Lunedì 28 novembre, alle ore 18.00, Luca Scarlini, scrittore e storyteller, e Lucilla Saccà, docente di Storia dell'Arte Contemporanea all'Università di Firenze, presenteranno l'incontro: "Il teatro delle mostre: incroci e percorsi tra arte e spettacolo a Firenze tra anni '60 e anni '70".
Lunedì 5 dicembre, sempre alle ore 18.00, sarà la volta della presentazione del libro "Ketty La Rocca. Nuovi studi" (Postmedia Books, 2015), a cura di Francesca Gallo e Raffaella Perna (Università La Sapienza, Roma). All'incontro saranno presenti le autrici assieme a Michelangelo Vasta, docente universitario e figlio di Ketty La Rocca.
I due incontri saranno arricchiti dalla proiezione di fotografie, immagini e alcuni video tratti dalla produzione multimediale di Ketty La Rocca.
Ketty La Rocca, una delle protagoniste della neoavanguardia italiana, nasce alla Spezia il 14 luglio 1938 e si spegne a Firenze il 7 febbraio 1976. Registrata all'anagrafe con il nome Gaetana – nome che definirà "una vergogna" e inadeguato per lo spazio operativo dell'arte, come riporta Carlotta Sylos Calò in un articolo recente di Doppiozero –, si trasferisce a Firenze nel 1956, all'indomani degli studi magistrali, dove inizia a frequentare l'ambiente della poesia visiva fiorentina del Gruppo '70 realizzando collage basati sul rapporto tra immagine mediatica e parola.
La Rocca si indirizza alle ricerche verbo-visuali con l'obiettivo di ribaltare gli stereotipi del linguaggio, evidenziando una precoce attenzione per la condizione femminile: crea collage di parole e fotografie riprese da giornali e rotocalchi, in cui l'immagine della donna è uno dei temi più frequentemente affrontati, ribattendo, con le stesse armi, al bombardamento di immagini e messaggi della civiltà di massa.
Presto accompagna alla produzione dei collage l'adozione di altre tecniche e l'esecuzione di performance incentrate sul tema del corpo e del gesto: sempre nell'ottica dei limiti del linguaggio iconico e di quello verbale, intende sovvertirli entrambi. Il suo obiettivo è coerente a quello delle neoavanguardie internazionali: guardare al presente, e implicitamente criticarlo, usando i suoi stessi mezzi per creare immagini ironiche o incriminanti, alla ricerca di nuove catene semiologiche ed esperienziali.
All'inizio degli anni Settanta l'artista si concentra sul linguaggio dei gesti attraverso pratiche e media diversi: fotografia, video, performance, libro d'artista. La fotografia, in particolare, diventa per La Rocca il mezzo privilegiato, mai neutrale, capace, come la parola, di fornire diversi livelli di lettura; lo strumento adeguato alla «lenta rievocazione della funzione del vedere libera da pregiudizi su ciò che è reale» che l'artista ricerca.
Nel 1972 è invitata alla XXXV Biennale di Venezia, e da questo momento il suo lavoro ottiene un'ampia visibilità nazionale e internazionale. Nel 1978 le viene dedicata una mostra retrospettiva sempre nell'ambito della Biennale di Venezia. Le sue opere sono oggi conservate in numerose collezioni di musei e fondazioni, tra cui il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART), il Museo nazionale delle Arti del XXI secolo (MAXXI), il Museo Novecento a Firenze e le Gallerie d'Italia a Milano. Negli ultimi anni i suoi lavori sono stati inclusi in alcune importanti mostre dedicate ai rapporti tra arte e femminismo, in particolare Wack! Art and Feminist Revolution al MOCA di Los Angeles (2007) e Donna: avanguardia femminista negli anni '70 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (2010).