Davide Conti – Co-fondatore / Consigliere “Associazione Liguri in Cina”
L’anno di fondazione della Associazione “Liguri in Cina”, regolarmente registrata al Consolato Generale di Shanghai, è il 2018. Come nasce l’idea di costituire l’Associazione “Liguri in Cina”?
Esattamente era il 2018, e sotto la guida dell'ex Console Generale Michele Cecchi costituimmo la nostra Associazione. Sicuramente essendo noi tutti "Liguri in Cina" da decenni ed oltre la spinta iniziale nasceva dal desiderio di comunità, di stare insieme, cosa che prima dell' Associazione infatti accadeva già assiduamente. Questo stare insieme, il desiderio di comunità, ma anche la volontà di creare un ponte con la nostra terra madre ha dato il via a questo percorso associativo, sfociato appunto nella costituzione della prima associazione di Liguri in Cina, un ponte culturale tra la Liguria e la grande Cina, per fare conoscere la nostra terra ai cinesi e la Cina ai Liguri dal punto di vista culturale, sociale, economico e di opportunità.
Ad oggi si può fare una stima dei Liguri in Cina? I settori di interesse prevalente quali sono?
Ad oggi purtroppo dopo il periodo del covid che ha visto tantissimi occidentali in generale lasciare la Cina, dovremmo sinceramente rivedere un pò i numeri ed i settori, ma contiamo circa 80 / 100 Liguri che vivono e/o che vanno avanti e indietro per lavoro, quindi questi i numeri tra i fissi residenti AIRE e i "pendolari" diciamo. I settori sono i più disparati e questo è un dato importante da sapere per le nostre istituzioni ed imprenditori in Liguria, perchè noi "Liguri in Cina" possediamo tante competenze specifiche con le quali negli anni abbiamo saputo conquistare la fiducia dei cinesi imparando a lavorare e dialogare con il mondo Cina, cosi complesso e culturalmente distante da noi Liguri nello specifico. I settori e le professioni spaziano dagli architetti ai manager di grandi aziende, dai giovani studenti di cinese agli imprenditori, dai designer agli avvocati, professori accademici e tanti esperti di diversi settori strategici come la logistica, il turismo, il made in Italy e quant'altro.
A due anni dalla sua fondazione, l’Associazione ha dovuto superare la tempesta Covid. Un fattore che ha paralizzato per diverso tempo gli scambi commerciali e culturali nel mondo. Come avete reagito all’arrivo della pandemia?
La nostra associazione, come tutto e tutti è stata bloccata per anni nelle sue attività in presenza diciamo, proprio per il semplice motivo che non ci si poteva riunire, incontrare, organizzare eventi o semplici cene. Questo però in qualche modo poi così tanto lontani da casa ci ha fatto restare ancora più uniti, abbiamo pertanto mantenuto attività online, creato rete e network in Cina investendo sulle relazioni da "sfruttarsi" in futuro e mantenendo un legame forte tra noi fondatori. Ovviamente tanti sono tornati in Italia, e tanti che potevano venire non sono venuti in Cina in questi anni, di fatto c è stato abbastanza un blocco di nuovi arrivi, ma abbiamo resistito, rafforzato nostri rapporti interne, rapporti con i cinesi e valutato attività per il futuro, tanto che dal 2023 siamo ripartiti con più forza, e da quest' anno infatti siamo ripartiti con attività in Cina e la progettazione di tanti momenti che lanceremo a fine 2024 e poi 2025, con la speranza di trovare tanti e nuovi interlocutori in Liguria con i quali collaborare per lo sviluppo e mantenimento di questo grande "link" tra la nostra amata Liguria e la grande Cina per il quale ci poniamo come primo interlocutore istituzionale da qui al futuro.
L’attuale assetto geopolitico ha cambiato in qualche modo la vostra attività? Dal 2018 ad oggi sono cambiate molte cose: conclusa la pandemia covid oggi assistiamo a conflitti che non agevolano scambi commerciali e relazioni…
Diciamo intanto che l’attuale assetto geopolitico unito alla pandemia del covid ha cambiato e sta cambiando il mondo. Partendo da questo dato globale ovviamente anche le nostre attività associative hanno subito un bel colpo, quello che avevamo pianificato nel 2018-2019 è stato ridimensionato, bloccato e sicuramente ripensato, in primis per continuare in attività online e poi con attività diverse per un epoca geopolitica adeguata e favorevole a scambi più rapidi ed attivi a livello commerciale, turistico ecc. A tal proposito anche la questione complessa dei visti ha avuto e stà avendo contraccolpi notevoli e lentezze mai viste prima. Ora la Cina ha attuato un piano di 15 giorni free visa, ma se è più semplice tornare in Cina ora, è molto più complesso per i cinesi uscire dal paese ed andare verso ovest non solo per business ma anche per attività turistiche. Tutto è molto più burocratico e lento in linea generale, ovviamente tante realtà imprenditoriali e governative godono ancora di situazioni agevolate, facilitate per non bloccare completamente gli scambi almeno a livello istituzionale ed imprenditoriale di alto livello.
Considerando la vostra esperienza diretta da imprenditori che hanno lavorato e tutt’ora operano all’interno del mercato Cinese quale bilancio potete tracciare? Che paese è oggi la Cina e quale tipo di tessuto imprenditoriale ha sviluppato negli anni?
La Cina intanto va intesa come un paese che ha pro e contro come tutti i paesi del mondo, cosa a volte non è scontata da ricordarsi per noi occidentali, abili a puntare sempre e solo il dito contro l'ignoto. Un paese governato da una certa classe sociale nota e vissuto da un popolo che nella maggior parte dei casi ha una visione opposta del suo governo ( si stima che gli iscritti al partito comunista siano circa solo il 6,7% della popolazione cinese, ovvero 95,15 milioni di persone su un totale di 1,4 miliardi di abitanti ). All' interno di questa grande macchina culturale e commerciale si muove un mondo fatto di quasi un miliardo e mezzo di persone che godono di un passato glorioso, poi difficile e dagli ultimi 20-30 anni in grande crescita, esponenziale. Come piccole formiche all'interno di un gigante formicaio, ci siamo noi, noi Liguri, noi italiani che siamo qui da decenni e che abbiamo visto il grande salto in avanti del paese del dragone con i suoi pro e contro ovviamente ma inevitabilmente abbiamo goduto di un palcoscenico unico forse paragonabile solo al boom economico per intendersi, quindi tanto lavoro e tante contraddizioni come accadde in Italia. Il bilancio di tanti se non tutti è sicuramente un bilancio fatto di sacrifici per la grande lontananza da casa e difficoltà che abbiamo saputo abbattere grazie a tanto lavoro, dedizione, passione e fatica nel saper accogliere il diverso che abbiamo incontrato in Cina sia a livello culturale che di modalità di business. Ma in questa grande fatica e sacrificio sicuramente tutti abbiamo imparato a conoscere ed amare questo grande paese con la sua cultura millenaria, fatto di un' imprenditoria curiosa , crescente, interessata e riconoscente del lavoro di noi stranieri che negli anni ha dato tante gratificazioni economiche e di gloria per tutti noi che siamo qui.
Un elemento che tante volte non viene affrontato riguarda proprio lo scambio culturale che un grande paese come la Cina offre: non solo un interesse economico ma anche e soprattutto culturale. Una cultura millenaria che offre un patrimonio culturale e bellezze naturali uniche nel mondo. Su cosa pensate che sia importante porre l’accento in un panorama così ampio?
Attualmente le nazioni che hanno il maggior numero di monumenti considerati Patrimonio dell'Umanità sono nell'ordine: Italia (59), Cina (57) ecc. Noi partiamo da qui, da un dato di fatto riconosciuto a livello globale dall' Unesco. La Cina è seconda a noi come bellezze naturali e/o artificiali quali ad esempio la Grande Muraglia, i santuari del panda gigante nella provincia di Sichuan o i magnifici templi di Pechino, l' esercito di terracotta e molti altri. Un paese sconosciuto e misterioso all' occidente per la maggior parte dei casi ed additato di avere solo cose di basso valore, di basso significato a livello culturale e sociale per quanto riguarda il pensiero del cittadino medio. Invece la Cina ha un valore culturale altissimo con circa 5000 anni di storia dove ancora moltissimo è da scoprire e valorizzare, un processo però finalmente iniziato e che stà vedendo la nascita con il recupero delle aree rurali e di una vivace attività di rivitalizzazione e ri-generazione unita all'orgoglio di un popolo che infatti stà rialzando la testa in tutti i settori e che grazie alla sua potenza economica anche se ha avuto un inflessione dai primi anni del boom, ha ancora molto da dire e proporre. Come loro hanno iniziato ad imporre la loro cultura ad esempio in Africa con azioni più o meno lodevoli, noi dovremmo dare valore a scambi e stanziamenti di realtà liguri/italiane in Cina che possano portare un dialogo ed un confronto utile alla crescita di nuove prospettive culturali e commerciali dell' umanità che saranno sicuramente un tema chiave per il futuro prossimo. Super potenze della cultura, del bello, del turismo che assieme possano generare nuove visioni per il bene dei popoli.
La Cina rappresenta un modello classificato come Capitalismo di Stato poiché è lo Stato che dirige e guida tutti gli aspetti principali dell’economia: settori pubblici e privati. Come si opera e come ci si muove all’interno di una Repubblica Socialista guidata da un solo Partito?
Riuscite ad immaginare un luogo dove non esiste la burocrazia? immaginate una città dove per aprire un'attività ci voglia una settimana? immaginate un'interlocutore istituzionale unico? Immaginate una televisione dove ci sia solo 1 tipo di dibattito mono tematico? Immaginate un luogo dove quello che si decide di fare a livello istituzionale o privato, in un mese è fatto? Ecco all'incirca ed in modo comprensibile a tutti questo è il nostro modo di vivere in Cina, ovviamente generalizzando, ma con i suoi punti favorevoli ed altri sfavorevoli questo è l'agire, fare impresa e cultura in uno stato del genere. Noi tutti nella paggior parte qui per lavoro, siamo abituati a lavorare veloce non solo perchè in Cina si lavora tanto, anzi, ma per la velocità e rapidità d'azione dell' economia che spinta da una desiderio costante di crescita e sviluppo muove rapidamente le azioni del pubblico e del privato, con noi all' interno appunto che godiamo di questo sistema cosi complesso quanto dinamico e diversificato. Avete presente la Liguria che è il paese più vecchio d' Italia giusto? bene qui è l' opposto vi sono moltissimi giovani , e moltissimi in capo a grandi aziende, dipartimenti governativi, pertanto inevitabilmente questo aiuta a creare un capitalismo di stato, controllato e calmierato ma potenzialmente libero di esprimersi ai livelli più impensabili, innumerevoli sono gli esempi e per noi che viviamo qui tutto questo è quotidianità, una quotidianità a volte complessa non solo da vivere ma anche da raccontare ai nostri conterranei, che spesso si limitano a chiederci come facciamo a mangiare con le bacchette (..).
Per Erik Bjornsen – Co-fondatore / Presidente “Associazione Liguri in Cina”
1- L’anno di fondazione della Associazione “Liguri in Cina”, regolarmente registrata al Consolato Generale di Shanghai, è il 2018. Come nasce l’idea di costituire l’Associazione “Liguri in Cina”?
Verrebbe spontaneo e goliardicamente rispondere da quattro amici al bar, in realtà era nell’aria, complice gli incontri sempre più frequenti tra alcuni dei soci fondatori, l’esistenza di un gruppo Ligure e il desiderio di condividere un pensiero comune hanno di fatto consolidato l’idea di formalizzare un impegno e renderci utili per rafforzare i rapporti e le relazioni con il nostro territorio.
2- Ad oggi si può fare una stima dei Liguri in Cina? I settori di interesse prevalente quali sono?
Non è stato mai fatto un censimento, tuttavia possiamo stimare che siano un paio di centinaia tra quelli conosciuti, semplicemente incrociati, interessati a stabilire rapporti o mantenersi isolati (attitudine a noi sconosciuta!), che si muovono in ambiti diversificati. Liberi professionisti, come avvocati, commercialisti, architetti, designers, operatori turistici, seguiti da imprenditori, spedizionieri, commercianti, dirigenti di aziende o semplicemente dipendenti di aziende internazionali o locali.
3- A due anni dalla sua fondazione, l’Associazione ha dovuto superare la tempesta Covid. Un fattore che ha paralizzato per diverso tempo gli scambi commerciali e culturali nel mondo. Come avete reagito all’arrivo della pandemia?
La reazione e’ stata proporzionale all’intensità dell’evento, percepito e vissuto diversamente rispetto a quanto accaduto in Italia, per modalità, tempi e intensità, e che certamente minato la presenza di tutta la comunità internazionale inclusa quella dei Liguri. Se pochi, infatti, si sono rifugiati in Italia colti increduli al manifestarsi dell’evento nel 2020, in moltissimi hanno abbandonato la Cina a causa delle restrizioni imposte nei due anni successivi e culminate con la chiusura totale per alcuni mesi del 2022 che di fatto ha convito i pochi superbisti ad abbandonare il Paese non riuscendo ad accettare condizioni proibitive a cui abbiamo tutti dovuto sottostare.
4-L’attuale assetto geopolitico ha cambiato in qualche modo la vostra attività? Dal 2018 ad oggi sono cambiate molte cose: conclusa la pandemia covid oggi assistiamo a conflitti che non agevolano scambi commerciali e relazioni…
Per quanto riguarda la Cina, possiamo dire che solo a partire dal gennaio del 2023 ci siamo lasciati alle spalle definitivamente gli strascichi della pandemia, permettendo, di fatto, la ripartenza della vita in tutti i suoi aspetti, sociale ed economico. Sarebbe un discorso lungo e complesso su cui spendere giornate anche solo accennando ad un’analisi degli assetti geopolitici che si sono configurati e/o che sono in atto in questo momento e come questi possano in parte o totalmente aver condizionato le relazioni a tutti il livelli e, a scendere, a interferire con le nostre attività. Posso solo affermare che è significato ripartire da un livello molto più basso, riorganizzando relazioni e programmazioni azzerate negli anni precedenti.
5-Considerando la vostra esperienza diretta da imprenditori che hanno lavorato e tutt’ora operano all’interno del mercato Cinese quale bilancio potete tracciare? Che paese è oggi la Cina e quale tipo di tessuto imprenditoriale ha sviluppato negli anni?
Molteplici gli aspetti da considerare e le condizioni a contorno che, mutate nel corso degli ultimi venti anni, hanno determinato uno sviluppo del tessuto imprenditoriale vario e eterogeneo, dando luogo a improvvisazioni sull’onda della produzione di massa e le richieste da tutto il mondo, sino a giungere a sovrapporre un tessuto coerente, consolidato e maturo in grado di soddisfare ogni esigenza in termini di qualità. Si è passati da processi con manodopera estemporanea a robotica spinta, accettando nel tempo e investendo in innovazione tecnologica come mai visto prima. Fortunatamente e necessariamente, questi due aspetti del tessuto industriale continuano ad esistere, in percentuali diverse dal passato, crenato terreno fertile per crescita formativa e rinnovamento continuo.
In questo contesto, ritengo esistano gli estremi per riuscire a fare qualunque cosa, realizzare ogni tipo di idea imprenditoriale che abbia un buon fondamento anche per le politiche locali, diverse per aree geografiche, in grado di favorire le aziende con incentivi di varia natura a fronte di manodopera locale impiegata e sviluppo economico generato. Credo che quanto descritto corrisponda ad una visione ed esperienza personale, probabilmente diversa da molte altre, diversamente più completa di molte altre.
6-Un elemento che tante volte non viene affrontato riguarda proprio lo scambio culturale che un grande paese come la Cina offre: non solo un interesse economico ma anche e soprattutto culturale. Una cultura millenaria che offre un patrimonio culturale e bellezze naturali uniche nel mondo. Su cosa pensate che sia importante porre l’accento in un panorama così ampio?
Io considero diversamente il termine culturale nella sua accezione. Ritengo che la cultura sia personale, più che collettiva, mentre ambiti che appartengono a diversi luoghi hanno valenze diverse: arte, architettura, letteratura, cucina, folklore sono da ricondurre a modelli comportamentali. Esistono poi, similitudini in alcune aree della terra, distanti tra loro e quasi incompatibili, che ci fanno sentire a più vicini, diversamente, ai nostri luoghi di origine, ed e’ quello che accade vivendo in Cina. Se si hanno i sensi per cogliere e leggere quello che ci circonda, si scopre che la Cina e Italia hanno moltissimi punti in comune e nel corso dei millenni hanno avuto molti punti di contatto attraverso viaggiatori, mercanti e precursori. La cucina e’ variegata, ogni città ha piatti diversi, ogni area è stata influenzata da contaminazioni, contatti con altri popoli e conquiste di altri luoghi: la storia è millenaria e disseminata di interesse per cui ogni luogo si presta a fornire elementi di interesse e spunti lontani o vicini nel tempo, che si prestano ad interpretazioni e riflessioni. Basta avere una occhiata priva di pregiudizi, aria serena di chi esplora con curiosità riconoscendo nelle diversità il piacere di qualcosa di nuovo, assaggiare per capire se il cibo è tollerabile al nostro palato prima di giudicare mangiando solo con gli occhi, questi gli elementi che sono necessari per viaggiare in Cina, sempre pensando umilmente a come eravamo nel nostro passato.
7-La Cina rappresenta un modello classificato come Capitalismo di Stato poiché è lo Stato che dirige e guida tutti gli aspetti principali dell’economia: settori pubblici e privati. Come si opera e come ci si muove all’interno di una Repubblica Socialista guidata da un solo Partito?
Come si definisca non mi e’ ancora chiaro, quello che apprezzo sono gli aspetti e gli indirizzi che lo compongono. Cosa che realmente conta sono le linee guida che vengono tracciate e che nel corso degli ultimi venti anni, quelli che ho speso in Cina, mi hanno fatto apprezzare la visione sempre coerente, sempre attenta al bene comune. La visione, o programmazione, e’ proiettata a 30/35 anni e tutto viene realizzato in funzione di rendere il Paese pronto per accogliere le generazioni future, mettere i cittadini in condizione di poter scegliere la vita che preferiscono in base alle proprie aspirazioni personali, dopo il periodo scolastico, agevolarli nel creare lavoro e opportunità. Ci sono regole da seguire, certamente, ma dettate dal buon senso e a volte mi domando come mai questo manchi altrove. Infine vorrei porre l’accento sul termine “common prosperity”, per descrivere il necessario aggiustamento di rotta di quello che viene descritto come Capitalismo di stato. Si tratta fondamentalmente di ridurre le disparità economiche attraverso diverse azioni agendo sulle aree rurali piu’ povere promuovendo investimenti in grado di generare lavoro dove scarseggia, che ha determinato migrazioni e abbandoni, favorendo la resilienza nei luoghi di origine e dignità attraverso il lavoro, salvando villaggi e luoghi meravigliosi da inevitabile oblio. Trovo tutto questo stimolante, così come le dinamiche che si sviluppano nelle comunità rurali, di condivisione, cooperative e lavoro condiviso che generano benessere e contribuiscono a rendere questa nazione interessante ai miei occhi. Osservo e imparo sperando sempre che qualche esempio di qua possa essere recepito nel nostro Paese e cambiare qualcosa, augurandomi di essere sempre in grado di poter offrire esempi del mio Paese da riproporre qua per migliorare la qualità della vita di qualcuno degli ultimi.