La crisi che stiamo vivendo non deve essere letta in termini puramente congiunturali. Essa non è il frutto di una debolezza intrinseca dell'Unione europea in quanto area economica aggregata: nel suo complesso l'Unione presenta indicatori economici ben più solidi di quelli vantati da altre macroregioni mondiali. Le carenze della governance europea, presenti fin dall'origine della sua costruzione, fanno sì che le debolezze dei singoli paesi prevalgano nella valutazione dei mercati rispetto alla forza dell'aggregato europeo e le divergenze tra i paesi sul processo e sulle soluzioni alla crisi aumentano la percezione di fragilità della costruzione.
La crisi è globale ma nell'Eurozona è stata aggravata dalla mancanza di coraggio e visione di lungo periodo e dal persistere di egoismi nazionalistici. Negli ultimi anni è venuta meno la spinta propulsiva che ha portato all'Unione monetaria, un'Unione che è l'inizio di un percorso di una più ampia integrazione e non il termine di un processo. L'ambizioso progetto avviato dopo la fine del secondo conflitto mondiale ha portato enormi vantaggi, in termini non solo economici, all'intero continente, consentendo di riunificare ciò che era diviso e di risolvere problemi di dimensione storica.
Perché tutto questo non venga vanificato, con evidenti risvolti sul benessere economico, sul nostro diffuso tessuto imprenditoriale e sulla stessa coesione sociale occorre una scossa: chiunque ha a cuore le sorti del nostro continente, delle sue famiglie, delle sue imprese e del suo modello di democrazia deve agire ora. Il Presidente Barroso, nel rispondere alla lettera inviata dalle Associazioni delle imprese italiane il 25 giugno scorso, ha pienamente condiviso questa analisi e le conseguenti proposte. Le imprese italiane hanno finora fatto enormi sacrifici, in termini sia di pressione fiscale che di riorganizzazione e recupero di competitività, per contribuire a superare la crisi economica: ma tutto questo non basta.
Per superare tale fase e assicurare un futuro di pace e benessere al nostro Paese e all'intera Unione europea, i cui destini sono inscindibilmente legati, è necessario puntare al raggiungimento di tre obiettivi fondamentali:
a) riaffermare con la forza e la concretezza delle azioni che, come sottolineato dal presidente della BCE, Mario Draghi, l'euro è un processo irreversibile e una moneta forte che sarà difesa ad ogni costo. La BCE è pronta a fare tutto il necessario per salvare la moneta unica e non si può immaginare che un Paese esca dall'Eurozona. Allo stesso tempo, però, occorre aver presente il monito formulato dallo stesso Draghi circa l'impossibilità per la BCE di supplire in maniera strutturale alle carenze della politica europea;
b) rilanciare la crescita in Italia e in Europa attraverso politiche coerenti e coordinate;
c) rafforzare ancor di più la credibilità dell'Italia in Europa.
Al fine di centrare tali obiettivi si deve agire con tempestività e simultaneità a livello europeo e italiano. Il Governo italiano sta già svolgendo una azione importante, diretta a realizzare le condizioni necessarie per sostenere la moneta unica e rilanciare la crescita.
In Europa bisogna creare le condizioni per realizzare una vera entità federale, che superi l'euroburocrazia e sia in grado di assumere una dimensione politica e una capacità di attuare una strategia di riforme di lungo corso, ma occorre soprattutto che le decisioni approvate nei Vertici trovino pronta attuazione. È quindi necessario:
- procedere decisi verso una vera Unione politica e fiscale attraverso un meccanismo di effettiva cessione di sovranità nel caso di mancato conseguimento degli obiettivi definiti dai Piani di stabilità, come previsto dal Fiscal Compact, che si accompagni a un rafforzamento democratico delle istituzioni europee;
- completare nel tempo più breve possibile tutte le procedure per la messa in opera dello scudo anti spread. Lo scudo va rafforzato attraverso la concessione al nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) della licenza bancaria e lasciando alle discrezionalità di autorità indipendenti la scelta di utilizzarlo o meno;
- prevedere una garanzia mutualistica su una determinata percentuale del debito pubblico esistente, affinché si aumenti la sostenibilità delle finanze pubbliche dei singoli stati e i paesi colpiti dalla speculazione finanziaria non vedano vanificati gli sforzi relativi al risanamento dei propri conti pubblici dall'aumento degli spread e quindi dei tassi di rifinanziamento;
- realizzare tempestivamente l'Unione bancaria e le condizioni per un migliore andamento del credito all'economia sulla base di tre pilastri: la creazione di un meccanismo di vigilanza che faccia riferimento alla BCE; l'armonizzazione delle regole (Basilea 3 e gli altri dossier attualmente in discussione) e della loro applicazione a livello dei singoli Stati; la definizione di uno schema di garanzia europea sui depositi bancari.
Su altro versante, e nella consapevolezza che non possono esservi stabilità finanziaria e risanamento dei debiti sovrani senza crescita economica, occorre affiancare agli interventi in campo finanziario tutte le misure utili a rilanciare la crescita e lo sviluppo economico, sostenendo il tessuto produttivo e la coesione sociale. L'Europa dovrà quindi farsi carico di una strategia coerente volta a:
- definire una politica economica e industriale europea maggiormente concordata tra i vari ministri delle attività produttive e tra associazioni di categoria e Commissari europei competenti, rafforzando l'azione avviata con la nuova impostazione di "Europa 2020" e una politica europea sugli aiuti di Stato equilibrata e sostenibile in termini di finanze pubbliche nazionali; nell'ambito di tale politica andranno attivate congrue risorse europee e nazionali per gli investimenti in ricerca e innovazione delle imprese;
- definire i possibili contorni di una deroga ("Golden rule") al Patto di stabilità e crescita, per stimolare la realizzazione di investimenti strategici a livelli europeo;
- assicurare un'efficace declinazione delle iniziative concordate a livello europeo e soprattutto un pieno coordinamento e collaborazione da parte degli Stati membri per la realizzazione degli interventi a livello nazionale diretti a favorire gli investimenti in ricerca e Innovazione delle imprese;
- implementare un piano pluriennale europeo di infrastrutture, anche grazie all'ausilio dei project bonds e degli investimenti della BEI;
- favorire un pieno ed efficace utilizzo delle risorse che il Bilancio dell'Unione destina allo sviluppo, a partire dai fondi strutturali europei;
- definire una politica energetica europea di lunga durata che garantisca prezzi sostenibili e sicurezza degli approvvigionamenti.
In Italia è necessario adottare ulteriori riforme strutturali in grado di consolidare la credibilità del Paese e favorire la ripresa della competitività. L'Italia rappresenta a tutt'oggi la seconda piattaforma industriale d'Europa, e ha fondamentali ben più solidi di quelli che le vengono comunemente accreditati.
Occorre creare un nuovo clima sociale che favorisca la cooperazione attiva e fattiva tra parti sociali e tra queste e il Governo e le forze politiche. Non vi è soluzione ai nostri problemi se non saremo in grado di affrontarli con logiche e soluzioni del tutto diverse rispetto al passato.
È stato fatto molto, ma molto ancora resta da fare; perciò l'azione avviata è tutt'altro che compiuta.
Le imprese italiane incoraggiano il Governo Monti a non desistere dal portare avanti, nella rimanente parte di questa legislatura, l'azione riformatrice già disegnata e a completare il difficile compito a cui è stato chiamato dall'intero Paese. Riaffermare questo impegno è necessario ogni giorno di più.
Ma è soprattutto necessario prendere atto che le incertezze circa il percorso che il risanamento effettuato seguirà nel prossimo lustro impediscono di beneficiare nel breve termine dei frutti che le riforme già realizzate avrebbero potuto e potrebbero generare. In questo contesto non è più rinviabile – come richiesto autorevolmente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – una riforma condivisa del sistema elettorale.
E' dunque urgente che i partiti che si sono meritoriamente assunti la responsabilità di sostenere il Governo Monti in primo luogo, ma anche tutti coloro i quali si candidano a governare il Paese, (ri)affermino in maniera solenne e congiunta l'adesione a pochi principi chiari e si impegnino, a rispettarli:
a) Risanamento dei conti pubblici (controllo dei flussi – riduzione strutturale della spesa corrente): non è sufficiente affermare in termini generici che occorre proseguire sulla strada del rigore, è invece necessario ribadire esplicitamente che nel periodo coperto dal Documento di economia e finanza recentemente varato (2012-15), e anche dopo, saranno perseguiti e conseguiti i saldi di finanza pubblica previsti e concordati con l'Europa, valutati in termini strutturali e quindi al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una-tantum.
È poi essenziale che diventi una prassi periodica normale l'azione, avviata di recente, di revisione della spesa pubblica al fine di individuare ed eliminare sprechi e inefficienze, nonché di riconsiderare la continuazione di programmi di spesa non più attuali.
b) Risanamento dei conti pubblici (controllo degli stock - ritmo di riduzione del rapporto debito/pil): essendo il controllo del deficit finalizzato, in ultima analisi, a garantire un'adeguata dinamica del rapporto debito/pil, va garantito in ogni caso che alla fine del 2015 tale rapporto venga ridotto, cumulativamente e rispetto al 2012, di un ammontare congruo con la regola "cosiddetta di 1/20" ribadita dal Fiscal Compact recentemente ratificato anche in sede nazionale e che scatterà ufficialmente dal 2016.
Per evitare che il risanamento faccia leva esclusivamente su aumenti di tassazione e riduzioni di spese, si dovrà definire con tempestività un piano di dismissione e valorizzazione di asset pubblici tale che alla fine del 2015 sia garantita una riduzione del rapporto debito/pil di 9 punti percentuali rispetto al 2012 (circa 3 punti di riduzione all'anno, come previsto dalla regola di cui sopra). Essenziali, ai fini del risanamento dei conti pubblici sono poi misure dirette a rilanciare la crescita.
Affinché il piano di dismissioni sia effettivamente realizzabile, dovranno essere riviste le regole amministrative per consentire la piena valorizzazione economica del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico.
c) Ripensare il ruolo dello Stato in economia: occorre andare oltre i risparmi di spesa - beninteso opportuni e necessari - e ridefinire in modo organico e non episodico lo stesso ruolo del settore pubblico nella produzione di tanti servizi che, sia a livello nazionale che locale, potrebbero essere erogati in modi più efficienti dal mercato. In altri termini, la sfida da affrontare è ridisegnare il perimetro di azione dello Stato e della Pubblica amministrazione nell'economia e nel sistema del welfare.
Cruciale resta il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale: il rapporto tra Stato e contribuente va ridefinito per generare un quadro di relazioni più positive e di discredito sociale dell'evasione. Vanno altresì abbandonate definitivamente tutte le ipotesi - di evidente impatto recessivo - di ulteriori incrementi di pressione fiscale. Al contrario, una frazione cospicua delle maggiori risorse derivanti dalla riduzione della spesa pubblica e dal contrasto all'evasione e all'elusione deve essere destinata, con certezza e adeguata programmazione preventiva, alla riduzione delle aliquote legali dei principali tributi. La delega fiscale recentemente presentata in Parlamento, che prevede importanti principi in materia di semplificazione e certezza normativa, deve avere un veloce percorso di approvazione, in modo che i decreti legislativi di attuazione possano essere emanati entro la fine dell'anno e entrare in vigore il primo gennaio del prossimo anno. Occorre infine approvare la direttiva europea sui pagamenti e far si che la Pubblica Amministrazione la rispetti rigorosamente.
Sul fronte della crescita, ci si dovrà in particolare concentrare su:
- Innovazione e produttività. Per riportare l'Italia sulla strada di una maggiore crescita si deve puntare su politiche di sostegno all'imprenditorialità, attraverso la valorizzazione del patrimonio diffuso di impresa, dei nostri asset produttivi nell'ambito della catena globale del valore, della innovazione distintiva delle nostre produzioni, nel manifatturiero, nell'agricoltura, nell'agroalimentare, nel turismo, nella cultura e nell'ambiente, che dovranno essere sostenute con adeguate politiche di incentivazione basate su valutazioni ex ante ed ex post di efficacia e che prevedano la combinazione di strumenti strutturali fiscali e automatici con strumenti selettivi. Si dovrà aumentare la produttività di tutti i fattori, ridurre il cuneo fiscale e contributivo, collegare strettamente incrementi retributivi e incrementi di produttività rafforzando e rendendo strutturale la detassazione delle erogazioni per premi e straordinari.
Si tratta con tutta evidenza di porsi l'obiettivo di definire una nuova matrice dei rapporti tra capitale e lavoro, dove il comune obiettivo del risultato aziendale, faccia premio su ogni contrapposizione ideologica.
Serve anche una maggiore collaborazione tra le imprese, anche attraverso il contratto di rete che va rafforzato ed incentivato. Ciò potrà favorire anche un migliore rapporto con le imprese bancarie.
- Liberalizzazione e semplificazione. Per incrementare la produttività è indispensabile creare un ambiente favorevole all'impresa e puntare sulla concorrenza, rimuovendo i fattori che la ostacolano. Tra questi vi è una regolazione elefantiaca e inefficiente dello Stato in economia: una burocrazia soffocante, e la lentezza della macchina giudiziaria. Si deve puntare a combattere la cattiva burocrazia e a semplificare i rapporti tra imprese e PA, partendo dalla revisione delle regole - complesse, contraddittorie e incerte – uniformandole agli standard europei per finire con i comportamenti di chi è chiamato ad attuarle, con l'obiettivo di eliminare gli ostacoli agli investimenti privati e all'attrazione di investitori e capitali esteri.
- Politica economica e infrastrutturale. Serve una politica economica focalizzata su pochi chiari obiettivi, coerenti con quelli concordati in ambito comunitario. Occorre anche delineare un programma nazionale delle infrastrutture più strettamente collegato alla pianificazione infrastrutturale europea e più attento alle esigenze locali di integrazione con le reti nazionali e internazionali. Una robusta accelerazione nell'utilizzo dei fondi strutturali europei, ed una loro eventuale riprogrammazione, possono mettere a disposizione di tali politiche parte delle risorse necessarie.
E' giunto il tempo delle azioni. La crisi che oggi viviamo è una crisi di fiducia nei confronti dell'Unione europea come entità politica e economica. Non è semplicemente la sommatoria delle difficoltà di alcuni dei suoi paesi membri. Per questo la risposta deve essere politica, europea ed unitaria, e andare nel senso di una scelta federale.
Alfredo Toti, Presidente Confartigianato La Spezia, portavoce Rete Imprese Italia
Gianfranco Bianchi, Presidente Confcommercio La Spezia
Claudio Pomodoro, Presidente Cna La Spezia
Roberto Ferrarini, Presidente Confesercenti La Spezia