Era un mattino di primavera del 1480 e tre pescatori fecero una miracolosa scoperta: nei pressi di uno scoglio trovarono un quadro formato da tre tavole dipinte raffiguranti due immagini della Madonna col Bambino. Al centro, in alto, una colomba simboleggia la presenza dello Spirito Santo; a destra la Vergine è è circondata da angeli, richiamando l’invocazione delle Litanie Regina degli Angeli, mentre a sinistra tiene in mano una rosa, ricordando così l’invocazione Rosa Mistica e il Bambino mostra la scritta: Madre mia, io son contento, purchè lo peccator si penta. Da subito, la popolazione ha accolto il ritrovamento del quadro come un segnale. C’è la tradizione, in questo racconto, perché non sappiamo se sia stata veramente una mattina di primavera, nota poetica e senza dubbio il quadro è arrivato lì senza particolari misteri, ma è storia che fosse il 1480 e che i tre pescatori, Ambrogio Giacopello, Francesco Colotto e Pietro Muzio trovarono il quadro, come documenta la scritta ben visibile nella parte inferiore del quadro, che ancora oggi è ben conservato nella chiesa di San Francesco.
Benchè fosse dunque evidente che le tre tavole appartenevano ad una nave naufragata, la popolazione accolse il fatto come un prodigio, fino a sentirsi investita di un onore importante, per essere stati scelta dalla provvidenza come custode di un oggetto così prezioso.
La devozione fu talmente forte che fu edificata una chiesa, dedicata alla Madonna di Maralunga, che divenne il centro della devozione mariana dei lericini e dove affluivano quotidianamente quanti volevano pregare e ringraziare: l’altare dedicato alla Madonna nella chiesa principale risultava, per questo motivo, spoglio e non adornato.
La Madonna venuta dal mare ebbe, fin da subito, la devozione e l’affetto di tutta la cittadinanza, ma, in particolare, le furono devoti marinai, pescatori e naviganti, e fu proprio nella chiesa di Maralunga che, nel 1629, fu costituita la Confraternita di Sant’Erasmo, Opera, Padroni e Marinai. Inoltre, nel 1629, fu firmata una convenzione con il Priore del Monastero della SS. Annunziata di Maralunga, per seppellire i marinai defunti nella chiesa e celebrare le Sante Messe di Suffragio periodicamente durante l’anno.
Alla fine del ‘700 le cose cambiarono, perché fu ordinata la soppressione dei conventi, così i frati agostiniani lasciarono Maralunga e il quadro fu portato, nel febbraio del 1799, nella chiesa parrocchiale, da dove ripartì l’anno dopo per tornare, in solenne processione, nel suo Santuario (a questo punto era stata riaperta la chiesa). Fu nel 1810 che tornò definitivamente alla chiesa di Lerici, dove venne allestita l’apposita cappella- santuario.
La chiesa di Maralunga, nel 1810, venne abbandonata definitivamente: era situata tra gli scogli, sul lido del mare, era dotata di una campana, ricavata da una bombata di bronzo regalata al Priore del convento dai Consiglieri Comunali di Lerici; la campana doveva essere suonata in tempo di burrasca, affinché i marinai potessero rientrare in porto.
Nel 1939, venne edificata la nuova chiesetta, per volontà del Comm. Gervasio Pellegrino Carpanini, sorta poco lontano da dove era costruita l’originale, ma comunque dedicata alla Madonna di Maralunga.
Nei secoli la devozione dei lericini per la 'loro' Madonna è stata sempre forte, e dove non arriva la fede arriva comunque la tradizione, di riconoscere quell’icona come propria: ogni abitato ha una riproduzione in terracotta del quadro e ad ogni nuova abitazione ne viene fatto dono ancora oggi.
Alla Madonna di Maralunga sono dedicate preghiere, canti e poesie; i lericini la festeggiano ogni anno come Patrona del Paese, insieme a Sant’Erasmo: “Ad entrambi- racconta Bernardo Ratti, presidente della Società Marittima di Mutuo Soccorso- sono stati dedicati innumerevoli ex voto, da naviganti che, in ogni parte del mondo, hanno superato momenti di difficoltà in mare”. Gli ex voto, per molto tempo, hanno adornato l'altare nella chiesa di San Francesco; in seguito sono stati spostati in San Rocco ed oggi sono conservati nell'Oratorio di San Bernardino.
Anche quest’anno, il 25 marzo, la cittadinanza ricorderà 'quella mattina di primavera', che sia per tradizione o per fede. Da un lato troveremo in quasi ogni casa la torta di granfarro e la torta di riso, salata o dolce e per tutta Lerici ci sarà la Fiera (che proseguirà il 26 marzo), con banchetti gastronomici e stand con i prodotti più disparati.
LA RICETTA DELLA TORTA DI GRANFARRO
"TORTE DE GRANFARO" PE A MADONA
250 g di "Granfaro" (farro Spelta) 5
6 Cucchiai di Olio extravergine di oliva ligure
5 Uova
1 Bicchiere di latte
Pepe abbondante
Sale
Sfoglia: Farina; 2 cucchiai d'olio (meglio di semi); acqua; sale
fale bollire il "granfaro" in acqua salata per 40 minuti (se messo a bagno la sera precedente, bastano 30 minuti). Cotto il granfaro, colarlo, metterlo in un recipiente, ed aggiungere allo stesso tutti gli ingredienti .
Stendere la sfoglia (lavorata una mezz'ora prima), metterla nella pirofila unta precedentemente. Sfoglia abbondante (oltre i bordi) in modo che raccolga completamente il composto che va versato nella pirofila. Coprire parzialmente il "granfaro" con la sfoglia esterna (anche se uscisse un po' d'uovo è lo stesso). Mettere la torta in forno a temperatura moderata. Togliere quando è colorita ramata)
Per la ricetta si ringrazia Bernardo Ratti
Immagine nel testo: Brigantino a Palo lericino "Figogna". Cap. Agostino Landini. Ee voto Chiesa parrocchiale. Scampato ad Uragano nell'Oceano Indiano al largo dell'Isola Reunion. Seconda metà dell'800. (Società Marittima di Mutuo Soccorso).
Fonte storica: Lerici e le sue chiese, Piero Colotto ed. Agis Editrice- Genova