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Violenza sulle donne, IDV vuole rivoluzione culturale

«I dati e le statistiche agghiaccianti sul femminicidio e più in generale sulle violenze alle donne indicano la necessità di una profonda revisione culturale che vada alle cause del fenomeno, diventato ormai una vera e propria emergenza sociale". Occorre iniziare a combattere fattivamente la difficile battaglia contro ogni tipo di stereotipo che produce germogli di violenza e che troppo spesso sfocia in tragiche manifestazioni di selvaggia ferocia contro tutte quelle donne che hanno il coraggio di scegliere strade differenti rispetto ai ruoli esclusivi della tradizione di mogli e di madri».

Così Maruska Piredda, capogruppo IdV in Regione Liguria e presidente dell'VIII commissione Pari opportunità, che questo pomeriggio parteciperà al convegno "Io ci sono" organizzato dall'assessorato regionale alle Politiche sociali e alle Pari opportunità alle Officine Solimano in Darsena a Savona, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra oggi in tutto il mondo. «Le quattordici ore di convegni, dibattiti e varie iniziative organizzate oggi a Savona sono il segno tangibile di quanto di possa dire, ma soprattutto fare sul piano culturale per estirpare alla radice i fenomeni di violenza sulle donne – commenta Piredda – Leggendo il fitto calendario di eventi che oggi vedono coinvolte istituzioni, politica e mondo dell'associazionismo mi sorge naturale rivolgere il pensiero all'impegno, proprio nella provincia di Savona, di Stefania Maritano, il vicesindaco di Borghetto, vittima della cieca violenza di un uomo che probabilmente non accettava di vedere la propria moglie in un ruolo attivo nella società e nella vita politica del proprio Comune. L'esempio di Stefania, che ha perso la vita per difendere la propria libertà di perseguire un impegno politico e professionale, deve fare riflettere. Così come dovrebbero farci riflettere i continui casi di violenza tra le mura domestiche contro donne di ogni età e classe sociale. A risolvere il problema non basta l'inasprimento delle pene introdotte dalla legge anti-femminicidio approvata di recente in Senato. Non è sufficiente pensare che la repressione dei reati diventi deterrente efficace agli stessi. Così si affronta il problema solo dalla fine, tralasciando l'analisi e quindi la prevenzione delle cause scatenanti. È invece indispensabile avviare progetti educativi, fin dalla scuola dell'infanzia, per scardinare gli stereotipi di genere che associano troppo spesso alle bambine prima e donne poi ruoli ingessati, da cui diventa difficile – e a volte impossibile – liberarsi, retaggi di una cultura distorta che nel nostro Paese, fino a non più di 30 anni fa, prevedeva assurde attenuanti per i delitti d'onore. In tal senso, ritengo un ottimo punto di partenza l'istituzione dell'Osservatorio regionale sulla violenza contro le donne promosso dall'assessore al Welfare Lorena Rambaudi e approvato venerdì in giunta. La Liguria, dove negli ultimi 10 anni si sono consumati 58 casi di femminicidio, ha tutte le carte in regola perché possa dare l'avvio a un progetto pilota di prevenzione alla violenza di genere. Le numerose e attive associazioni di volontariato, i centri anti-violenza e le associazioni femminili potranno essere coinvolte in un tavolo regionale di lavoro permanente che studi le disparità di genere e programmi un piano di prevenzione contro la violenza sulle donne. Creare una rete efficace per andare alla radice del problema, e quindi conoscerlo meglio, è la base necessaria per creare un sistema di welfare femminile orizzontale, che possa collaborare, nella prevenzione, anche con le forze dell'ordine e di pubblica sicurezza, concentrando gli sforzi nelle sacche di emergenza sociale con la collaborazione di tutti i soggetti che operano sul territorio. Infine, nell'analisi delle concause che generano violenza contro le donne, penso non si possa prescindere dallo studio della situazione di profonda disparità di genere di natura economica che oggi vige in Italia. Anche dall'abbattimento del gender pay gap, il differenziale salariale di genere, e da un più equo accesso al credito al milione e mezzo di imprese femminili in Italia – il numero più elevato d'Europa – penso possa nascere una nuova cultura di pari opportunità tra uomo e donna, che escluda a priori azioni discriminanti e violenze di genere».

 

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