La vicenda, almeno giuridicamente, è arrivata a una conclusione. Ma potrebbe essere la fine soltanto di una prima puntata. Maria Teresa Romano, lavoratrice di Acam Ambiente, è stata licenziata senza preavviso a settembre 2018 per aver ritirato, l’estate scorsa, rifiuti non previsti da un venditore ambulante, in cambio di un sacchetto di frutta.
Un danno economico di soli 2,85 euro per l’azienda, che il giudice del lavoro, nelle sue motivazioni, ha definito “irrilevante”. Ma pur trattandosi di un licenziamento illegittimo, in base al nuovo articolo 18 modificato dal governo Monti non ci sarà alcun reintegro, ma un’indennità risarcitoria di circa 40 mila euro che l’azienda dovrà riconoscere alla lavoratrice.
Una beffa che ha scatenato l’indignazione non soltanto dei sindacati, ma anche dell’avvocato Roberto Quber, che ha difeso la Romano. Tanto che stamattina Quber e Marco Furletti, coordinatore della Uil, hanno annunciato una serie di iniziative per portare il caso alla ribalta nazionale e ottenere la retromarcia di Acam-Iren.
“La sentenza è al 90 per cento condivisibile – ha spiegato Quber – La nostra polemica non è con la magistratura, ma contro il quadro legislativo nazionale, cioè la legge Fornero che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e anche contro un’azienda pubblica che come tale dovrebbe avere una sensibilità locale, e che invece è la prima, almeno nella provincia della Spezia, ad applicare questa legge paradossale”.
È per questo che Quber giocherà tutte le carte della difesa, facendo ricorso contro l’ordinanza del giudice Marco Viani: “Non dico di più per questioni di etica professionale, i processi si celebrano nelle aule di tribunale”.
In base alla nuova formulazione dell’articolo 18, il lavoratore a cui è stata riconosciuta una colpa anche lieve può essere licenziato dall’azienda: basta la sussistenza del fatto (cioè che l’atto contestato sia effettivamente accaduto) per arrivare alla perdita del posto del lavoro, mentre non è più rilevante la sproporzione della sanzione. Se non in condizioni particolari: nel contratto collettivo nazionale, cioè, dovrebbero essere elencati tutti i comportamenti che non possono essere sanzionati con il licenziamento. Un requisito che quasi nessun contratto collettivo soddisfa.
Nel caso della Romano, in altre parole, il contratto avrebbe dovuto prevedere espressamente che il caso specifico – quello della lavoratrice che ritira rifiuti diversi dal programma e in cambio riceve un omaggio – non è sanzionabile con il licenziamento. “Significherebbe fare dei contratti più lunghi dei Promessi Sposi. È una cosa scandalosa, è un modo subdolo per svuotare lo statuto dei lavoratori”, riassume Quber.
Un altro passo, dal punto di vista giuridico, sarà la richiesta che la Corte Costituzionale si occupi della vicenda: “La sentenza lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge – chiarisce l’avvocato – Io verrei licenziato sia nel caso in cui tirassi due pugni al mio capo, sia se entrassi 5 minuti in ritardo al lavoro. È una situazione di profonda disuguaglianza”.
Ma le iniziative non si fermeranno qui: Quber e Furletti chiederanno anche un incontro al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ai presidenti di Camera e Senato e a quelli delle commissioni lavoro del Parlamento. “Speriamo che questo governo sia sensibili alla materia e tenga fede ai suoi impegni elettorali. Faremo l’impossibile per essere ricevuti”.
Le accuse sono rivolte in particolare ai vertici di Acam Ambiente, tanto che Quber e Furletti presenteranno un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale. La ragione? I 40 mila euro che l’azienda dovrà pagare come indennizzo alla lavoratrice.
“Le aziende pubbliche sono soggette a responsabilità erariale – attacca Quber – In questo caso Acam Ambiente ha licenziato la lavoratrice avendo tutti gli strumenti per capire che si trattava di un licenziamento illegittimo. Chiunque abbia qualche conoscenza nel diritto del lavoro sapeva che un giudice lo avrebbe ritenuto tale, ma Acam invece lo ha sostenuto. Da qui nasce una spesa illegittima di 40 mila euro: questa è un’azienda pubblica, c’è una responsabilità personale di chi ha preso la decisione. I 40 mila euro non dovranno essere pagati da Acam, cioè dai contribuenti, ma da chi avendone i poteri ha deciso di licenziare Teresa”.
Quber e Furletti chiederanno un incontro anche ai principali azionisti di Iren, perché intervengano nei confronti della società per ottenere “un’onesta retromarcia”, e pure ai sindaci di Genova, Parma e Torino, azionisti della multiservizi.
Furletti, dal canto suo, non nasconde la preoccupazione per i possibili risvolti che l’ordinanza del giudice potrà avere anche in altre realtà: “Siamo arrabbiati, rammaricati e preoccupati. Di fatto questa sentenza ci rende tutti più deboli. Sul territorio dobbiamo creare un movimento trasversale, aperto ad associazioni e forze politiche, perché venga ricostruito un quadro di regole a tutela dei lavoratori. Mi permetto di suggerire a Peracchini di revocare le deleghe all’assessore Casati, responsabile morale del licenziamento, e la carica di presidente di Acam Ambiente a Gianluigi Pagliari, visto che è anche un pensionato”.
L’obiettivo dichiarato è quello di fare della vicenda della Romano un caso di portata nazionale, che rappresenti le storture e le conseguenze concrete del nuovo statuto dei lavoratori.
Altri appuntamenti da segnare sull’agenda sono il 13 marzo, quando in Acam si incontreranno Cgil, Cisl e Uil per avviare un percorso di mobilitazione, e il 14 marzo, quando si terrà un incontro tra Iren e le organizzazioni sindacali a livello nazionale: l’intenzione sembra quella di interrompere le relazioni sindacali con l’azienda, se non ci sarà un passo indietro sul licenziamento della lavoratrice.
“Casati? Se volete è un collega un po’ antipatico – commenta Quber – Ha pedinato la lavoratrice e fatto la spia. Ma non mi risulta che abbia fatto pressioni perché venisse licenziata. Secondo me né dal punto di vista legale né da quello politico può diventare un bersaglio”.