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È ufficiale: piazza Sapri intitolata a Gino Patroni In evidenza

La decisione, già annunciata precedentemente, è stata presa durante la riunione di giunta del 16 gennaio.

 

Il grande giornalista spezzino avrà una piazza tutta sua. L’amministrazione comunale, infatti, ha preso ufficialmente la decisione di intitolare a Gino Patroni piazza Sapri, tra viale Amendola e via Colombo. Il provvedimento, previa scontata autorizzazione da parte della Prefettura, è immediatamente eseguibile.

Chi era Gino Patroni?
patroniNato a Montemarcello nel 1920 e deceduto alla Spezia il 7 febbraio 1992, Gino Patroni è stato uno stimato giornalista e scrittore italiano. Inizia la sua carriera giornalistica presso la “Gazzetta di Livorno” per poi passare a scrivere per i quotidiani “La Stampa”, “La Gazzetta dello Sport”, “Il Secolo XIX”, “Il Telegrafo”, “Il Corriere dello Sport”, per i settimanali “Il Mago” diretto da Oreste del Buono e “Contro” di Cesare Lanza, e per molte altre pubblicazioni.

Come poeta parodista e autore di comici epigrammi, scrive nel 1959 “Ed è subito pera”, parodia del celebre “Ed è subito sera” di Salvatore Quasimodo. In seguito pubblica numerose opere, come “Un giorno da beone” (1969), “Una lacrima sul Griso” (1973), “Crescete e mortificatevi” (1975), “Il foraggio di vivere” (1987), “La vita è bella e scarso l’avvenir” (1988), “Non c’è amore senza pene, raccolta di epigrammi inediti” (1989), “La vita è una malattia ereditaria” (1992).

Egli stesso si è definito: “Classe di ferro arrugginita alla svelta, mezzo geometra (per studi abbandonati), maestro elementare interno, sette anni di liceo classico (impiegato in segreteria), prigioniero in Germania, liberato dai francesi di Ledere e subito rifatto prigioniero per il coup de poignard fascista del 1940, poi travet statale, giornalista professionista, depresso endogeno e indigeno (siccome vive alla Spezia, base navale e banale), abita di preferenza al reparto neuro ma sovente si ricovera a domicilio”.

Con i suoi sferzanti aforismi ed epigrammi attacca spesso la banalità del mondo e dell’uomo comune, di cui comunque non rinnega di essere parte integrante. Ha descritto spesso con sarcasmo la sua amata città, scontrosa ma al tempo stesso genuina e concreta come i suoi concittadini.

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