«L’ingresso in Gerusalemme – ha commentato il vescovo nell’omelia - fa parte del compimento del disegno di salvezza. Doveva essere una Pasqua particolare, quella, e i discepoli lo avevano colto. Erano pronti per sedersi uno alla destra di Gesù, nel Suo regno, un altro alla sinistra. Dei greci erano venuti a vederLo. Quando sciolgono il puledro da portare a Gesù, i discepoli non trovano alcuna opposizione, come era stato preannunciato loro dal maestro. Tutti attendono l’entrata del maestro nella vittoria, la sua salita al trono. Manca poco. “Tra poco saremo liberi” – pensano tra sè».
«Questo – prosegue mons. Palletti - è il clima di attesa quando Gesù entra in Gerusalemme. I governanti ne sono consapevoli, infatti intendono portare a compimento il loro piano non durante la festa, per evitare un tumulto del popolo. Poi però le cose cambiano. Perché il regno di Cristo non è quello atteso. La Sua potenza non sta nello sconfiggere i potenti della terra. Questo però comporta, nell'apostolo Pietro, la reazione di rifiuto. Il Messia viene travolto dal potere della morte. Il crocifisso è abbandonato da Dio stesso».
«L’attesa delle persone era corretta, la regalità si stava realizzando. Ma la lettura da parte della gente era appiattita sull'orizzonte terreno. Vedevano un regno di potenza magari anche di giustizia, ma in un orizzonte terreno. Pietro fa esperienza della fragilità terrena. Gli altri già fuggiti. Il mastro è solo».
«Il giorno di Pasqua getterà una luce particolare su tutta la vicenda. Ma – sottolinea il vescovo - per ora è solo lo scandalo della croce. Anche noi rimaniamo scandalizzati quando la croce tocca la nostra esistenza, e l’interrogativo risorge: dov’è Dio? Perché bisogna passare dalla croce? Possiamo però vedere sempre l’amore di Dio, che manda Suo figlio a morire per noi».
«Entriamo nella Settimana Santa - conclude Palletti - alla luce della risurrezione, ma consapevoli della fragilità che ci fa inginocchiare sotto la croce, implorando misericordia».
Testo di Francesco Bellotti