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"Il gender è una favola": la Rete Anti Omofobia e Transfobia spiega il significato dell'evento In evidenza

"Ogni forma di discriminazione deriva dalla mancanza di conoscenza e dalla diffusione di informazioni errate",

Sabato 18 novembre alle ore 16:30 presso la libreria LIBeRI TUTTI, via Tommaseo 49 La Spezia, RAOT (Rete Anti Omofobia e Transfobia) terrà una lettura aperta a tutti di due favole che ribaltano gli stereotipi di genere. Nella prima sarà la principessa a salvare il principe dal drago cattivo, nella seconda la principessa eluderà con astuzia il progetto del re di farle sposare un principe di cui non è innamorata.
Lo scopo dell’evento è quello di permettere a tutti di farsi un’idea autonoma sulle cosiddette “favole gender”. Consapevoli che ogni forma di discriminazione derivi dalla mancanza di conoscenza e dalla diffusione di informazioni errate, pensiamo che il nostro compito più importante sia appunto quello di informare per permettere a tutti di formare il proprio pensiero senza l’ingerenza di forze politiche e religiose esterne.

Ma che cos’è il gender? La “teoria del gender” è un’invenzione secondo la quale esisterebbe un complotto orchestrato da una non ben identificata lobby gay colpevole di strumentalizzare i bambini istigandoli all’omosessualità, distruggere le differenze biologiche tra maschile e femminile, insegnare ai bambini a masturbarsi negli asili e incoraggiarli a giochi erotici.
Secondo il dottor Paolo Antonelli, psicologo, psicoterapeuta e dottore di ricerca presso l’Università di Firenze: “questa inesistente teoria è frutto dell’attività di gruppi di cattolici, o meglio, di ultra cattolici, di cattolici oltranzisti, che hanno usato, distorcendoli, anzi stravolgendone il significato, per le proprie esigenze propagandistiche-fideistiche, concetti e studi che in realtà sono stati vitali, come detto, per contrastare forme di prevaricazione basate sul genere, violenza e discriminazione sessista, bullismo, anche omofobico, all’interno delle scuole e nella società nel suo complesso.”

Gli studi sul genere - i cosiddetti “gender studies”, nati in America negli anni ’50 - sono un campo di indagine interdisciplinare che si interroga sul genere e sul modo in cui la società, nel tempo e a latitudini diverse, ha interpretato e alimentato le differenze tra il maschile e il femminile, legittimando non solo disparità tra uomini e donne, ma anche negando il diritto di cittadinanza ai non eterosessuali.
Grazie agli studi di genere si è potuto anzitutto mettere in discussione il sistema di sottomissione delle donne, favorendo l’acquisizione da parte loro di diritti fondamentali come l’autodeterminazione sessuale e la facoltà di decidere del proprio corpo. A partire dagli studi di genere è possibile proporre modelli culturali e educativi più rispettosi di tutte le persone e dei vari modi di vivere la propria identità. Gli studi di genere non negano le differenze e le varianti di genere, ma le studiano per capirle meglio.

L’AIP - Associazione Italiana Psicologi - ha ritenuto opportuno intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l’inconsistenza scientifica del concetto di “ideologia del gender”:
Lo scopo di tali attività è quello di “fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni e mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci capaci di contrastare fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo”.
L’AIP ha contemporaneamente riconosciuto il contributo che i gender studies hanno apportato alla riduzione dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e l’orientamento sessuale:
“Le evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali” (AIP, comunicato stampa del 9 settembre 2015).

Per tutti questi motivi RAOT invita tutta la cittadinanza a partecipare al proprio evento, perché la conoscenza è la prima arma per combattere le discriminazioni.

Valentina Bianchini
Presidente RAOT

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