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Sarzana ha ricordato Dino Grassi ad un anno dalla scomparsa

“L’essere operaio di Grassi è in tutta la sua vita, è la componente che spiega Grassi come politico e Grassi come persona”.

Dino Grassi è stato ricordato a Sarzana, a un anno dalla scomparsa, per iniziativa del Comune di Sarzana e dell’Associazione Culturale Mediterraneo. E’ stata inaugurata la mostra “Uomini e navi”, visitabile nell’atrio di Palazzo Civico fino a mercoledì 29 maggio ed è stato presentato il libro di Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”.

Dopo il saluto del vicesindaco Carlo Rampi, che ha ricordato l’impegno di Grassi come consigliere comunale e assessore a Sarzana, sono intervenuti Egidio Banti, Andrea Ranieri e Giorgio Pagano, curatore del libro e della mostra.

Banti ha definito Grassi un “custode del futuro”, ricordandone la dignità e la pacatezza e l’afflato unitario che lo contraddistinse e che portò i lavoratori del Muggiano a superare le antiche divisioni e a lottare uniti per la salvezza del cantiere e per i salari e i diritti fin dall’inizio degli anni Sessanta. “Gianfranco Padula, leader della CISL del Muggiano, regalò a Grassi, quando fu eletto in Regione, una copia della Bibbia: un simbolo - ha affermato – dell’incontro che si realizzò allora tra i due umanesimi, marxista e cristiano”.

Ranieri ha affermato che “l’essere operaio di Grassi è in tutta la sua vita, è la componente che spiega Grassi come politico e Grassi come persona”: “le sue mani producono e pensano”. Ranieri ha ricordato Grassi come “la persona più gentile che abbia conosciuto” e ha evidenziato come la “Memoria” si fermi al 1975: “di raccontare il dopo gli mancherà, dice a Pagano nell’intervista che gli farà nel 2023, poco prima della sua morte, la voglia e la forza”. Grassi – ha concluso – “non rinnegherà mai il suo essere fino in fondo comunista, e di avere visto nell’Unione Sovietica il germe di una speranza di liberazione del mondo intero dalla miseria e dallo sfruttamento. Non credo che avesse nostalgia dell’autocrazia stalinista. Piuttosto vide e con qualche sensatezza come il ripudio della parola comunista, avvenisse contestualmente alla marginalizzazione della centralità degli operai e della cultura del lavoro”.

Pagano ha ripercorso la vicenda umana e politica di Grassi e ha così concluso:
“Voglio ringraziare Dino Grassi perché grazie al suo libro, e alla campagna nata attorno al libro, abbiamo contribuito a sollevare una grande questione: la dignità e la libertà del lavoro oggi in Fincantieri. Dino nel libro ricorda il 1932: ‘Poco dopo il “fischio” veniva snodandosi su per la salita che da Muggiano porta a Pozzuolo – e quindi Pugliola, Lerici, Sarzana, ecc. – un corteo di uomini lavati e riordinati negli abiti, a piedi molti, in bicicletta parecchi, che vociavano tra loro delle cose più diverse’. Oggi l’80% del valore di una nave è realizzato da ditte esterne. Tagliare i costi, lavoro al ribasso. Chi paga i conti è il lavoro vivo, in gran parte precario, in gran parte migrante. Sono bengalesi: non escono ‘lavati e riordinati’ come nel 1932. Non hanno docce e stipetti. Salgono puzzolenti sugli autobus, scansati da tutti. Vige il sistema della paga globale: tutto è conglobato in una paga oraria individualizzata contrattata tra il lavoratore e l’impresa appaltatrice. Un sistema retributivo illegale. O si affrontano questioni come queste o non c’è futuro per il sindacato, per la sinistra, per la democrazia”.

 

 

 

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