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Camec, PD: "Il Comune intende disfarsi di un altro pezzo considerato non un valore per la città ma un orpello" In evidenza

"La pubblicazione dell'avviso per la valorizzazione del Camec è un altro disimpegno del Comune nella gestione della cultura"

Il comune vuole "spacciare" per una operazione di apertura quella che è di fatto l' ennesima misura di esternalizzazione di una componente importante dell'offerta culturale locale. Mentre in altri anni si era cominciato a sperimentare il Camec come luogo di partecipazione condivisa del tessuto artistico e degli operatori culturali locali, cercando di valorizzare la straordinaria ricchezza che esso presenta, maturata dagli anni del "premio del golfo" in poi, oggi il comune liquida questo patrimonio, delegando ad altri la programmazione e continuando a disinteressarsi della partecipazione e dell' insieme dei nostri artisti.

La pubblicazione dell'avviso per la valorizzazione del Camec è un altro disimpegno del Comune nella gestione della cultura, settore che peraltro non ha un assessore dedicato né un ente di gestione ormai da tempo.

Dopo la Dialma Ruggiero e il Centro Allende, il Comune intende disfarsi di un altro pezzo considerato non un valore per la città ma un orpello.

Da tempo il Camec va avanti alla giornata, senza un programma pluriennale, senza un progetto di valorizzazione e scambio delle collezioni pubbliche, con personale sempre più ridotto all'osso e orari ridotti. Dopo la stagione iniziale segnata da grandi esposizioni (Tinguely e Munari, Pistoletto, Matamoro, Shangai art museum), il Centro d'arte moderna e contemporanea vive da anni una profonda crisi proprio nel momento in cui città più vicine a noi, come Genova, Parma e Pisa, pur non dotate di una struttura di simili dimensioni, offrono grandi esposizioni che attraggono pubblico da tutta Italia.

Eppure partendo dalle collezioni pubbliche esistenti (Premio del Golfo, collezioni Cozzani e Battolini) si potrebbero offrire le stesse opportunità culturali in relazione anche alle presenze artistiche del territorio e in particolare delle Cinque Terre che, da Montale a Birolli, da Signorini a Marzulli, da Discovolo a Boetti, potrebbero intercettare quel turismo che sta invadendo le Cinque Terre senza trovare un solo riferimento culturale ed espositivo relativo a un territorio ricco di presenze storiche.

Quanto alla necessità di coinvolgere altri soggetti nella gestione della cultura, quella pare un'opportunità più che una rinuncia, a condizione che si consideri in primo luogo il valore pubblico dell'arte e delle collezioni comunali e quindi si punti alla ricerca di forme di gestione partecipate (ad esempio una fondazione a partecipazione) coinvolgendo soggetti che già operano nella cultura (come la Fondazione Carispezia, la Compagnia di San Paolo, la Provincia o altri) e soprattutto la Regione Liguria che invece di spot preelettorali potrebbe investire di più nella gestione delle strutture. Non a caso quella che è nata come la Mediateca Regionale, esistente in ogni regione d'Italia, nata con il contributo della Regione stessa e sorretta da specifica legge regionale, è stata lasciata esclusivamente in mano al Comune tradendo la sua missione strategica per la quale è stata ideata.

Perché la Regione Liguria partecipa alla gestione del Teatro Nazionale di Genova, di Palazzo Ducale o del Carlo Felice e non alla gestione del patrimonio culturale della città della Spezia inclusa la Mediateca Regionale?

 

Iacopo Montefiori 

Segretario provinciale PD La Spezia 

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