Gli artisti, tutti ben noti e da lungo tempo impegnati nella ricerca artistica, hanno interpretato con distinti linguaggi la complessità del sociale (la città, la persona, il disagio, la pace, il lavoro, l'integrazione, l'emarginazione, ecc.), richiamando nel contempo la più ampia relazione intercorrente fra "arte e società", tema vastissimo, teorizzato ripetutamente da filosofi, sociologi e, ovviamente, dalla più attenta critica d'arte.
Il curatore della rassegna Valerio P.Cremolini nella sua introduzione ha ripercorso l'evoluzione di tale rapporto, concretizzato dagli artisti attraverso opere emblematiche, dense contenuto e di veri e propri messaggi di civiltà, che motivano la risposta positiva alla domanda se l'arte si sia davvero posta come un valore sociale reale, pur nel continuo succedersi delle tendenze artistiche.
Soprattutto negli anni vicini al secondo dopoguerra, che sono, tra l'altro, gli anni del boom economico, dell'espansione differenziata del consumismo, della più o meno silenziosa conflittualità tra varie nazioni, del divario, sempre più accentuato, fra ricchezza e povertà, gli artisti non hanno disatteso le loro responsabilità sociali evidenziando tali temi in lavori, anche provocatori, utilizzando talvolta inattesi materiali, suscitando atteggiamenti contrastanti. D'altronde, isolare l'artista e le sue opere dal contesto sociale sarebbe un gravissimo errore, poiché "1'arte non è il prodotto di un atteggiamento contemplativo che si limita ad accettare le cose passivamente. L'arte non vuole neutralità: l'arte è strettamente legata all'uomo in quanto uomo". Questa affermazione di Arnold Hauser conduce a considerare l'artista come un normalissimo essere sociale che si realizza radicandosi nella realtà in cui egli vive, creando per sé e per gli altri. È sempre il celebre storico dell'arte ungherese a paragonare l'opera d'arte simile "a una finestra che permette uno sguardo sul mondo e che ora non pretende per se alcuna attenzione, ora invece la pretende tutta". È necessario mantenere sempre dinamico il rapporto fra l'arte e il territorio, tema puntualmente sottolineato negli interventi del sindaco Massimo Federici e dell'assessore Luca Basile, in modo da realizzare proficue relazione tra gli artisti e la città, che deve considerarli autorevoli voci del suo sviluppo culturale. In particolare, prosecutori della ricca tradizione artistica che accredita alla Spezia un ruolo assolutamente non marginale, oggi ancor più valorizzato dalla prestigiosa rete museale che la caratterizza. L'arte isolata dalla società non ha futuro, ed è inevitabile che essa trovi il suo sbocco naturale rivolgendosi al sociale per parlare attraverso le testimonianze pittoriche, scultoree, grafiche, e non solo, che si succedono nel tempo. Testimonianze accreditate di maggiore valore, soprattutto in funzione della loro persistente attualità. A tal riguardo sono senza tempo – ha affermato Cremolini - alcuni espressivi dipinti, che posseggono realmente il requisito dell'eternità, realizzati da celebri artisti (Giacomo Ceruti, Francisco Goya, Théodore Géricault, Gustave Courbet, Vincent Van Gogh, Pelizza da Volpedo, Pablo Picasso, ecc.), che hanno magistralmente elaborato varie condizioni sociali, incarnando posizioni di protesta rivolte a ben precisi interlocutori. La pregevole collettiva "Sguardi sul sociale", che si è avvalsa del particolare impegno di Luca Mastrosimone e Marco Imberciadori, ha certamente il merito di unire verità e bellezza e di stimolare riflessioni su diverse situazioni. Pittori e scultori hanno coralmente comunicato sentimenti di pace, di amore, di giustizia, di uguaglianza, di accoglienza e di sincera solidarietà. Ecco che l'arte, continua a proporsi come ambito formativo ed educativo, aperta a sostenere in nome dei valori umani le sfide esistenziali, che uomini e donne devono affrontare nella loro quotidianità. Non è allora vaga l'esortazione ad osservare la realtà che ci circonda con atteggiamenti sempre più partecipativi.