Cos'è CALL & CALL?
Il nostro Gruppo CALL & CALL è composto da 6 società ed è una realtà industriale che ha 16 anni di vita, 2.500 dipendenti assunti a tempo indeterminato, 55 milioni di fatturato, e 7 sedi sparse sul territorio italiano: Milano, Roma, Pistoia, Cagliari, nel Salento, Locri e la Spezia. La più grande delle nostre sedi è proprio qui, nella città in cui sono nato, dove siamo presenti da 15 anni e dove oggi occupiamo circa 730 persone, delle quali oltre 600 assunte a tempo indeterminato, 87% donne e dove svolgiamo attività di customer care per importanti realtà nazionali quali Enel, Findomestic, Coop e altre ancora.
Ben consci dei nostri limiti, abbiamo cercato di impostare nelle nostre sedi impianti di welfare aziendale (in alcuni casì – lasciatemi dire – non così frequenti nel nostro settore!) che provano a mettere al centro della nostra azione i nostri dipendenti (la nostra vera unica "risorsa"), nella loro essenza di uomini e donne più che di semplici "prestatori d'opera".
Certo non è semplice. E non sempre ci siamo riusciti fino in fondo. Ma ci abbiamo provato e continuiamo ostinatamente a provarci, nonostante la crisi, nonostante le difficoltà, nonostante la bassa marginalità di un settore labour intensive.
E così ecco negli anni, a cominciare proprio da qui, dalla nostra sede spezzina (e lo dico con orgoglio), le nostre scelte di aprire un asilo nido per le nostre mamme ma aperto anche al territorio; installare bar e spazi relax in tutte le sedi; aprire piccole biblioteche gratuite, senza formalità e senza tessere né controlli, "Libri Liberi" li abbiamo chiamati, perché abbiamo deciso che "rubare un libro non è reato"; aderire a reti di welfare sul territorio; realizzare, unica impresa fra i call center, un Bilancio Sociale; creare un Gruppo di Acquisto solidale interno; organizzare un'associazione di volontariato fra i dipendenti, che è intervenuta e interviene concretamente in caso di calamità naturali o di particolari esigenze verso chi ha bisogno, siano essi nostri colleghi o realtà esterne del territorio; gestire i rapporti sindacali interni con una politica di confronto e rispetto; realizzare un accordo con le organizzazioni sindacali di settore (fummo la terza impresa a farlo in Italia, era il primo agosto 2013!) per la concessione di licenze matrimoniali anche per le coppie omosessuali che si sposavano nei Paesi dove era consentito e ora finalmente anche in Italia.
L'asilo di CALL & CALL
Ma nel settore dei call center, cosa succede in termini di innovazione?
Diciamolo con chiarezza: all'inizio del terzo millennio, 17-20 anni fa, il settore era una prateria senza regole e senza confini. Pochi contratti di lavoro "veri", moltissime prestazioni occasionali, addirittura imprese che "affittavano le postazioni" a migliaia di finte partite Iva.
Allora i call center erano semplici "telefonifici", quelle che furono definite "le officine del terzo millennio". Quattro anni fa io e i miei soci capimmo che occorreva cambiare, che quel modello di business era ormai maturo e che era necessario modificare strategia e innovare, per non morire "con le cuffiette al collo".
I consumatori, i clienti, gli utenti cambiano il loro modo di relazionarsi con le organizzazioni. E le organizzazioni devono cambiare per andare incontro a loro, migliorando la customer experience, l'esperienza percepita dai clienti/utenti quando entrano in relazione con le organizzazioni. Fidelizzando i clienti, accrescendo la conoscenza delle loro abitudini, anticipandone le aspettative, sviluppando nuove e maggiori opportunità di crescita.
Gli operatori saranno sostituiti da "riconoscitori virtuali di emozioni", da macchine? La trasformazione digitale e l'innovazione tecnologica uccideranno l'occupazione?
Io non lo penso. Io credo che questa minaccia possa essere trasformata in opportunità, che questa paura (come peraltro è dimostrato anche dalle esperienze in corso) non si debba avere.
L'innovazione non sarà un killer occupazionale ma solo a una condizione: che non la si subisca, che non si stia fermi ad aspettarla messianicamente e passivamente. Ma che la si "sposi", la si governi con passione, intelligenza e curiosità, con la convinzione che anche la più sfrenata, impensabile e fantasmagorica innovazione non nasce da sola ma ha bisogno di uomini e donne in grado di guidarla e utilizzarla.
Certo occorre (come in parte il nostro Gruppo sta facendo) e occorrerà sempre più cambiare, formare e formarsi. Ma non possiamo permetterci il lusso di fermarci e aspettare o di non lottare e di non essere protagonisti.
Io credo davvero – come abbiamo scritto sui muri spezzina della mia azienda – che "il mare più bello è quello che non navigammo" e che dunque dobbiamo ancora navigare e "il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto" e che, come diceva Winston Churchill, "non sempre per cambiare occorre migliorare" ma è indiscutibile che "per migliorare occorre cambiare".
E noi, insieme a tutti i nostri collaboratori e ai nostri clienti, stiamo già cambiando.
Il settore del Call Center vive un momento di crisi oltre che di trasformazione?
Il settore dei contact center in Italia sta vivendo una crisi specifica, all'interno della crisi economica più generale. In passato, come Presidente nazionale di Assocontact, ho più volte evidenziato l'esigenza di costruire una seria politica industriale per questo comparto, dopo il primo intervento strutturale dell'allora Ministro del Lavoro Damiano. Finalmente oggi registro che il Ministro Calenda ha iniziato con convinzione una seria azione che va proprio nella direzione del rispetto e miglioramento delle leggi che regolano le attività in offshoring e sui meccanismi delle gare d'appalto che troppo spesso hanno privilegiato il massimo ribasso economico, con la doppia logica conseguenza di un crollo della qualità e della perdita di posti di lavoro. E l'applicazione delle clausole sociali nei cambi di appalto che io avevo richiesto già tre anni fa per evitare azioni di dumping fra le imprese.
Nei giorni scorsi c'è stato uno sciopero del lavoratori del settore delle telecomunicazione per il rinnovo del contratto nazionale con un corteo al quale hanno partecipato lavoratori di CALL & CALL, Comdata, Telecom. Un suo commento su questo?
Lo sciopero è stato nazionale ed esteso non solo ai call center ma a tutte le aziende della filiera delle telecomunicazioni. Abbiamo un contratto nazionale ormai scaduto da due anni e una discussione già iniziata sul rinnovo che però, al momento, registra posizioni distanti fra la posizione del sindacato e l'associazione datoriale ASSTEL. E dunque lo sciopero si colloca in questo contesto. Personalmente penso che la discussione proseguirà fino a trovare una posizione condivisa che consenta di firmare il rinnovo.
Si parla di una sua possibile candidatura per le prossime amministrative spezzine, ci sta pensando o in qualche modo questa ipotesi le è stata avanzata?
Dopo aver visto il mio nome sui giornali, ho provato a fare un ragionamento semplice sulle concrete esigenze della nostra città e sulla necessità di un ciclo politico e amministrativo che spinga Spezia fuori dalla crisi, a cominciare dal lavoro, con un'idea di partecipazione nuova, all'interno di una coalizione di centrosinistra. Io sono qui, a disposizione, con tutti i miei limiti e con i risultati della mia esperienza imprenditoriale di una realtà che ha creato in 16 anni 2.500 nuovi posti di lavoro regolari, dei quali quasi 700 solo qui a Spezia.