“Papà non preoccuparti, ci siamo noi con te. Fallo per questa terra, non ti fermare, tanto ci siamo noi con te”: queste sono le parole che la figlia di Giuseppe Antoci ha detto al padre dopo che quest'ultimo era scampato ad un attentato. Parole condivise da tutta la famiglia dell'ex Presidente del Parco dei Nebrodi, in Sicilia, che la mafia provò a zittire per sempre il 18 maggio 2016.
E' ricordando queste parole, stamattina, nel corso dell'incontro con gli studenti del Parentucelli – Arzelà di Sarzana, che Antoci si commuove: è stato senza dubbio uno dei passaggi più significativi del suo racconto. La vicinanza della sua famiglia gli è stata fondamentale, ma il significato di quel “ci siamo noi con te”, Antoci lo allarga a tutti coloro che si battono contro la mafia.
“Ognuno deve ritagliarsi un pezzetto di responsabilità”, afferma Antoci, che racconta l'attentato subito ai giovani presenti, che ascoltano commossi (guarda il video).
Ad introdurre l'incontro è stato il vice preside Massimo Caleo: fu lui, allora senatore, a dare la notizia a Palazzo Madama dell'attentato appena subito dal Presidente Antoci. E' partito proprio con la proiezione di questo video l'incontro con gli studenti che hanno partecipato numerosi ed attenti.
Il dirigente scolastico Vilma Petricone ha sottolineato l'importanza di portare avanti un percorso di “istruzione alla legalità” all'interno delle scuole e nel suo intervento ha voluto ricordare anche la figura di Dario Capolicchio, studente sarzanese morto nell'attentato mafioso di Via dei Georgofili.
E' partito da questo anche l'intervento del Questore Francesco Di Ruberto che ha evidenziato quanto siano importanti gli incontri con gli studenti e come siano temuti dalla mafia. Ha poi raccontato la sua esperienza alla Mobile di Napoli e che cosa significhi vivere sotto scorta.
Il Viceprefetto Flavia Anania ha messo sotto la lente di ingrandimento la legalità e la lotta al crimine mafioso, ritenendo incontri come questo una occasione importante per riflettere
Quale è la colpa, secondo la mafia, di Giuseppe Antoci?
E' il Protocollo che porta il suo nome e che ha spezzato il meccanismo che permetteva alla mafia di tenere le mani sui terreni del Parco dei Nebrodi. Prima del protocollo, infatti, per le gare che avevano una base d'asta inferiore ai 150mila euro bastava, per partecipare, una semplice autocertificazione antimafia. Con la sua introduzione, invece, si impose l'obbligo di presentare certificati antimafia rilasciati dalla Prefettura.
Il valore del Protocollo è testimoniato dalla sua successiva estensione prima all'intera Sicilia e poi a tutto lo Stato.
Questo è costato ad Antoci diventare un bersaglio della mafia che tentò di eliminarlo il 18 maggio del 2016. L'allora Presidente del Parco riuscì a scampare grazie