Il film alla sala Odeon Giovedi 24 Novembre alle ore 21.00, ospiti il regista e l'attore Giorgi Colangeli prodotto da Magnet Films e distribuito da Azimut Distribution, racconta di Nino, regista settantenne ormai sul viale del tramonto che, nel tentativo di scrivere il suo nuovo film, si perde in un delirio artistico e personale, in cui i ricordi e i personaggi di una vita si mescolano a quelli della storia che vuole raccontare, generando in lui un cortocircuito in cui non riesce più a distinguere tra verità e finzione.
E' lo stesso regista e sceneggiatore Giovanni Basso a raccontarci la genesi del progetto: "Ho scritto questa storia con l'idea di portare sul grande schermo un personaggio estremo, unico, che potesse racchiudere in sé tutte le preoccupazioni, i deliri, le paure, le angosce di un presente e un futuro incerti. Da questa spinta creativa è nata l’idea del film, che non è altro che una metafora sull’arte e sulla vita, sulla volontà di noi tutti di poter creare, di sentirci liberi e vivi, compresi in un mondo ostico e difficile, a noi tutti spesso avverso. Ho sviluppato il personaggio di Nino pensando a un solo attore, Giorgio Colangeli, cui ho inviato la sceneggiatura temendo fosse rifiutata. Dopo neanche 24 ore Giorgio mi ha telefonato dicendo che voleva fare il film. Mindemic (Opera Zero) è nato quel giorno."
Il progetto alla base di Mindemic (Opera Zero) è iniziato con l’esigenza di realizzare una produzione che sfruttasse appieno le attuali nuove tecnologie di ripresa messe a disposizione sul mercato. Il regista Giovanni Basso ha fatto diversi studi sulla possibilità di realizzare un’opera cinematografica interamente con un telefono, con l’obiettivo però di ottenere un’immagine che non avesse nulla da invidiare alla classica pasta cinematografica.
Dopo diversi test, il regista ha deciso di lavorare con un telefono Iphone cui ha attaccato una lente anamorfica americana adattata al sensore mobile. Questo gli ha permesso di avere grande libertà e agilità di ripresa, in uno spazio, un appartamento romano, che non avrebbe offerto grandi possibilità alle dimensioni di una cinepresa con delle ottiche anamorfiche tradizionali. La maggior parte delle inquadrature presenti nel film, infatti, sono state possibili proprio in virtù di questa scelta tecnico-artistica. Sotto un punto di vista compositivo, questa scelta ha permesso di esaltare l’isolamento del protagonista, Nino, all’interno del frame, aumentando la sensazione di alienamento.