di scopo, che consenta di finanziare, coi soldi delle tasse portuali, le opere e le infrastrutture di interesse nazionale che servono all'intero Paese, non solo al territorio in cui vengono realizzate.
La Liguria è un asse portante della portualità italiana e proprio per questo proponiamo che parte delle risorse generate dai suoi scali servano a finanziare il fondo infrastrutture previsto dal Governo, dando una priorità a opere importanti per il nostro territorio ma anche per l’intero Paese come la diga di Genova (per la quale servirebbe un commissario ad hoc come per il Terzo Valico), il raddoppio ferroviario di Andora, la Pontremolese e il tunnel della Fontanabuona. A questo si potrebbero unire anche le possibilità offerte del bando Cef Blending dell'Unione europea. L’idea è quella di un federalismo per unire e non per dividere. Fermo restando che la cosiddetta “autonomia di scopo dei porti” a cui la Liguria potrebbe aspirare, deve tenere conto che la programmazione portuale resta una prerogativa nazionale, come indica la recente riforma del sistema.
Presenteremo una mozione con questi contenuti, chiedendo l'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione che consente di attivare nuove risorse e opportunità per le Regioni, in un quadro di federalismo solidale, così come sta facendo l’Emilia Romagna. La strada è questa e per la Liguria è senza dubbio più utile di un referendum.
I consiglieri regionali del Pd Raffaella Paita, Giovanni Lunardon e Luca Garibaldi