Tre titoli edilizi concessi dal Comune della Spezia ed altrettanti annullamenti da parte del TAR o del Consiglio di Stato ed infine un ordine di demolizione anch'esso annullato dal TAR: sembra non avere fine la storia legata alla palazzina di Via San Venerio, al Limone, che è da anni ormai uno "scheletrone". Una vicenda che si trascina dal 2009 e che dovrebbe ormai arrivare a conclusione, anche se al momento nessuno sembra poter dire quale sarà.
La Commissione Consiliare di Controllo e Garanzia che si è riunita oggi, 30 gennaio, ed ha audito l'avvocatura civica e l'assessore Sorrentino, competente sulla materia, non ha infatti chiarito quale sarà la prossima mossa del Comune, dopo che il TAR ha annullato l'ordine di demolizione di quanto costruito dell'edificio. Verosimilmente, da quanto si è potuto intuire dalle parole dell'Avvocato Stefano Carrabba, e anche dai tempi ormai ristretti, il ricorso al Consiglio di Stato non sembra la strada privilegiata, anche se resta comunque ancora un po' di tempo, circa due settimane, per intraprenderla. Insomma, la soluzione definitiva non c'è ancora, ma si presume che entro l'estate la si dovrebbe trovare, anche se resta un punto interrogativo sugli scenari che si apriranno.
L'unica rassicurazione sembra essere sul lato economico dell'impatto sul bilancio comunale: sono state infatti stipulate due assicurazioni che dovrebbero, nel caso, coprire i danni.
LA STORIA
La vicenda è, come detto, lunga e complessa e va avanti da 10 anni, a suon di battaglie a carte bollate.
Il primo titolo edilizio era stato rilasciato dal Comune della Spezia alla San Venerio Immobiliare. I confinanti fanno ricorso al TAR che dà loro ragione in quanto ritiene sia stata violata la norma relativa alla distanza minima di 10 metri tra gli edifici. Il Comune aveva considerato che la strada pubblica che si trova tra gli edifici interrompeva tale vincolo, ma il TAR gli dà torto. Risultato: primo titolo edilizio annullato.
La società costruttrice a questo punto presenta un nuovo progetto, prevedendo la demolizione della parte della facciata che nel precedente titolo si trovava a meno di dieci metri dall'edificio più prossimo e il Comune rilascia un secondo titolo edilizio. I confinanti ricorrono nuovamente e il Consiglio di Stato dà loro ragione dicendo che quell'area è soggetta a vincolo paesaggistico. Una cosa che nessuno, per quanto concerne il Comune e la società costruttrice, aveva mai preso in considerazione (nonostante i confinanti lo avessero indicato già nel primo ricorso) e che invece il Consiglio di Stato ritiene legata alla distanza dell'edificio inferiore a 150 metri da un fosso. Che questo fosso, come sostenuto dal Comune, sia dentro al tessuto urbano, non è considerato motivo escludente il vincolo. Secondo titolo edificatorio annullato, quindi.
Ce ne è anche un terzo, rilasciato dal Comune sulla base dell'"apparenza iuris", ma anche in questo caso i confinanti fanno ricorso e se il TAR dà ragione al Comune, il Consiglio di Stato ribalta la sentenza. Sentenza che non era appellabile in Cassazione. Siamo così al dicembre 2017.
A questo punto il Comune non può fare altro che emettere l'ordine di demolizione di quanto costruito, ma questa volta sono i costruttori a fare e vincere il ricorso al TAR, che annulla tutto.
Questa è la situazione ad oggi.
Una situazione ancora in divenire e sicuramente non è difficile prevedere che ci saranno anche altre Commissioni Consiliari in merito. Oggi, infatti, la relazione dell'Avvocato Carrabba è stata più volte interrotta da una signora del pubblico, riportata all'ordine dalla Presidente Dina Nobili, andata vicina alla sospensione della seduta, in quanto da regolamento le persone che assistono non possono intervenire nella discussione. Potrebbe quindi esserci, se uno dei commissari la richiederà, l'audizione anche dei confinanti ricorrenti al TAR.