Stava per compiere ottantanove anni: una vita lunga e generosa, dedicata alla famiglia, al lavoro ed in modo davvero straordinario alla "sua" Lerici, intesa sia come comunità cristiana, la parrocchia, sia come comunità civile. La vita di "Bongio", come era per tutti, è a suo modo, senza tante parole, la conferma di come le radici siano davvero fondamentali per compiere bene il cammino che a ognuno è stato affidato. In quelle duplici radici – Lerici e la fede cristiana – si è costruita una testimonianza che, per questo giornale e per questa pagina, ha anzitutto un'immagine precisa: i quarant'anni della festa estiva di "Avvenire". "Bongio" sin dall'inizio, a metà degli anni Settanta, ne fu tra gli organizzatori, al fianco di don Franco Ricciardi. Il suo compito, com'era nel suo carattere, non fu mai appariscente, ma essenziale sì: si riservava, prima che l'età lo costringesse a limitare gli sforzi, il ruolo del regista dietro le quinte. Non era l'unico, certo, ma a lui non importava primeggiare, bensì ottenere il risultato. Nella vita, diceva, bisogna essere coerenti con le proprie idee, testimoniarle, magari in minoranza, ma compiendo sempre il proprio dovere. Anche nell'impegno politico: l'estrazione sindacale Cisl lo aveva portato ad aderire, nella Democrazia cristiana (per la quale fu anche consigliere comunale), al gruppo di "Forze nuove", legato a Carlo Donat–Cattin. Gruppo di minoranza "storica", a livello nazionale e locale, ma non gli importava questo. Gli importava – ecco la differenza con tanta politica di oggi ! – che alla fine, dal dibattito interno, emergesse comunque una linea comune. Per questo non si era mai rassegnato alla fine dell'unità politica dei cattolici. La passione per la cultura ed anche per la liturgia lo portò ad organizzare per anni il coro polifonico della parrocchia, così come, su un altro fronte, a difendere il dialetto lericino in tutte le sue espressioni, pubblicandone alcuni anni or sono un ponderoso vocabolario. Le prossime feste di "Avvenire" le vedrà dal Paradiso – ne siamo sicuri –, insieme a don Franco, che ha raggiunto dopo meno di due anni, ad Angelito Marchini e ad altri. Noi, rimasti qui, dobbiamo ringraziarli ancora, e ringraziare la Madonna di Maralunga per aver dato persone così a Lerici e a questo giornale.