La neo beata Itala Mela (guarda le foto qui) non solo fu studente al liceo classico Costa nel 1921, qualche anno dopo insegnò nello stesso liceo spezzino, sia pur per pochi anni. Tempo fa (prima di un peggioramento delle sue condizioni di salute) abbiamo raccolto la preziosa testimonianza di Iolanda B.P., una sua ex studentessa, ora 96enne. Itala Mela fu sua professoressa di materie letterarie storia, latino, italiani e geografia per un anno al ginnasio inferiore in una classe femminile. "La ricordo benissimo. Sono rimasta un po' colpita dal fatto che la sua didattica non era solo di un fatto storico, ma era una spinta a far pensare noi ragazzi, ad approfondire gli argomenti, a fare valutazioni. Il suo rapporto con gli allievi era determinante perché ci ha spinto a riflettere, a giudicare, a paragonare i costumi del tempo".
Una figura pionieristica di docente la sua?
"Decisamente sì. Lei quando spiegava non era mai sulla cattedra, ma davanti, vicino a noi e ci guardava negli occhi: aveva bisogno di un rapporto umano. Quindi le sue lezioni erano molto partecipate".
Che look aveva Itala Mela?
"Si presentava a scuola sempre con un sobrio grembiule nero, a differenza dei colleghi e delle colleghe che erano spesso molto eleganti, e nei suoi occhi si intravvedeva un desiderio di Trascendenza, un percorso verso la spiritualità. Lei non parlava mai direttamente di Dio o di religione, ma riusciva a trasmetterci la sua idea sulla grandezza in cui credeva attraverso esempi storici e letterari. Usava la cultura per trasmetterci i valori di Dio".
E sul lato umano?
"Era delicata e gentile, non si preoccupava mai degli agonali dello sport, molto importanti sotto il regime fascista, lei nelle sue lezioni non faceva mai riferimento alle direttive di regime. L'anno successivo, purtroppo, cambiò l'insegnante.
Che insegnamento le ha lasciato?
"Itala Mela mi ha insegnato che la mia libertà finiva dove cominciava quella degli altri. Quindi rispettava la persona umana e il pensiero altrui".
Per conoscere meglio la storia di Itala Mela proponiamo qui un articolo di Avvenire.it