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Porto della Spezia, Avena: "Un modello vincente che però ora merita di essere ripensato" In evidenza

Le riflessioni del Segretario Generale Associazioni del Porto della Spezia alla luce degli investimenti delle compagnie e dei progetti di riforma sulle autonomie.

Il destino dei porti italiani oscilla tra la proposta di legge sulle autonomie differenziate e i forti investimenti di multinazionali private.

E’ questo in sostanza il paradosso, oggi più tangibile alla luce delle recenti acquisizioni, quella del Gruppo Aponte MSC su Livorno e quella di Hapag-Lloyd su Genova, che rischia di pregiudicare la credibilità del nostro sistema portuale, riferimento per il solo traffico container per oltre 11 milioni di Teu annualmente importati ed esportati nel e dal nostro Paese.

E’ dunque un ruolo, quello dei porti, fondamentale, e sempre più strategico, nel sistema economico italiano e internazionale, come dimostra il crescente interesse da parte delle compagnie di navigazione non solo per politiche volte all’integrazione verticale della catena logistica, ma anche, e direi soprattutto, per il potere di “condizionamento” che si può esercitare nella gestione di un hub portuale e la filiera logistica.

Per questi motivi si può provare ad azzardare che oggi il destino di un porto, della sua economia, dell’occupazione diretta e indiretta, dello sviluppo e della ricchezza del territorio che lo ospita, del contributo logistico che può servire al Paese e tanto altro, destino che è concentrato in pochi operatori privati che, come giusto che sia, seguono logiche e obiettivi di profitto per remunerare i loro investimenti.

E fin qui tutto è riconducibile alle corrette dinamiche che regolano le economie di mercato in un sistema liberale e democratico, per cui c’è davvero poco da eccepire se queste azioni sono un motore di crescita e di sviluppo.

Ma la questione assumerebbe i connotati ben diversi se queste azioni potessero avvantaggiare, all’interno del sistema, un porto a discapito di un altro, senza acquisire nuovi mercati e quindi nuovi traffici per la logistica Italiana.

Sotto questo profilo diventa dunque fondamentale per un porto - e nel caso di questa mia analisi mi riferisco al porto che conosco meglio, quello della Spezia - attivare tutte le leve possibili per rendersi competitivo e assicurare quel valore aggiunto nell’offerta dei servizi alla merce, nella logistica e nei trasporti, per concorrere con gli altri sistemi ma soprattutto per diventare un riferimento credibile, efficiente e concorrenziale per le compagnie e per le merci.

Il Porto commerciale della Spezia, baricentrico fra i sistemi portuali di Genova e Livorno, è un porto gateway ben connesso con i mercati interni nel nord Italia grazie soprattutto alle infrastrutture stradali e ferroviarie, un porto che ha investito in anticipo e molto nella informatizzazione dei processi operativi e nelle politiche green, un porto riconosciuto strategico nell’ambito delle reti europee Ten-T nelle quali è di recente entrato anche il retroporto di Santo Stefano Magra.

Tutto questo però oggi non basta più. E’ invero necessaria una “new deal” un nuovo corso, indispensabile per mantenere e se possibile aumentare le potenzialità dello scalo mercantile, operazione possibile solo attraverso una decisa e condivisa sinergia fra operatori, forze sociali e sistema pubblico, ovvero ADSP ed Enti pubblici Locali.

Ma se da un lato il mercato richiede uno sforzo significativo per il porto e la città, dall’altro ci troviamo di fronte a una proposta di legge, quella sulle autonomie differenziate, che è in evidente contraddizione e in contrasto con le dinamiche dei mercati globali che, come detto, richiedono invece un’attenzione diversa, quella dell’interesse nazionale del sistema Paese.

E’ infatti fondamentale, oggi più che mai, che gli hub portuali continuino ad essere sotto la regia e il controllo del sistema pubblico, quindi dello Stato, evitando che strutture strategiche per la logistica e per l’economia del Paese finiscano sotto il controllo e la gestione delle autonomie locali regionali. 

Un conto sono i gettiti erariali che possono anche essere ridistribuiti ai territori secondo logiche diverse, altro è ipotizzare la regionalizzazione degli scali commerciali secondo principi che regolano le autonomie previste nella proposta di legge.

Il rischio è reale e richiede per questo la massima attenzione perché questo combinato disposto potrebbe creare situazioni e dinamiche che spaccherebbero il Paese, con dal un lato conseguenti danni sociali ed economici e dall’altro la fuga di operatori e compagnie che investirebbero in territori con hub e scali “più interessanti”, magari anche in altri Paesi. Non va mai dimenticato che gli imprenditori, come le compagnie di navigazione, per investire hanno bisogno non solo di certezze ma che siano garantite nel tempo!


Salvatore Avena
Segretario Generale Associazioni del Porto della Spezia 

 

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