“Se entro la fine della settimana non avremo delle risposte concrete, proclameremo uno sciopero con modalità che decideremo sul momento”. Va dritto al punto Marco Callegari della Uiltucs.
I classici tre indizi che fanno una prova sono i seguenti: circa 450 lavoratori all’interno dell’Arsenale nei settori della ristorazione e delle pulizie, un debito di Maricommi (la Direzione di Commissariato della Marina Militare della Spezia) intorno ai 2 milioni di euro e una cooperativa che, a causa di quel debito, sarà con tutta probabilità costretta a sospendere i pagamenti ai suoi dipendenti.
Il pasticcio è degno di nota e sarà sicuramente materia di dibattito nei prossimi giorni: tre società che operano all’interno dell’Arsenale nei settori di cui sopra, infatti, si trovano in grave difficoltà. La ragione è presto detta: la Marina Militare (o meglio Maricommi, per non incorrere in imprecisioni) ha accumulato nei loro confronti un debito di circa 2 milioni di euro. La quota più grande è quella dovuta alla cooperativa spezzina “I Gemelli”: circa 1 milione di euro. La cooperativa ha fatto sapere che, se entro venerdì non riceverà delle risposte adeguate alla gravità della situazione, sarà obbligata a sospendere i pagamenti ai suoi lavoratori, circa 300 (la fetta più grossa dei 450 totali).
Una grana non propriamente edificante per l’economia spezzina, per limitarsi a un eufemismo.
La Uil, che nei settori della ristorazione e delle pulizie in Arsenale conteggia circa 300 iscritti, ha annunciato uno sciopero: “Se non arriverà nessun segnale, porteremo fuori tutti i lavoratori e bloccheremo la città – annuncia Callegari – A dicembre il debito arriverà a 1,2 milioni di euro. Chiederemo un incontro ai vertici di Maricommi e al ministero della Difesa. Se i servizi si bloccheranno sarà un grosso problema per una città come Spezia”.
Si tratta di uno scenario che in verità – con buona pace dei lavoratori – non è insolito alla Spezia, visto che la Marina Militare negli anni scorsi aveva contratto un debito nei confronti di Acam complessivamente intorno ai 7 milioni di euro. La domanda del cronista, allora, sorge spontanea: perché si deve arrivare a questi punti, quando i pagamenti alle aziende appaltatrici devono essere garantiti dallo Stato, attraverso il ministero della Difesa?