Tempo fa, quand’ero a Sarzana (SP) come comandante del 5° Gruppo Elicotteri della Marina, una delle attività più emozionanti fu quella di accompagnare Babbo Natale, volando con l'elicottero al posto delle renne, per consegnare i regali ai bambini dell'ospedale Gaslini di Genova.
Decolliamo da Sarzana verso le 9:30 di una fredda ma soleggiata mattina invernale e sorvoliamo la costa a bassa quota fino a Genova. Dopo 10 minuti siamo sopra Lerici e attraversiamo il Golfo dei Poeti fino a passare tra Porto Venere e l'isola della Palmaria. Vediamo alcuni scorci della Via dell'Amore e ci immergiamo nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, con i suoi caratteristici paesini incastonati nelle insenature create dall'erosione millenaria del mare. Da est verso ovest scorrono sotto di noi Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore; agglomerati di coloratissime case e terrazzamenti agricoli, ai quali si alternano spiaggette e baie turchesi che creano un paesaggio unico al mondo, patrimonio dell’umanità. Poi saliamo su un promontorio boschivo a picco sul mare che riporta ancora le ferite dell’incendio estivo, le cui fiamme sono state domate, anche con l’ausilio dei nostri elicotteri, versando l’acqua prelevata dal mare sottostante. Proseguendo verso Genova, a metà strada, sorvoliamo la penisola di Portofino con le sue terrazze variopinte e il pittoresco porticciolo.
Arrivati nei pressi dell'ospedale Gaslini, lasciamo la costa e decidiamo di fare un lento girotondo davanti alle finestre dei piccoli pazienti. Apriamo il portellone laterale e Babbo Natale si affaccia dall'elicottero, salutando i bambini increduli con le sue grandi mani, come a volerli stringere in un unico grande abbraccio. I bambini, con i visi appiccicati ai vetri, rispondono pieni di meraviglia.
Atterrati sull'apposita terrazza, utilizzata anche dagli elicotteri del pronto soccorso, scendo portando con me un prezioso assegno, frutto della raccolta fondi tra tutti i colleghi.
Ma il protagonista assoluto è Babbo Natale, con il suo enorme sacco di juta carico di doni. Accompagnati da una dottoressa, che ci fa anche da cicerone, iniziamo a visitare i vari reparti, partendo da quelli più alti. All’ingresso nelle stanze, i volti dei bambini si illuminano. Dopo l’imbarazzo e la sorpresa iniziali, cominciano a dialogare con Babbo Natale e a scegliere il loro dono preferito. Quando sono presenti i genitori, segue la disposizione sul letto o intorno ad esso per una foto con i piccoli e Babbo Natale. È un modo per stemperare l’atmosfera di dolore e sofferenza. I bambini in condizioni meno gravi si alzano dal letto e si affacciano nei corridoi per venire incontro a Babbo Natale, che, nei limiti del possibile, li prende in braccio e li rassicura con il suo caratteristico Ho, ho, ho. Man mano si forma una piccola processione, di cui anch’io, a debita distanza, faccio parte. Guardando i piccoli nei letti, spesso collegati a flebo e altri ausili medici, o sentendo i racconti dei genitori e della dottoressa, più volte ho dovuto trattenere le lacrime, andando col pensiero anche ai miei figli, Francesco e Sofia, ancora piccoli.
Dopo quasi due ore arriviamo ai piani più bassi, dove sono ubicate le sale operatorie. Davanti a una di queste incontriamo una coppia già salutata in precedenza. Sono in apprensione perché il loro bambino è entrato in sala per un delicato intervento chirurgico. Tuttavia, ci esprimono la loro gratitudine raccontando che quella mattina il figlio era triste e preoccupato, ma l’arrivo di Babbo Natale lo aveva rasserenato, facendolo entrare in sala con un sorriso sulle labbra.