Sarzana Si Può, associazione civico culturale, ha organizzato una serie di iniziative per capire come nella Val di Magra, terra di antica tradizione “ortofrutticola”, luogo di coltivazione di prodotti di qualità, rinomati in zona ma non solo, sia riconosciuta la strategicità dell’agricoltura locale.
I dati nazionali non sono confortanti: le aree coltivabili secondo il Rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato dall'ISPRA, rivela che il processo del consumo del suolo ha raggiunto la velocità di 2,4 m2 al secondo, avanzando, in soli dodici mesi, di ben 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021.
Inoltre, esistono altre criticità che rendono difficile la sopravvivenza di molte aziende agricole, in particolare prezzi bassi pagati ai coltivatori e una complessa burocrazia che impedisce di aggregare valore ai prodotti.
Per il 29 febbraio al Cinema Moderno, dalle 17,00, Sarzana Si Può ha organizzato un incontro con le Amministrazioni di Sarzana, Ameglia e Luni, le Associazioni degli agricoltori, CIA, Confagricoltura e Coldiretti insieme ad una delegazione di alunni e professori dell’Istituto Agrario Parentucelli Arzelà, per discutere sul futuro dell’agricoltura in Val di Magra.
Marco Balzi e Roberta Ambrosini, Presidente e Vice Presidente dell'Associazione, spiegano: "Un’economia locale, prospera e sostenibile, è frutto dell’interdipendenza tra settori produttivi in grado di formare un circuito virtuoso dove un settore traina l’altro e tutti contribuiscono a distribuire ricchezza.
La Val di Magra ben si presta a diventare un polo turistico ed enogastronomico d’importanza nazionale, capace di attrarre copiosi flussi turistici a condizione che il territorio non sia devastato dalla speculazione edilizia e dall’inquinamento.
Come scrive nel suo libro “L’intelligenza del suolo”, il Prof. Paolo Pileri, docente di Pianificazione del Territorio del Politecnico di Milano: “Il suolo non è solo intelligente ma soprattutto generoso, ma purtroppo è anche molto fragile ed è inerme di fronte alla stupidità e all’avidità di chi lo considera una “risorsa” da sfruttare. Non è rinnovabile né resiliente: quando viene cementificato, impermeabilizzato, eroso o inquinato è perso per sempre”.