C’è stato un momento in cui la Riviera romagnola è stata l’epicentro dell’hip hop in Italia. Niente cellulari nella tuta gold. Né jeans Amiri o Richard Mille al polso. Ma, soprattutto, niente autotune a dopare il flow. Eppure tutto quel mondo urban-patinato, che oggi monopolizza le classifiche a suon di bitch e money – scolpendo l’immaginario e l’estetica della gen Z – ha una radice comune.
Il crocevia porta un nome iconico e coordinate piuttosto precise sulla carta geografica: Rimini. La west coast italiana, con le sue lunghe spiagge e i locali alla moda, a cavallo degli anni ’80 e ’90 diventa luogo fertile per molte contaminazioni e cambia per sempre l’underground italiano.
Parola di Booliron, il docufilm dell’esordiente Francesco “Kambo” Figliola, che in 75 minuti prova a tratteggiare proprio le radici di quel mondo. "Questa non è la storia dell’hip hop però - precisano al Cinema Il Nuovo - è l’insieme di tante storie che nascono in riviera e che hanno ispirato e influenzato con una forte accelerazione l’arte, la musica, la danza e la cultura più innovativa in Italia”.
Booliron, ispirandosi ad uno dei pezzi più iconici della scena riminese, ha un significato preciso. Perché in dialetto romagnolo il bulirone, “buliron”, è proprio il caos. In questo caso un caos creativo. E come per il film simbolo di Fellini, Amarcord, può raccogliere molti significati onirici e intercambiabili. Significa unire alla rinfusa oggetti e contesti, ma rappresenta anche situazioni esplosive, torbide e voci concitate.
Il docufilm di Figliola viene presentato al Nuovo La Spezia da Lunedi 7 a Mercoledi 9 tutte le sere alle ore 19.30