Oggi, 11 febbraio, al termine di un’articolata attività di indagine condotta dalla Squadra Mobile della Questura della Spezia e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica della Spezia, è stata applicata la “misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di imprese o persone giuridiche che svolgono attività sportiva calcistica, professionistica o dilettantistica” per 1 anno, disposta dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale della Spezia, nei confronti dell’Amministratore Delegato Luigi Micheli e del Presidente dello Spezia Calcio Stefano Chisoli, nonché nei confronti del Presidente della società calcistica dilettantistica “Valdivara Cinque Terre”.
Nei giorni scorsi erano già state perquisite le sedi delle due società calcistiche e i domicili dei tre indagati nei confronti dei quali è stata disposta la predetta misura cautelare interdittiva, nonché - con la collaborazione di personale delle Squadre Mobili di Genova, Bologna, Treviso e Massa-Carrara – anche le abitazioni di altri soggetti comunque legati alle predette società, con il sequestro di documentazione e supporti informatici ritenuti utili alle indagini.
Il complesso dell’attività investigativa ha messo in luce l’esistenza di un vero e proprio “sistema” finalizzato a far giungere e poi permanere in Italia giovani promettenti atleti minorenni, di nazionalità nigeriana, selezionati presso la scuola calcio di Abuja, violando sistematicamente le disposizioni in materia di immigrazione clandestina.
I vertici dello “Spezia Calcio”, in occasione della formalizzazione presso l’ambasciata italiana in Nigeria dell’invito, prodromico al rilascio agli atleti minori del visto temporaneo di ingresso, si impegnavano a far rientrare i giocatori in patria al termine degli eventi sportivi, dichiarandosi formalmente consapevoli delle sanzioni penali previste in caso di mendaci dichiarazioni, pur essendo consci fin dall’inizio che, i giovani più promettenti, non sarebbero più rientrati.
Gli atleti selezionati venivano, quindi, trasferiti e mantenuti in Italia a spese dello “Spezia Calcio” in occasione di eventi vetrina come il torneo di Viareggio. In realtà, una volta giunti in questo Paese, facevano risultare artatamente i giovani calciatori come minori non accompagnati, allo scopo di beneficiare delle disposizioni di legge a tutela dei minori che si trovano effettivamente in tale status.
Entrando nel dettaglio è stato documentato che, prima della scadenza del visto temporaneo, i calciatori minorenni selezionati, nonostante fossero già stati formalmente affidati per il viaggio in Italia ad un tutore legale/allenatore della scuola calcio di Abuja, venivano poi affidati ad altri soggetti, legati indirettamente con lo “Spezia Calcio”, i quali ottenevano un decreto di nomina a tutore.
Per ottenere il decreto di affidamento presentavano deleghe a loro favore sottoscritte dai genitori dei giovani calciatori, omettendo di rappresentare che gli stessi minori erano già, dall’origine, affidati ad un allenatore/tutore legale; condizione quest’ultima indispensabile al fine del rilascio del visto di ingresso per soggiorno temporaneo.
Sempre ai fini del completamento dell’iter burocratico/amministrativo i minori venivano, come dispone la legge, iscritti presso un istituto scolastico che, però, di fatto - come emerso dall’attività investigativa svolta - non hanno mai frequentato.
Ottenuto, quindi, con questo “sistema” il decreto di affidamento, i tutori presentavano richiesta di permesso di soggiorno per minore non accompagnato, che comporta automaticamente il rilascio del titolo in favore di quei minori che si trovino effettivamente sul Territorio Nazionale senza un accompagnatore.
Il “sistema” in argomento nasce dall’esigenza di superare il divieto, previsto dall’art. 19 del regolamento F.I.F.A. e dalle ulteriori specifiche normative sportive in materia, che impedisce di tesserare giocatori minorenni provenienti dall’estero. Tale divieto, assoluto per le società professionistiche, ammette alcune eccezioni per quelle dilettantistiche, a patto di rispettare determinate condizioni.
Il reato di immigrazione clandestina in contestazione nasce, dunque, dalla volontà dei vertici della dirigenza della squadra professionistica spezzina di aggirare prima la normativa in materia di immigrazione e, successivamente, quelle sportive, mediante un tesseramento fittizio presso squadre dilettantistiche in attesa del compimento della maggiore età dell’atleta selezionato, in vista del successivo tesseramento nella compagine professionistica dello Spezia Calcio e con il fine ultimo di ricavare importanti plusvalenze, anche milionarie, con la cessione dei calciatori ad importanti clubs professionistici, come riscontrato nel corso delle indagini.
Nel complesso dell’attività investigativa sono state deferite alla Procura della Repubblica 15 persone, in ordine alla violazione dell’ art. 12, comma 3° del D. L.vo 286/98 e successive modifiche che punisce chi promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio nazionale ovvero compia altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso o la permanenza in Italia, con pene che vanno da 5 a 15 anni di reclusione