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Intervista a Federico La Valle, speaker dello Spezia Calcio e fondatore degli Ultras Spezia 1974 In evidenza

di Luca Erba - “Ho iniziato ad andare al Picco con papà, una vita di tribolazioni per la maglia bianca”.

Federico La Valle, uno dei fondatori degli Ultra Spezia 1974. Conduttore, radiocronista, presentatore e telecronista. Dal 1999 speaker dello Spezia Calcio, voce inconfondibile dell’Alberto Picco. Ci tiene a precisare però che in trasferta va sempre con gli Ultras. A ribadire che le radici non si possono dimenticare e che i grandi amori non si dimenticano mai. Negli anni è stato anche dirigente per i rapporti con la tifoseria. Nella sua lunga carriere non c’è soltanto lo stadio, da diversi anni infatti è la voce che scalda la Morin durante il Palio del Golfo.
Nasce a La Spezia il 16 luglio del 1958, una data non casuale.
Infatti il 16 luglio di quest’anno si ricorderà proprio l’ottantesimo anniversario dello scudetto della squadra dei Vigili del Fuoco. Insomma, era già scritto nelle stelle questo amore per la maglia bianca…

"È proprio così. Ho iniziato ad andare al Picco da bambino con papà, la prima partita che ho visto è Spezia-Genoa. Abbiamo perso uno a zero.. Da lì ho iniziato a “tribolare” per tutta la vita…"

 
Federico, un campionato a dir poco intenso con un finale al cardiopalma contro il Venezia. Dopo tanti campionati, in tante categorie, questa stagione come l’hai vissuta?
L’ho vissuta con tanta sofferenza, con tanta ansia. Avevamo la sensazione, come l’anno scorso di essere finiti nel vortice della crisi… Poi fortunatamente con un cambio gestionale da gennaio in poi e con un grande colpo di coda negli ultimi quarantacinque minuti della “regular season” ce l’abbiamo fatta contro tutto e tutti. Quest’anno è andata meglio…


Il Picco è la casa degli spezzini, un ambiente ostile si è scritto... Memorabili le dichiarazioni di Trezeguet dopo la partita al Picco di un ormai lontano 2007, il nostro primo storico anno di serie B. Quindi c’è ancora il “fattore” Alberto Picco?
Ricordo le dichiarazioni di Trezeguet in quel campionato, ma anche quelle di Sarri in serie A e Ulivieri negli anni scorsi, sono cose che indubbiamente ci inorgogliscono. Ci piace essere, calcisticamente parlando, burberi e inospitali. Questa è la storia del Picco, ha questo fascino calcistico. Se lo dicono anche gli ospiti un motivo sicuramente c’è, un motivo che si vede e si sente…


Si dice che lo spezzino sia sempre un po’ “mugugnone”… Che percezione hai avuto del pubblico in questo campionato?
Il mugugno è nel nostro DNA, però siamo un pubblico che riesca e anche a dare tanto.
A noi ci basta poco: ci basta vedere cuore, sudore, grinta, passione… Ci emozioniamo per due contrasti sotto la gradinata, per “tre calci d’angolo” sotto la Curva. Quest’anno poi è stata un’altalena di situazioni particolari, che hanno creato qualche contrasto. Sentire durante la telecronaca della partita contro il Venezia: “sono 10.000 ma sembrano 100.000 mila” direi che fa venire i brividi.


Spesso si vive a cavallo della retorica del passato… Tu che hai vissuto tutte le stagioni del tifo organizzato, sin dalla nascita del movimento ultras nella nostra città, che riflessione fai? Il tifo è cambiato? E se è cambiato quali sono i fattori di questo cambiamento?
Si, è cambiato tantissimo. Pensa che quest’anno sono cinquant’anni dalla nascita degli Ultras Spezia. Ci sono molteplici fattori che hanno caratterizzato questo cambiamento. Queste nuove generazioni hanno vissuto e vivono un calcio completamente diverso dal nostro, diverso da quello che abbiamo vissuto noi. Una volta ti avvicinavi al mondo del calcio e del tifo in maniera più diretta, più schietta, più spontanea. Ora è tutto più “tecnologico”, ci sono i social network, il business. È un mondo ovattato, manca un po’ di empatia ed è un peccato perché specialmente qui in questo grande paese che è Spezia questa dimensione di “spontaneità” del calcio andrebbe valorizzata e difesa.


La “geografia” ultras è cambiata radicalmente. Amicizie, gemellaggi, simpatie… Tutto in discussione con qualche tensione non preventivata. Si pensi ai doriani o alla rottura con i parmigiani, prima nelle nostre “simpatie” e oggi non più…
È cambiato completamente il modo di ragionare. Parecchi gruppi negli anni si sono sciolti, ci sono troppi intrecci trasversali tra tifoserie in tutta Europa. Il rischio di una spaccatura è sempre presente. Avverto che ci siano dietro molti molti interessi.. Da noi per fortuna no. Il nostro credo, e quello dei ragazzi di oggi, non si è mai intrecciato con la politica. Il nostro è un sentimento genuino che si è chiamato fuori dagli interessi del business.
Un tratto che caratterizza la nostra storia. Un plauso sincero va rivolto alla curva e al cammino che ha fatto in questi anni.


Un’ultima domanda è obbligatoria…Federico, che campionato ti aspetti?
La serie B è la nostra categoria, io ci sto bene sinceramente.. Ma se capitasse ancora un giro sulla giostra con la A maiuscola, che dire… per la nostra Città!

 

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