Proseguono le inchieste della Redazione di Gazzetta della Spezia, per capire come la pandemia di COVID-19 ha cambiato il panorama economico, sociale e sanitario spezzino.
Abbiamo incontrato il Direttore Generale di ASL 5 Dott. Paolo Cavagnaro, il presidente dell’Ordine dei Medici della Spezia Dott. Salvatore Barbagallo, il vicepresidente dell’Ordine Professionale Infermieri Gianluca Ottomanelli e la presidente di Federfarma La Spezia e Liguria Dott.ssa Elisabetta Boracchia, chiedendo loro di fare il punto sul panorama della Sanità spezzina prima e dopo la tempesta COVID-19.
Paolo Cavagnaro: Fondamentalmente ragioniamo sul 2023, cioè da quando il Ministero ha iniziato a comunicare la fine del periodo pandemico e la riduzione dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali negli ambienti esterni e non in presenza dei fragili. Per quanto riguarda la Sanità, questo ha portato molta aspettativa all’utente sul recupero di determinate prestazioni. Ribadisco che durante il periodo del COVID, le urgenze sono state tutte esaudite e anche gli interventi chirurgici che era necessario eseguire entro trenta giorni, prevalentemente patologie oncologiche. Per le altre prestazioni, ovvero quelle di elezione, le visite specialistiche e le indagini diagnostiche, nel periodo post-pandemico abbiamo aumentato l’offerta e gradualmente esaudito quelle che erano le richieste, azzerando di fatto, a parte l’ortopedia, le liste chirurgiche. Oggi siamo ampiamente sopra il numero di prestazioni erogate nel 2022 e siamo tornati, in alcuni casi, al numero di quelle effettuate nel 2019: fino ad agosto eravamo al 6% in più rispetto al 2022, anno in cui le prestazioni erogate sono state già al di sopra del 2021. Teniamo presente che a inizio 2022 alcuni reparti erano rimasti COVID e quindi, per quanto riguarda gli interventi chirurgici di elezione, nei primi tre mesi ne abbiamo fatti pochi.
Ora, capisco che dico una cosa un po' impopolare, ma a mio avviso è necessario che la prestazione richiesta rispetti criteri di appropriatezza, secondo le indicazioni del Ministero, ovvero deve essere fatta nel posto giusto, dalla persona giusta e nel momento giusto. Questo è il tema più importante. Regione Liguria, in questo momento, con ALISA e i Dipartimenti interaziendali, ha focalizzato l’attenzione sulle gastro e colonscopie, soprattutto quest’ultime sono uno dei talloni d’Achille delle nostre liste d’attesa: sono esami che vengono erogati solo dall’ASL, non essendoci privati accreditati. Quindi i nostri gastroenterologi devono operare sia per le liste d’attesa, che per gli screening del cancro del colon retto e per i ricoverati. Quindi non solo attività che provengono da richieste esterne che vanno sul CUP. Poi ci sono altri settori in cui siamo un po' in sofferenza, perciò è oggettivo che se non si ritorna ad una maggiore appropriatezza prescrittiva, saremmo sempre un po' a rincorrere le liste d’attesa.
Dopo il COVID c’è stata una ripresa anche degli screening oncologici, anche se più lenta perché c’è dietro una macchina organizzativa importante. Stiamo riflettendo di fare insieme, magari all’ordine dei medici, infermieri e farmacie, un richiamo sull’importanza dello screening del colon retto, perché sicuramente non siamo soddisfatti della risposta dei cittadini alle chiamate, mentre va sicuramente meglio lo screening mammografico e della cervice uterina. Riusciamo a fare le colonscopie entro 30 giorni, come prescritto dalle linee guida quando c’è sangue occulto positivo, però si può insieme fare di più. Vorrei sottolineare, inoltre, che se il cittadino non vuole più usufruire di una prestazione, è importante che disdica: nel giro di 24 ore la visita viene rimessa in ricircolo e può essere riprenotata da altri.
Salvatore Barbagallo: Il COVID è stata una vera e propria tempesta, sia per quello che hanno vissuto i pazienti che per quello che ci è caduto addosso e per tutte le evenienze che si sono susseguite. Il tutto è partito molto lentamente, ricordo il primo contagio avvenuto in Lombardia, quel nostro concittadino, era ancora febbraio e poi da marzo è partito tutto velocemente. Vorrei fare un appunto anche su come ha reagito la nostra Sanità locale, purtroppo è gravata da carenze che sono lontane nel tempo, però è bene segnalarle, perché sono carenze che vengono a perpetuarsi negli anni alle quali l’attuale Dirigenza ha dovuto far fronte. La nostra Sanità è uscita a testa alta da questa situazione, grazie soprattutto ai medici, infermieri e a tutti gli altri professionisti che si sono impegnati. Considerando le carenze legate alle strutture e al personale, siamo riusciti a superare la situazione in maniera egregia. Questo va detto perché, secondo me, non è stato segnalato abbastanza in questa città. So di realtà, anche vicine, che sono uscite in maniera più acciaccata rispetto alla nostra, nonostante avessero strutture più adeguate.
Nel periodo COVID, le abitudini dei pazienti sono mutate, vigendo l’obbligo di far riferimento al medico “a distanza”, si è venuta a instaurare una sorta di “telemedicina” che si sta perpetuando anche attualmente. Vi sono anche aspetti negativi di questa tipologia di rapporto, sia nei confronti del medico di medicina generale che specialista, le richieste un po' sopra le righe rispetto alle reali necessità e che vanno ad ingorgare quelle che sono le possibilità di risposta dei Sanitari. La possibilità di servirsi del medico e del personale sanitario a distanza è senz’altro una via del futuro che andrà continuata, si sta cercando infatti di codificare bene quelli che sono gli aspetti legati alla “telemedicina” dal punto di vista medico-legale e di responsabilità. Però il paziente deve rendersi conto di dover utilizzare questi sistemi con un po' più di attenzione e, anche in questo caso, possiamo dire che è valido quanto detto dal Direttore Generale Paolo Cavagnaro circa il concetto di appropriatezza, essenziale in questo momento perché non si può dare tutto a tutti se non è necessario. L’appropriatezza, secondo me, deve essere regolamentata e può esistere se vi è un rapporto stretto tra medico e paziente. Il Sanitario di riferimento, sia esso ospedaliero, specialista o medico di medicina generale, può guidare il paziente ad un accesso alle prestazioni adeguate. Spesso la mancata appropriatezza è legata al fatto che alcuni pazienti, per ragioni di necessità, si devono servire di Sanitari al di fuori del SSN, a volte anche in altre città. Qui avviene una duplicazione di richieste, di indagini, a cui segue uno sperpero delle possibilità di servizio.
Gianluca Ottomanelli: Non voglio dimenticare i 27 mesi di pandemia. Voglio anche ricordare che cosa siamo stati capaci di fare da tanti punti di vista. Certo, la pandemia ha cambiato tantissimo il modo di lavorare dei professionisti sanitari, è indubbio. Sicuramente la tecnologia è un aspetto importante per noi infermieri, parliamo di “sanità digitale”, di centralità del cittadino in un’ottica di prossimità. L’informatizzazione ci può aiutare, al di là di quello che possiamo trovare all’interno di un ospedale o nelle strutture residenziali fino ad arrivare alla prossimità. La tecnologia ci supporta nell’aiutare i cittadini, nell’ultimo aspetto delle cronicità, basti pensare ad attività da domicilio all’ospedale e viceversa e verso tutti i servizi che si possono trovare nella nostra realtà quali DSA, centri diurni, ambulatori. E’ indubbio che il pensiero dell’infermiere è sempre quello di mettere al centro il cittadino, perché queste attività, che si potrebbero fare con l’aiuto della tecnologia e che, in parte già facciamo, possono funzionare solo se sono coinvolte le famiglie e le comunità tutte.
Sicuramente dopo il periodo COVID, l’infermiere ha avuto più consapevolezza del suo ruolo, prima eravamo meno consapevoli di quello che potevamo fare, e quindi nel corso d’opera ci siamo trasformati. Secondo me un altro aspetto che ha cambiato la nostra professione, è il valore della multi-professionalità, forse la pandemia ci ha fatto capire quanto sia importante collaborare tutti insieme, questo penso sia uno dei più grandi cambiamenti. Mi viene anche da dire che in questo momento ci sia una grande stanchezza, aspetto che porta a dare più importanza al benessere della persona. Fondamentalmente, ci siamo accorti che anche le piccole cose sono importanti e questo è un aspetto che ci siamo portati dietro dal periodo pandemico. E’ importante creare un ambiente adeguato alle persone, non curiamo più solo le persone, ma le mettiamo al centro.
Altro aspetto importante, è la continuità delle cure, lo abbiamo capito bene, come tutti gli altri colleghi medici e farmacisti, un passo avanti molto importante, ma difficile, anche per la grande mancanza di personale. Diciamo che l’emergenza non è finita, terminata la pandemia, ora c’è l’emergenza legata al personale. Il pubblico ha gestito con i concorsi, ma il territorio è in sofferenza sull’aspetto della prossimità e della continuità delle cure. Ora siamo riusciti con l’infermiere di famiglia ad ampliare questo tipo di rete, però ricordiamoci che c’è anche una sanità legata agli anziani e ai disabili che ha bisogno di personale qualificato e purtroppo mancano 63.000 infermieri in Italia e, dopo i pensionamenti, ne mancheranno di più.
Elisabetta Boracchia: Il COVID ci ha dato uno scossone, uno choc incredibile che ha determinato, però, anche un trend positivo: ha fatto accelerare processi che erano già in stato embrionale da anni. Si parlava di Farmacia di servizi da 10 anni, di digitalizzazione se ne discuteva da sempre, la ricetta dematerializzata era un progetto avviato 14 anni prima del periodo pandemico. Ci sono voluti dieci anni senza fare niente e poi in un mese è partito tutto. Penso che dietro ci sia una questione di volontà, che può funzionare se i processi sono chiari. L’Italia è un paese che ha tante risorse, ma spesso abbiamo voglia di assumere ruoli che non vogliono dire niente se non sono condivisi con altri. E questo va a incidere anche sull’uso delle risorse, che sono poche.
Come abbiamo detto altre mille volte, il problema delle liste d’attesa, non può essere risolto immettendo risorse e generando più appuntamenti, non lo risolveremo mai se non si va al concetto di appropriatezza come hanno sottolineato il Direttore Generale Paolo Cavagnaro e i colleghi. L’appropriatezza è fondamentale, parte dal medico, il cittadino diventa consapevole, può avere bisogno dell’infermiere e poi viene in farmacia, che è il punto che deve fare da collettore. Qui poi parliamo di circolarità delle informazioni, io mi auguro che la scuola che abbiamo imparato durante il COVID, ci porti a ragionare sul fascicolo sanitario. Dobbiamo ognuno, per la propria professionalità, aggiungere informazioni nel fascicolo di ogni utente, magari sottolineando se un soggetto non segue le cure, perché il medico può prescrivere la migliore terapia, ma se il paziente non assume i farmaci in modo regolare, il processo fallisce. Anzi, generiamo una spesa inappropriata. Quindi, bisognerebbe che tutte le professionalità, e ne abbiamo tante, contribuissero a questo obiettivo.
Credo che la Sanità sia un sistema che ha una parte tecnologica, che è fondamentale, e una parte professionale, che è altrettanto importante, ma se creassimo davvero il fascicolo sanitario per ogni utente, penso risparmieremmo risorse e tempi senza che ogni volta dobbiamo raccontarci cosa è successo ad un determinato cittadino. Oggi, ad esempio, si esce dal pronto soccorso con un certificato, il medico deve riprendere tutto e ricopiare e poi il cittadino deve venire in farmacia e noi replichiamo ancora una volta e poi, magari, l’infermiere va a casa e deve comprendere ancora una volta il pregresso. Le terapie devono poter essere controllate nella loro integrità. Ad esempio, se un cittadino va in altra regione, non si ha traccia di questo nel suo fascicolo.
Il COVID ha dimostrato che se ci mettiamo tutti insieme riusciamo a superare crisi gravissime. Una piccola nota: parlo delle vaccinazioni che hanno avuto un grande impatto dal punto di vista lavorativo, le farmacie si sono organizzate autonomamente, senza incidere sul personale del SSN, già impegnato in attività onerose. E in questo caso la Regione Liguria, ha capito che la farmacia è importante, non è un’attività meramente commerciale. Altro esempio: per la distribuzione dei presidi per diabetici, che è l’ultimissima attività inserita, le farmacie hanno avvicinato al cittadino un servizio importante per ridurre costi e spese che gravavano sulle famiglie. Oggi, ai 25 punti di distribuzione in Liguria del SSN, ne abbiamo aggiunti, grazie alle farmacie, altri 600.
In farmacia il cittadino ha la possibilità di prenotare vaccinazioni e prestazioni, attraverso la tessera sanitaria può vedere tutte le prescrizioni del medico e non dovere più ricevere messaggi mail e tanto meno recarsi al domicilio del medico. Da noi il cittadino può trovare informazioni. Spesso però l’utente non conosce i servizi. Per quanto riguarda la tecnologia digitale, si può fare in farmacia il cambio medico, i tamponi che vengono caricati sulla piattaforma, le vaccinazioni antinfluenzali con registrazione sul sistema vaccinale regionale: dopo la vaccinazione, consegniamo al cittadino il certificato con la sua situazione completa.
L’ospedale ha problemi di risorse e personale e va alleggerito. Le case di comunità, se regolarmente collegate ai medici di base, infermieri e farmacie, possono sollevare da un grosso peso. Tutto quello che dipende dalla cronicità e da casi non gravi, non può dipendere dall’ospedale dove invece deve andare il soggetto con le forme acute, con gravi problematiche e che potrà trovare un accesso più facile.
L’inchiesta è proseguita chiedendo agli intervistati di spiegare quali sono i progetti e le innovazioni avviati nei propri settori di riferimento.
Paolo Cavagnaro: Dopo il COVID è rimasta stanchezza nel personale, quello che siamo riusciti a fare è reclutare nuove risorse. Stiamo andando avanti con molti concorsi per medici, il tema più sentito nella nostra ASL. Tutte le innovazioni, se non ci sono i professionisti, risultano difficili da applicare. C’è stata una grande implementazione del personale e dei dirigenti medici.
Da un punto di vista organizzativo l’infermiere di famiglia e comunità è un’innovazione. In accordo con l’Università di Genova abbiamo organizzato un master, il 15 novembre hanno discusso la tesi una decina di infermieri, che in parte sono già attivi. Abbiamo deciso di partire con le aree interne, dove maggiormente si sente la carenza del medico di medicina generale, in particolare l’Alta Val di Vara. Quindi abbiamo avviato questa esperienza a Riccò del Golfo e in altri comuni, in accordo con i medici che sono ancora presenti in quelle zone.
Questo progetto interesserà tutti i distretti, anche La Spezia. Il punto centrale, in coordinamento con i medici e le farmacie, sarà la gestione delle patologie croniche, avviando un processo di medicina di iniziativa, non aspettando che il soggetto venga in ambulatorio, ma andandolo a cercare attraverso l’utilizzo degli strumenti telematici ed effettuando una stratificazione dei bisogni della popolazione. I medici di medicina generale, estraggono dai loro archivi casi specifici di pazienti “fragili”, li segnalano e, questi, vengono presi in carico in modo condiviso dagli infermieri di comunità. Altra innovazione, un upgrade tecnologico, sicuramente le due nuove TAC all’ospedale Sant’Andrea, una nuova macchina per la medicina nucleare e una risonanza per l’Ospedale di Sarzana.
Salvatore Barbagallo: Abbiamo in questo momento una Direzione Sanitaria che sta lavorando in maniera egregia, quello che è carente sono le direttive della Regione. Non abbiamo ancora un’organizzazione organica e sinergica dei due ospedali della Spezia e Sarzana, abbiamo un erigendo nuovo ospedale per il quale, purtroppo, sono venute a meno quelle che erano le sue iniziali prerogative, siamo partiti con un ospedale DEA di 2° livello, con 600 posti letto, ma ho letto ultimamente che siamo sotto i 400 e DEA di 1* livello. Il costo di questo ospedale, che graverà sulla ASL, secondo me non è più conveniente.
Abbiamo i nuovi monoblocchi costruiti nella vicina Massa con 360 posti letto, che sono costati intorno ai 160 milioni. Quindi il costo del Sant’Andrea nuovo è fuori obiettivo, quello che si attende è un’organizzazione precisa. Cosa succederà al San Bartolomeo? Nella nostra ASL abbiamo avuto una riduzione di oltre 200 posti letto, meno di quelli che sono previsti dalla legge Balduzzi e seguenti modifiche. Quindi abbiamo un turnover maggiore di pazienti che per gli operatori sanitari significa un carico enorme. Situazioni che devono essere risolte e per le quali non è sufficiente dire che questo fardello è stato ereditato dalla precedente amministrazione. Dalle ultime due gestioni della Dott.ssa Troiano e del Dott. Cavagnaro abbiamo avuto un colpo di reni, impegno che riconosciamo tutti quanti, ma è necessario superare l’impasse. Ormai il cittadino si è rassegnato, ma non deve essere così.
Vorrei puntualizzare sul personale medico: il Dott. Cavagnaro si sta impegnando tantissimo ad assumere nuovo personale medico tramite concorso, ma va contro una problematica nazionale, che è enorme. Dal 2000 al 2022 si sono trasferiti all’estero almeno 130.000 medici italiani, la metà dei laureati in quel periodo: in Italia, infatti, si laureano circa 10.000 medici l’anno. Negli ultimi tre anni si sono trasferiti ben 40.000 medici. È inutile quindi allargare i posti universitari del corso di medicina, inoltre fino a qualche anno fa su 5000 posti a concorso per la specializzazione ogni anno vi erano 10.000 concorrenti, vanno adeguati gli stipendi del personale sanitario. Questa è una situazione che non può reggere. Noi abbiamo una riduzione, un impegno in rapporto al PIL del 6-7% in confronto a Germania e Francia dove è il 10-11%. In termini assoluti a fronte di 136 milioni che sono impegnati per la Sanità italiana, la Francia ne investe 20 milioni in più, mentre la Germania 40 a fronte di 80 milioni di abitanti. Le risorse non sono così distanti da quelle che impegniamo noi, probabilmente vanno utilizzate in maniera diversa, altrimenti l’offerta che diamo in Italia rispetto ad altri paesi non è adeguata. Quando è scoppiato il COVID, a fronte dei nostri 4500 posti di rianimazione, in Germania ve ne erano ben 22.000.
Gianluca Ottomanelli: Mi lego a quanto detto dal Dott. Barbagallo, lo stesso vale anche per gli infermieri. In due anni sono circa 15.000 gli infermieri ad essere andati all’estero, la Germania sta facendo man bassa alle università tant’è che li intercetta al secondo anno di formazione. L’ordine professionale ha voluto a tutti i costi il master e ha messo a disposizione anche borse di studio per il conseguimento del titolo di infermiere di famiglia. Lo scopo di questa figura professionale è quello di portare all’equilibrio di salute della persona. Il fatto che la medicina sia di iniziativa è importantissimo. Pensate: intercettare le persone nei paesi dove il medico non arriva facilmente, dove possono essere monitorati giorno per giorno, ad esempio, rispetto all’assunzione di farmaci. Il progetto COT(Centrale Operativa Territoriale) che ASL sta portando avanti ora, credo sia uno dei progetti più interessanti insieme alla rete di comunità, penso sia la vera innovazione, non tanto la centrale operativa territoriale, ma aver costruito attorno una rete che possa supportare il cittadino, soprattutto i più fragili e con difficoltà a muoversi, con servizi che vanno ad esempio dall’acquisto dei farmaci all’accompagnare per le visite dal medico.
Elisabetta Boracchia: Mi ricollego al tema della “medicina di iniziativa” sottolineando che è già attiva presso le farmacie un’attività di telecardiologia dove su prescrizione del medico di medicina generale o dello specialista ASL, si può utilizzare il servizio di holter pressorio e cardiaco ed elettrocardiogramma. Abbiamo cominciato a lavorare nella direzione di prevenzione secondaria, tante le prestazioni effettuate dal mese di luglio, quando è iniziata questa attività che andrà avanti almeno fino a luglio del prossimo anno, e che non escludo venga ampliata, se ci saranno le risorse del Governo. Si tratta di un’attività in convenzionamento alla quale si accede senza liste di attesa, alla Spezia, sono circa 50 le Farmacie dotate di questi apparecchi.
Con l’anno nuovo dovrebbe invece partire l’attività sullo screening del colon retto: abbiamo condiviso con Regione Liguria e l’Assessore Gratarola, l’urgenza di procedere con questa attività di prevenzione, per garantire un’adesione maggiore dei cittadini. La sperimentazione è partita il primo dicembre a Genova, come area test dell’ASL3, per vedere se i sistemi funzionano. Quindi, si estenderà a tutta la Liguria. L’attuale risposta alle lettere che ora arrivano a casa, non raggiunge il 30%: con il supporto della farmacia, ritengo che possa diventare nettamente superiore. Dopo la ricezione della lettera, il cittadino potrà o farsi recapitare a casa la provetta, oppure ritirarla e riportarla in farmacia, semplificando nettamente il processo senza che l’utente debba imbustare e spedire. La farmacia potrà dare anche informazioni ulteriori su questo screening, che può davvero salvare la vita, perché il tumore del colon retto sappiamo che, se preso in tempo, fa veramente la differenza.
Con questa speranza, vorrei che vedessimo ciò che di positivo c’è nella nostra Sanità, perché non finirò mai di dire che siamo un Paese che ha un ottima Sanità, la migliore possibile. Ci siamo abituati un po' male, secondo me, spesso ci lamentiamo troppo di quello che non va bene, ma al positivo non dà voce quasi nessuno. E’ ovvio che se ho un problema e non riesco a risolverlo posso andare nel panico, ma è importante apprezzare quello che la nostra Sanità ci offre tutti i giorni.