Nativo di Montpellier, devoto fin dall'infanzia alla Vergine Maria e a San Francesco - sulla vita del quale la sua biografia sembra modellata - a circa vent'anni, donata ai poveri la ricca eredità dei genitori, intraprese un pellegrinaggio verso Roma - lungo la via Francigena - passando certamente da Luni e sostando a Trebbiano.
Ciò avvenne durante l'epidemia di peste che investì l'Italia negli anni 1367 e 1368, e Rocco deviò più volte dal suo itinerario per soccorrere i contagiati anziché evitare i luoghi in cui il morbo infuriava. E talora procurando miracolose guarigioni.
Giunto a Roma, vi rimase tre anni curando gli ammalati all'Ospedale di Santo Spirito ed incontrando il Papa.
Poi ripartì da Roma per ritornare a Montpellier, toccando varie città d'Italia e ovunque soffermandosi per assistere gli ammalati, in particolare quelli che venivano abbandonati perfino dai familiari.
A Piacenza contrasse egli stesso la peste.
Allora, per non mettere a rischio altre persone, si trascinò fino a una capanna lungo il fiume Trebbia rimanendo in quarantena.
Una volta guarito - ripresa l'assistenza della gente piacentina - ripartì poi per la natia Montpellier.
Arrivato però a Voghera, con le sembianze di un mendicante straniero, fu ritenuto una spia ed incarcerato, senza che mai egli si ribellasse alle vessazioni subite, proclamandosi "umile servitore di Gesù Cristo", restando volutamente sconosciuto e rinunciando ad avvalersi del fatto che nella città lombarda risiedessero alcuni influenti familiari della madre, fra i quali lo stesso Governatore che lo aveva incarcerato. E così fino alla morte.
Il ricordo di San Rocco, nel giorno della sua ricorrenza che in tante parti anche del nostro territorio viene festeggiata (ad Arcola, a Levanto e a Lerici, dove l'oratorio già intestato ai SS. Martino e Cristoforo è stato dedicato a San Rocco nel XVI secolo proprio in coincidenza di un'epidemia di peste) non ha dunque un significato solo per i credenti, che ne venerano la Santità testimoniata da guarigioni miracolose e soprattutto dall'assiduo, fraterno, accogliente esercizio della misericordia, ma anche per i non credenti, e specialmente oggi in cui egli sembra incarnare - con la sua biografia - l'eroismo del personale sanitario, l'umana inclinazione a chinarsi altruisticamente sulla sofferenza, l'avversione per i privilegi e perfino il sacrificio personale (l'isolamento, la solitudine, la rinuncia) cui tutti siamo stati chiamati in questi due anni e che spesso abbiamo vissuto come una maledizione.