Via libera alla cannabis a tavola con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto che fissa i limiti massimi di tetraidrocannabinolo (THC) negli alimenti, dando finalmente risposte anche alle molte imprese liguri che hanno investito nella coltivazione di questo tipo di pianta, con i terreni coltivati che, a livello nazionale nel giro di cinque anni, sono aumentati di dieci volte dai 400 ettari del 2013 a quasi 4000 nel 2018.
Lo rende noto Coldiretti Liguria nel sottolineare che il decreto del Ministero della Salute stabilisce, in particolare, che il limite massimo di Thc per i semi di cannabis sativa, la farina ottenuta da semi e gli integratori contenenti alimenti derivati è di 2 milligrammi per chilo, mentre per l'olio ottenuto da semi è di 5 milligrammi per chilo.
Il settore della Cannabis Sativa in Liguria ha preso piede soprattutto nelle zone a più alta vocazione floricola, le quali stanno sperimentando le grandissime potenzialità di questa coltura, coltivata nel pieno rispetto delle regole, che può contribuire allo sviluppo del territorio e facilitare quella modernizzazione che si richiede al comparto, riducendone notevolmente la dipendenza dall'estero.
"Questa pubblicazione – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa - fa chiarezza su un settore che negli ultimi anni ha visto un vero e proprio boom anche nella nostra regione, dove le imprese, nonostante il clima di incertezza che aleggiava, hanno comunque continuato ad investire su una pianta che molto bene si è adattata al nostro clima al nostro territorio, permettendo di avere rese significative".
"La cannabis coltivata in Liguria è un prodotto che punta sulla qualità delle infiorescenze, dalle quelli si producono principalmente estratti, oli aromatici, prodotti cosmetici, alimentari, che sfruttano tutte le caratteristiche positive contenute nei cannabinoidi, componenti nobili della pianta, che, al contrario del thc, possiedono proprietà che possono rispondere a diversi utilizzi. Ed è per questo, che ora serve un analogo intervento legislativo per regolamentare una volta per tutte anche il settore che coinvolge la commercializzazione dei derivati della cannabis sativa nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali, dopo la sentenza restrittiva emessa a fine maggio dalle Sezioni Unite della Cassazione sui limiti della legge 242 del 2016".